Per la democrazia sarda una nuova legge elettorale

3 Luglio 2025
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Andrea Pubusa

Nel mondo ormai è evidente e segnalato anche dagli studiosi la democrazia è in fase regressiva. Si è invertito che trand positivo espansivo delle istanze democratiche nato sulle ceneri del nazifascismo, con le Carte internazionali, l’istituzione dell ONU e  l’approvazione delle Costituzioni democratiche nei paesi europei liberati dopo la guerra. Fra queste Carte un ruolo centrale ha la nostra, frutto della Resistenza e dei principi che l’hanno ispirata. Un no fermo alla guerra, l’affermazione della sovranità popolare e un sistema istituzionale fondato sulle libertà formali e sulla tensione verso l’uguaglianza sostanziale. Questa tendenza ha visto un rinnovamento negli ordinamenti occidentali e sta alla base della creazione dell’Europa unita, strumento per porre fine agli umori bellicisti e ai conflitti che hanno insaguinato il Vecchio Continente nei secoli precedenti. Ora quella linea si è spezzata, è ricomparso e si rafforza il bellicismo, il dialogo recede a favore della forza, il riarmo ricompare sinistramente come l’obiettivo principale, il dibattito pubblico è di nuovo invaso dal linguaggio proprio dei periodi che preparano la guerra. E Francesco prima e Leone poi ammoniscono giustamente sulla importanza delle parole nel determinare le azioni pratiche dei governi e degli stati.

Ora, le armi si sostituiscono al dialogo, le guerre alle soluzioni diplomatiche. Ucraina e Gaza ne sono i risultati più tragici. Gli USA attaccano e bombardano l’Iran, Israele quotidianamente compie azioni e stragi che richiamano per ferocia e irrazionalità i peggiori crimini nazisti. I governi dell’Occidente sedicente democratico non si oppongono anzi ne sono i protagonisti. Siamo alla violazione palese del diritto internazionale. Negli ordinamenti interni ricompare la repressione del dissenso, l’isolamento e la denigrazione di chi non si allinea alle politiche dei governi, gli ordinamenti hanno via via adottato perfino sistemi elettorali volti a forzare in termini negativi la volontà popolare. Negli Usa - lo abbiamo visto nei mesi scorsi - prevale e governa un’oligarchia di straricchi, in Europa comandano maggioranze prive del consenso popolare. E in Sardegna? Abbiamo una legge elettorale volta a dare la maggioranza a coalizioni riunite intorno ai partiti maggiori, mentre le forze minori per avere una rappresentanza devono allinearsi ai partiti maggiori, mentre sono escluse, con un sistema assurdo di sbarramenti, le minoranze “ribelli” che hanno idee e progetti autonomi. Così non hanno avuto e non hanno rappresentanza movimenti le cui liste hanno ricevuto un consenso (80-70 mila voti) meritevole di portare in Consiglio regionale un pensiero distinto e diverso da quelli dominanti. Questo sistema è dunque in contrasto con la necessità che il popolo sardo abbia una sua soggettività pienamene e liberamente formata ed espressa. Il risultato - sotteso al sistema elettorale vigente - è che si alternino al governo regionale maggioranze non diverse quanto ad azione politica e prassi amministrativa, spiccatamente clientelare. I governi sono privi di programmi e progetti e vivono così alla giornata in una desolante mediocrità.
Un pieno reimpianto di una corretta rappresentanza del popolo sardo è la condizione necessaria per una svolta. La Scuola di cultura politica F. Cocco ha lavorato in questi anni in questa direzione fornendo idee e materiali in campo economico, ambientale, della crescita culturale e dello sviluppo democratico. La proposta di legge elettorale si muove con questa ispirazione, chiamando alla partecipazione tutte le forze, al di là degli schieramenti, perché deve trattarsi di una disciplina nell’interesse generale e non di questa o quella cordata. L’elemento caratterizzante è la eliminazione degli sbarramenti e la più equilibrata rappresentanza non solo delle forze politiche, ma anche dei territori.  

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