Alfiero Grandi - L’Unità
Il mancato quorum ha scatenato i peggiori istinti. Non si può ridurre la politica a un voto ogni 5 anni come sogna Meloni: i quesiti hanno scritto la storia politica di questo Paese
Il risultato deludente dei referendum sul lavoro e sulla cittadinanza per chi li ha promossi ha scatenato i peggiori istinti non solo contro l’iniziativa ma prendendo di mira lo stesso strumento referendario. E’ inaccettabile che per ragioni contingenti si colpisca uno strumento fondamentale di democrazia diretta che madri e padri costituenti hanno inserito nella nostra Costituzione del 1948, democratica e di rottura con il fascismo. Questo istituto di democrazia diretta è parte decisiva delle libertà democratiche di esprimersi, di manifestare, di fare valere le proprie opinioni.
C’è chi vorrebbe ridurre la democrazia ad un voto ogni 5 anni, una delega in bianco omnicomprensiva su tutto, magari guadagnata con leggi elettorali come quella in vigore che ha regalato a chi ha ottenuto il 44 % dei voti il 59 % dei parlamentari. Nel 2022 l’opposizione non capì la sfida e perse clamorosamente. Questa maggioranza parlamentare esagerata è in grado di modificare la Costituzione, come sta facendo, usando il premio ottenuto come una clava verso le opposizioni che nel 2022 sommate (impropriamente) hanno ottenuto più voti.
I referendum abrogativi hanno avuto una funzione democratica importante nel corso dei decenni. Quelli detti confermativi per le modifiche costituzionali (ex art 138) hanno svolto un ruolo importante.
Un referendum decisivo è stato quello del 1946 che scelse la Repubblica anzichè la Monarchia. Importante quello del 2016 sulla “deformazione” di ben 47 articoli voluta da Matteo Renzi che - apprendista stregone - aveva deciso di riscriverne la seconda parte. Il referendum del 2016 che la bocciò. Fu una prova dura perché occorreva convincere tanti, che erano contrari ma trattenuti da una malintesa fedeltà ad un leader che non la meritava, ad emanciparsi ed esprimere sul merito la loro libera opinione in difesa della Costituzione del 1948, di ciò che rappresenta.
Quella prova ha lasciato veleni che hanno corroso la forza di una Costituzione democratica, unica per come è nata ed è stata scritta dopo la tragedia del ventennio fascista e della guerra. Si può cambiare ovviamente ma, come ci ha insegnato Alessandro Pace, con iniziative mirate e puntuali, senza intaccarne i fondamentali.
Perchè gli stravolgimenti minano la Costituzione e oggi non ci sono né le competenze intellettuali, né le energie politiche e le condizioni per compierne una riscrittura, non a caso figlia di un’epoca straordinaria.
I referendum abrogativi (ex art 75) hanno una funzione diversa, consentono a chi non è d’accordo con una legge, o parte di essa, di tentare di contraddire una decisione della maggioranza parlamentare. Leggi come il divorzio e l’interruzione di gravidanza hanno fatto la storia sociale e dei costumi dei nostri paesi e i referendum che volevano abrogarle sono finiti per confermare le scelte. L’iniziativa veniva da conservatori, da destra, era legittima ma fu sconfitta nel merito e oggi l’Italia è un paese migliore. Chi a destra oggi se la prende con i referendum dovrebbe riflettere perché le maggioranze parlamentari cambiano ed è importante per tutti avere la possibilità di far decidere elettrici ed elettori su scelte di fondo.
Ci sono stati referendum abrogativi che potevano essere evitati e che spesso hanno fallito il quorum, ma si dovrebbe sempre ricordare l’apologo della prima pietra: ad esempio Salvini che oggi festeggia il mancato quorum dei 5 referendum dovrebbe ricordare i suoi quorum non raggiunti. E’ deprimente vedere che su una grande questione di partecipazione democratica tutto viene bruciato per una polemica di corto respiro. Senza dimenticare che nel 2011 4 referendum (acqua pubblica, no nucleare, legittimo impedimento) hanno raggiunto il quorum e vinto con percentuali del 95 %.
Perché non si dovrebbe ripetere questa possibilità?
Condivido Landini, dispiace per un risultato non raggiunto ma i problemi reali che erano al centro dei referendum sociali e per la cittadinanza restano irrisolti. Tutti dovrebbero oggi farsi carico dei diritti e delle morti del lavoro, di costruire un percorso di cittadinanza meno respingente di quello attuale. Il lavoro continua.
La Corte costituzionale ha deciso che le modifiche che ha imposto con 2 sentenze alla legge Calderoli sull’autonomia regionale differenziata non consentissero il referendum abrogativo. Rispetto ma non condivido la decisione. Calderoli cercherà di aggirare le sentenze della Consulta che purtroppo non ha consentito un giudizio sulla legge che se fosse stata sottoposta a referendum contemporaneamente avrebbe contribuito a dare rilievo alla tornata referendaria e al quorum.
Le destre, ringalluzzite, da domani imporranno al Senato la modifica costituzionale che ha l’obiettivo di manomettere l’autonomia della magistratura, quindi nel 2026 ci sarà il referendum costituzionale, bisogna fermare questa deriva.
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