Carbonia. E si salda in Italia il legame partito cattolico - grande industria, determinando “la sconfitta delle forze innovatrici del dopoguerra”. Le conseguenze della guerra di Corea e il processo alla Resistenza: l’anticomunismo che matura negli anni della Guerra fredda

5 Maggio 2024
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Gianna Lai

Ecco il post settimanale sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.

 

 

Dice lo storico Carlo Pinzani sulla guerra di Corea, che essa trasferiva nella politica italiana, “una recrudescenza dell’anticomunismo”, vera “fonte di nuove contraddizioni… dal momento che finì col mettere in discussione le basi stesse su cui si fondava il nuovo assetto costituzionale”. Secondo l’autore, “una chiara manifestazione di tali contraddizioni si verificò nel campo giudiziario quando - parallelamente allo smantellamento giurisprudenziale della normativa per la repressione dei delitti fascisti -, si venne delineando con crescente vigore a partire dal 1950, quel processo alla Resistenza, fondato sulla riapertura, da parte delle procure della repubblica, di procedimenti già archiviati contro partigiani, per atti commessi nel corso della guerra di liberazione. Contemporaneamente, il clima di tensione antipopolare faceva rialzare la testa al neofascismo che, sia attraverso la sparuta rappresentanza parlamentare, sia attraverso una stampa aggressiva e ben fornita di mezzi, tendeva a porsi come punta di diamante dell’anticomunismo”. E se nell’Italia repubblicana è “data periodizzante il 18 aprile” che, dice ancora lo storico, “segna la definitiva rottura dell’unità antifascista, cioè la fine di una fase di rinnovamento sopratutto sul terreno della lotta politica e delle sue forme di svolgimento”, gli anni successivi sono determinanti “per la formazione del blocco democristiano”, con accanto “la costellazione delle organizzazioni di massa facenti capo alla struttura ecclesiastica” E però, conclude Pinzani, “la via principale attraverso la quale l’egemonia Dc si sviluppa, fu l’apparato dello Stato ereditato dal fascismo che, non solo non era stato scalfito dalla epurazione, sul piano del personale amministrativo, ma manteneva integro il suo peso sulla società e sull’economia italiane. Proprio su questo terreno e in questo periodo può misurarsi la vera sconfitta subita dalle forze innovatrici nell’immediato dopoguerra”. Gli obiettivi da perseguire, “atlantismo, politica di riarmo, clericalizzazione dello Stato e della società”. Allo stesso modo lo storico Francesco Barbagallo, “Il passaggio in massa nelle strutture statali repubblicane di prefetti, questori, magistrati di convinzioni fasciste rappresenterà il miglior terreno di coltura per le successive esigenze dell’anticomunismo maturate negli anni della più intensa Guerra fredda”.

Ma se “Il conflitto bipolare si acuirà in seguito alla divisione della Germania, all’acquisizione sovietica della bomba atomica, alla fondazione della Cina comunista e infine allo scoppio della guerra di Corea, vista come l’inizio della terza guerra mondiale”, così ricorda ancora lo storico Barbagallo, da parte Usa ancora più pressante si annuncia la richiesta al governo italiano di “misure sempre più restrittive nei confronti dei comunisti, fino alle reiterate richieste di mettere fuori legge il Pci”. Sicché dure le maggioranze centriste contro i militanti di sinistra e contro la Cgil, sempre grave lo scontro sociale, “pesanti le discriminazioni nei luoghi di lavoro”. E tuttavia, conclude lo storico, non sarebbe stato violato “il patto costituzionale che garantiva la libertà d’espressione e la piena legittimità di tutte le componenti che avevano contribuito alla sua scrittura”. Mentre il Pci, di nuovo Pinzani, pur proclamata durante il VI Congresso 1948 “la fine delle illusioni costituzionali”, rafforza “l’opera di penetrazione capillare nella società italiana. Accanto alle organizzazioni di massa già esistenti,… nel 1949 il movimento italiano dei partigiani della pace, che riesce a convogliare vasti consensi nella condanna dell’aggressività dell’imperialismo americano”.

Spiega lo storico come la guerra di Corea abbia costituito “ la risposta… alla grave sconfitta subita in Cina nel 1949” dagli Usa: il confronto fra le superpotenze che migra dall’Europa verso il più lontano Oriente, e che, “se da un lato contribuì a un vigoroso rilancio economico del capitalismo a livello mondiale, dall’altro potenziò enormemente la tendenza a concepire l’egemonia americana in temini militari”. Era infatti ormai chiaro il disegno: “dopo la costituzione della Nato, gli Stati Uniti puntavano su un riarmo dei paesi europei, compresa la Germania occidentale”, già annunciato da Adenauer nel 1949 e condiviso dall’alleanza atlantica.

Come nel resto del mondo, anche “in Italia la convinzione che la guerra fosse imminente e inevitabile era assai diffusa”, ed accelerò nella politica degasperiana e del partito dei cattolici, la collusione e l’alleanza “con tutte le forze sociali più retrive”. Al suo fianco la gerarchia ecclesiastica e le organizzazioni da essa direttamente controllate, di nuovo “il loro disegno egemonico in chiave esasperatamente anticomunista”.

E poi le sinistre, un programma sulle offensive di pace, per una mobilitazione la più ampia 2539, dalla quale avrebbe potuto “trarre nuovo alimento la politica unitaria”, sì da sconfiggere lo “schema della lotta frontale che la maggioranza governativa voleva imporre al Paese. La difficoltà del compito,… accresciuta dal fatto che la tensione internazionale rilanciava nel partito… il riflesso della incondizionata fedeltà all’Unione Sovietica e a Stalin”. Pur se, conclude Carlo Pinzani, sarebbe rimasto, “nell’indiscutibile stalinismo di Togliatti e del partito comunista italiano di quegli anni,… anche nei momenti più duri della guerra fredda, uno spazio autonomo, un margine alimentato dalla profonda conoscenza della storia e della realtà italiane e dalla conoscenza della forza che le masse lavoratrici italiane potevano esprimere”. Il riferimento in particolare è all’inverno 1950-51 quando “Togliatti osò nei confronti di Stalin, respingendo, anche contro il voto della direzione del Pci, le pressioni sovietiche perché assumesse la direzione del Cominform, abbandonando l’Italia e rinunciando a una linea originale, frutto di una elaborazione ultra decennale”. Questa lunga citazione dello studioso Carlo Pinzani, sulla Storia d’Italia Einaudi, a definire i tempi che aprono il mondo verso gli anni Cinquanta.

 

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