Riforme della giustizia e separazione delle carriere Nordio da ex magistrato a Ministro del governo Meloni

13 Maggio 2024
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Federico Palomba, già magistrato e Presidente della Regione sarda

I precedenti
1. L’articolo 104 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 104. – I magistrati si distinguono in giudici e pubblici ministeri.
La legge assicura la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri.
«Art. 104-bis. – Il Consiglio superiore della magistratura giudicante è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Art. 104-ter. – Il Consiglio superiore della magistratura requirente è presieduto dal Presidente della Repubblica.
«Art. 105-bis – I provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati spettano alla Corte di disciplina della magistratura giudicante e requirente.
La Corte di disciplina si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i pubblici ministeri.
I componenti di ciascuna sezione sono eletti per metà dal Parlamento in seduta comune e per metà, rispettivamente, da tutti i giudici e da tutti i pubblici ministeri.
I componenti eletti dai giudici e dai pubblici ministeri sono scelti, previo sorteggio degli eleggibili, tra gli appartenenti alle rispettive categorie.”

Questi articoli della Costituzione non sono quelli del nuovo disegno di legge sulla separazione delle carriere annunciato dal ministro Nordio e dal Governo; quel testo non è ancora conosciuto. Né sono frutto di una  angosciosa fantasia. Molto più semplicemente, si tratta di uno stralcio del testo del disegno di legge costituzionale n. 4275 presentato da Berlusconi e Alfano alla Camera il 7 aprile 2011. E non penso che il prossimo testo si discosterà molto da quello richiamato: gli obiettivi sono gli stessi; e la centrale pensante è la medesima, oggi ed allora. Ero vice presidente della commissione giustizia quando dall’opposizione facemmo una dura e frontale resistenza, tanto che esso decadde per fine della legislatura. Ma l’opposizione allora era sostenuta da un’ampia sollevazione della stampa e del mondo accademico, oltre che della magistratura.
Il disegno della separazione delle carriere dei magistrati, quindi, è da molto tempo un chiodo fisso delle forze politiche di centrodestra, che ora l’hanno inserita nel programma di governo. E’ stata anche uno spauracchio agitato tutte le volte che un’iniziativa giudiziaria riguardava taluno dei suoi esponenti. Ora viene riproposta anche se quelli che ne erano considerati i capisaldi sono crollati.
Infatti, la pratica giudiziaria rivela che i giudici sono tutt’altro che riverenti dinanzi ai PM, dalle cui richieste spesso si distanziano: basta vedere l’ultimo caso eclatante del sottosegretario Del Mastro, di Fratelli d’Italia, rinviato a giudizio dal GUP sebbene il PM ne avesse chiesto il proscioglimento.
Infondato è anche il richiamo alla professionalità da specializzare: già oggi con la riforma Cartabia è possibile la trasmigrazione da una funzione all’altra per una volta sola. Peraltro, a molti appare il contrario: relegare il PM nella gabbia dell’accusa lo può indurre a giocare se stesso con la contrapposizione per principio alla magistratura giudicante, invece che indurlo alla ricerca della verità. La cultura della giurisdizione è bene da salvaguardare; anzi, sarebbe opportuno che chi esercita una funzione per qualche tempo operasse anche nell’altra.
Infine, il pretesto della c.d. giustizia ad orologeria, cioè l’assunto che un intervento giudiziario avviene in prossimità di consultazioni elettorali per danneggiare alcuni partiti politici, è smentita clamorosamente dai recenti fatti di Bari e di Torino, ove la magistratura ha agito nei confronti di esponenti del centrosinistra in prossimità di elezioni senza che essi gridassero per analoga scusa. A differenza, ancora, del centrodestra che dopo gli ultimi fatti della Liguria ha rispolverato la vecchia lagnanza avendo ora l’iniziativa giudiziaria riguardato un proprio esponente. Così come il ministro Nordio, muto invece per gli identici fatti pugliesi. I tempi della giustizia non possono dipendere dalle contingenze politico-elettorali, presenti in Italia in continuità, soprattutto quando le indagini hanno avuto inizio molto tempo prima.
Tutte queste cose sanno benissimo anche le forze politiche che chiedono che le carriere dei magistrati siano separate. Se insistono malgrado l’infondatezza delle  motivazioni è perché essa è il passaggio obbligato e strumentale per conseguire il vero obiettivo, che è l’abrogazione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale con conseguente decisione della politica su quali reati perseguire e quali no. Attraverso il Parlamento, si dirà: ma ipocritamente, perché esso è espressione delle stesse forze politiche che danno vita all’esecutivo, che ne determina la linea e l’azione politica. Purtroppo non è più il Parlamento che controlla il Governo ma è il Governo che controlla il Parlamento. Quindi, il vero e finale obiettivo è il controllo della politica (di turno) sul PM.
Lo prospettiamo da anni. Ma ora la maschera è caduta, perché la politica al comando lo dice esplicitamente benché ciò non sia contemplato dal programma di governo. Da tempo il sogno della politica è quello di restringere i poteri della magistratura e di minarne l’indipendenza; già ora se ne vedono i prodromi con la riduzione delle intercettazioni, le limitazioni ai provvedimenti cautelari, esami attitudinali per i magistrati, bavaglio alla stampa, eccetera. Insomma, l’insofferenza di certa politica per le istituzioni indipendenti di controllo della legalità (magistratura e le stesse Authority) sembra accelerare ora l’arrivo verso la meta agognata di tenerle sotto scacco, o almeno di renderle meno efficienti, per sfuggire il più possibile al loro controllo ed avere campo libero. Da lì all’elezione del PM il passo è breve: è già praticata negli Stati ove vige appunto la discrezionalità dell’esercizio dell’azione penale.
L’accelerazione di queste ore sulla riforma della magistratura pare rispondere all’esigenza di Forza Italia di presentare un risultato in prossimità delle elezioni europee, più indietro rispetto alle altre riforme volute dagli altri componenti della coalizione. Le altre forze politiche di maggioranza lo accettano perché a loro volta hanno analoghi obiettivi di partito, e cioè l’autonomia differenziata per la Lega e il premierato per Fratelli d’Italia. Con Renzi e Calenda che appoggiano lo stravolgimento della Costituzione sulla magistratura.
Si pongono alcuni interrogativi: conviene a ciascuna delle forze politiche di governo sostenere le posizioni delle altre? La Lega difendeva Mani pulite e vuole la differenziazione regionale favorevole alle regioni ricche superando l’unità voluta dalla vigente Costituzione (art. 5: Italia una e indivisibile). Fratelli d’Italia si proclama partito di legge e ordine e nazionalista unitario: ha convenienza a deprimere la giustizia e a consentire il nascere di tanti staterelli regionali? A ben riflettere la modifica della Costituzione sulla magistratura è funzionale alla concentrazione del potere nelle mani dell’esecutivo che è presente anche nel premierato; e già l’Ungheria di Orban ha limitato i poteri giudiziari tanto da essere stata sanzionata dall’UE. Non è chiaro, invece, quale interesse abbiano Renzi e Calenda a sostenere la riforma della magistratura voluta da Forza Italia.
Ogni forza politica risponderà di quello che fa, appoggiando riforme volute da altri partiti ma estranee alla propria cultura.  Gli elettori italiani hanno dimostrato di saper cambiare radicalmente pur dopo avere tributato forti consensi: è successo così con Renzi e con Salvini (molto meno con il M5S). E nei referendum confermativi non hanno mai approvato le modifiche costituzionali ritenute stravolgenti. C’è da sperare nella saggezza del popolo, illuminato anche dalla libera stampa. Quella saggezza che finora ha impedito gli stravolgimenti della Costituzione ed ha difeso i giudici. Peraltro, gli accordi di vertice non è detto che siano approvati anche dalle basi dei singoli partiti, pure di governo; e la competizione interna alla maggioranza potrebbe portare a turno ad impallinare le iniziative di ciascuna delle altre forze politiche, dato che i referendum si svolgerebbero separatamente.
Ora, dopo i ripetuti colpi di maglio sulla magistratura, bisogna vedere quale sarà il sentimento del popolo verso di essa. Non si vogliono, ovviamente, nascondere le deviazioni nella magistratura che hanno provocato anche le severe parole del Capo dello Stato. Ma esse -da eliminare radicalmente, è chiaro- per lo più hanno riguardato la gestione amministrativa del CSM, determinata dal correntismo, ma non risulta che abbiano interessato anche l’esercizio concreto e quotidiano della giurisdizione. Il triplo grado di giudizio mette abbastanza al riparo da questo rischio. Comunque non si auspicherà mai abbastanza che la magistratura stessa trovi in sé gli anticorpi necessari per adempiere alla giurisdizione con terzietà, “sine metu nec spe” (senza timore e senza speranze), trattandosi di funzione sovrana di altissima delicatezza. Il riferimento ad esperienze importanti e maggioritarie di generoso servizio alla collettività devono far ben sperare. Le punizioni esterno non servono. I cittadini dovrebbero pensare che la magistratura meno efficiente, ma indipendente, è comunque infinitamente meglio di quella controllata dalla politica del momento.

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