Autonomia differenziata, lo spot di Salvini a Napoli

1 Novembre 2023
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Massimo Villone

A Napoli Salvini ha messo in mostra il format ormai
consolidato che usa per il Mezzogiorno: uno spot per il
ponte sullo Stretto, e un po’ di luoghi comuni, di quelli buoni per
tutti più alcuni adattati al territorio. Ovviamente senza uno
straccio di ragionamento o di motivazione. La cosa stupefacente è che ci sia sempre qualcuno pronto a comprare un prodotto palesemente avariato.
L’unico effetto positivo dell’Autonomia differenziata è che in
ultima analisi ha portato alla luce un dibattito e un confronto sui
problemi reali che per anni la politica ufficiale aveva cercato -
con successo - di coprire con una coltre di silenzio. Al più, se ne
discuteva in audizioni presso commissioni parlamentari di cui
poco si sapeva e ancor meno si parlava. E viaggiava appena
dissimulato il topos secondo cui il divario Nord Sud alla fine era
colpa del Sud, propaggine della terra africana per storico errore
giustapposta al Nord virtuoso ed efficiente. Ma come si può
seriamente oggi affermare -come fa Salvini -che il centralismo
ha fallito e dunque bisogna puntare sull’Autonomia
differenziata? Sul fallimento possiamo anche concordare. Ma è
accaduto in specie perché negli ultimi trenta anni, proprio per
l’influenza leghista, la questione meridionale è stata cancellata
dall’agenda politica del paese. È venuta meno ogni politica
nazionale tendente alla riduzione dei divari territoriali e delle
diseguaglianze. Mentre la questione settentrionale assunta
come centrale nella politica nazionale ha condotto il paese alla
crescita stentata e alla stagnazione che ben conosciamo.
Sono oggi in chiaro, per la dovizia di analisi e studi che le
provano, le conseguenze di un trentennale disinvestimento nel
Mezzogiorno. La dotazione infrastrutturale, materiale e
immateriale, è minore in misura devastante rispetto al resto del
paese, anche laddove ci sono diritti fondamentali da garantire in principio per tutti. Così è ad esempio nella scuola, nella sanità,
nei trasporti. Davvero pensa Salvini che basta lo spot del ponte
per dimostrare l’attenzione della destra di governo per il Sud? La
destra una politica per il Mezzogiorno proprio non l’ha messa in
campo, e non intende farlo. È un atto di fede l’affermazione di
una convenienza per il Sud dell’Autonomia differenziata, che ora
Salvini addirittura traduce nel sentirsi protagonista di una
riunificazione del paese. Davvero pensa che con i soldi
risparmiati facendo gestire i beni culturali dalla Regione si possa
sanare il deficit di infrastrutture sanitarie, o scolastiche, o di reti ferroviarie? E questo sarebbe un serio progetto, sul quale
chiamare donne e uomini del Sud a investire per rispondere a
bisogni, realizzare speranze, disegnare un futuro? Una onesta
rappresentazione di quanto sta accadendo con l’Autonomia
differenziata dovrebbe dare conto dell’esame dell’AS 615
(disegno di legge del ministro Calderoli) in corso presso la I
Commissione del Senato. Si è giunti agli emendamenti all’art 7
(su 10). Quel che emerge è che sono rimastisenza risposta i dubbi e le perplessità ampiamente e da più parti manifestati nel ciclo di audizioni svolto presso la stessa Commissione, e da ultimo vonfermati nella lettera del governatore Bankitalia Visco che ho già citato su queste pagine. Al momento, non sappiamo quanto l’Autonomia differenziata costerà a chi, e se in ultima analisi il
paese se la può permettere. Di sicuro, diventeranno più difficili le
politiche nazionali di riequilibrio territoriale e di riduzione delle
diseguag1ianze. I mitici livelli essenziali delle prestazioni (Lep),
che per lungo tempo sono stati richiamati come la vera chiave di
volta di un sistema di autonomie diversificate, ma comunque in
grado di garantire a tutti eguali diritti, diventano un miraggio
sempre più evanescente. Si va verso un’Autonomia senza Lep, o
con Lep tanto ridotti da lasciar tutto com’è. Dando pienamente
ragione alla Chiesa e ai molti mondi professionali,
imprenditoriali, sindacali e del lavoro che hanno detto no.
Ma allora a chi si indirizza lo spot di Salvini? A un po’ di ceto
politico, magari anche subalterno e in cerca di collocazione. E di
sicuro il ceto politico meridionale non brilla nel suo complesso-
salvo eccezioni meritevoli - per coraggio e iniziativa Ma
un’opinione pubblica meridionale sul tema sta nascendo, e da lì
un pernacchio-non una volgare pernacchia, secondo la nota
distinzione di Eduardo De Filippo - possiamo sperare che arrivi
nel prossimo agone elettorale. Quanto al significato del suddetto
pernacchio rimandiamo all’Autore. Si trova agevolmente in rete.

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