Giovanni Antonio Sanna

18 Agosto 2010
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Red

Giovanni Antonio Sanna (Sassari, 29 agosto 1819 – Roma, 9 febbraio 1874) fu un imprenditore sardo di grande intraprendenza e personalità. Lasciò Sassari in giovane età in cerca di un avvenire migliore, trovando altrove i mezzi e le possibilità che all’epoca la famiglia non poté fornirgli. Emigrato a Marsiglia, in Francia, divenne commerciante dando subito dimostrazione di capacità ed intelligenza innate. Sposatosi con Maria Llambi, ebbe quattro figlie: Ignazia, Amelia, Enedina e Zeli.
Nel 1860 acquistò il giornale torinese Il Diritto, per cederlo successivamente a democratici liguri. Nel 1871 fondò la Banca Agricola Industriale Sarda che raggiunse importanza nazionale ma venne coinvolta nel fallimento delle banche sarde degli anni ottanta.
Di simpatie democratiche e progressiste, fu eletto deputato del Regno di Sardegna e del neonato Regno d’Italia per tre legislature dal 1857 al 1865; prima ad Isili (VI e VII) e successivamente a Grosseto (VIII). Si schierò alla difesa degli interessi isolani nella battaglia sugli ademprivi, quattrocentomila ettari residuo della dominizione feudale utilizzati dalla popolazione sarda come legnaia e pascolo comune.
Dotato di grande sensibilità archeologica e artistica, raccolse una collezione di oltre 250 reperti e opere artistiche di ogni epoca, avviando a Sassari una scuola d’arti e mestieri collegata. La donazione di questa collezione andrà a costituire il nucleo del futuro Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico “G. A. Sanna”, a lui intitolato negli anni trenta, che ospita la più importante raccolta di reperti archeologici della Sardegna. Per questa attività è comunemente considerato benefattore della città di Sassari.

La miniera di Montavecchio
A Marsiglia conobbe un giovane prete concittadino fresco di seminario, Giovanni Antonio Pischedda, alla ricerca di soci per una società con cui poter fare domanda per una concessione mineraria ad ovest dei centri abitati di Guspini e Arbus; Pischedda iniziò nel 1842 ad effettuare i primi scavi alla ricerca del minerale su consiglio del padre mercante, che giunse a conoscenza di lavori svolti a cavallo fra Settecento e Ottocento per l’estrazione del minerale nei pressi di Guspini e Arbus.
Il Sanna, non senza difficoltà, riuscì a costituire la Società per la Coltivazione della Miniera di Piombo Argentifero detta di Montevecchio, da cui ben presto il prete sassarese si allontanò, e alla quale il 28 aprile 1848 fu data la gestione delle tre concessioni chiamate semplicemente Montevecchio I, Montevecchio II e Montevecchio III. Queste erano tre appezzamenti di terreno di forma quadrata, di lato di due chilometri: quindi la Società aveva il controllo, nel 1848, di una fetta di territorio complessivamente larga due e lunga sei chilometri, estesa dalle pendici dei colli ad ovest di Guspini, sino al territorio di Ingurtosu.
Le capacità imprenditoriali del Sanna erano evidenti, come la determinazione e caparbietà nel perseguire l’obiettivo dello sviluppo della miniera. Grazie a moderni impianti nel 1865 la miniera con 1100 operai era la più grande del Regno d’Italia. Dopo la sua morte, nonostante le liti fra amministratori ed eredi, raggiunge l’apice dello sviluppo a cavallo della Prima guerra mondiale e venne sviluppata fino agli anni trenta quando fu ceduta alla Montecatini nel 1933; restò comunque in attività fino al 1991.
Come componente fondamentale del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna nel 1998 il sito è stato riconosciuto dall’UNESCO “Patrimonio culturale dell’Umanità”, il primo Parco Geo-minerario, Storico ed Ambientale al mondo.

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