Legge elettorale regionale: mettere in discussione la proposta di legge popolare “Liberamus su votu”

6 Luglio 2025
Nessun commento


Lucia  Chessa, Pres. Rete SarDegna  iniziativa popolare 

Il 30 giugno si è conclusa la raccolta delle firme a sostegno della proposta di legge elettorale di iniziativa popolare chiamata “Liberamus su Votu”. Ecco una riflessione sulla questione di Lucia Chessa, che solleva un serio problema di democrazia in Sardegna.

Il diritto dei cittadini a formulare proposte di legge è garantito dalla Costituzione e dallo Statuto Sardo.
Non è cosa da poco questo diritto. Deriva direttamente dal principio della sovranità popolare messo a fondamento di ogni sistema democratico e sta a ricordare che, per quanto i cittadini, attraverso le elezioni, deleghino al Parlamento e ai Consigli Regionali la facoltà di fare le leggi, conservano per se stessi la possibilità di formulare proposte. Ovviamente secondo modalità definite. Per esempio, in Italia, è possibile portare in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare accompagnandola con 50.000 firme, in Toscana, Lombardia, Emilia Romagna è possibile presentarne una ai rispettivi Consigli Regionali accompagnata da 5.000 firme. In Umbria bastano 3.000.
E in Sardegna si chiederà qualcuno?
In Sardegna niente. Il Consiglio regionale non si è attivato efficacemente a stabilire in legge in che modo i cittadini sardi possano esercitare questo diritto: con quante firme, entro quali tempi di raccolta, con quale  garanzia dei  tempi entro i quali il Consiglio sia obbligato a discutere la proposta, con quali supporti da parte degli uffici legislativi, pure previsti in altre leggi regionali.
In Sardegna no.  Le grandi coalizioni di centro destra e di centro sinistra, fatte di partiti dominanti e di piccoli cespugli che si accovacciano, con garanzia di eleggere rappresentanti, all’ombra delle grandi formazioni, non amano la partecipazione popolare, come è stato di recente ampiamente dimostrato a danno dei 210.000 sottoscrittori della legge Pratobello e, di conseguenza, a danno di ogni aspirazione democratica di questa terra.
Il Consiglio Regionale Sardo non ama condividere, neanche nei modi previsti da Statuto e Costituzione, l’iniziativa legislativa e dunque non ha messo a punto una legge per regolare questo importante strumento di partecipazione.
In Sardegna non c’è una legge, ma c’è un diritto e non sarà certo l’inadempienza di un Consiglio Regionale improduttivo e sonnolento a poterlo cancellare. Quindi come si procede?
Credo che in assenza di una norma, in linea puramente teorica, sarebbe sufficiente una sola firma di un unico cittadino che rivendicasse il suo diritto alla iniziativa legislativa. Oppure, se volessimo fantasiosamente divagare, per stabilire il numero necessario di sottoscrizioni, potremmo utilizzare il rapporto abitanti/firme applicato nella legge nazionale, oppure in quello, per esempio, della Lombardia. Bene, in entrambi i casi, in Sardegna basterebbero meno di 2.000 firme. Ipotesi fantasiose ovviamente, ma certo né di più né di meno di quella che sosteneva il Presidente del Consiglio Regionale Comandini quando comunicava la sua intenzione, per la legge Pratobello, di far controllare la validità di sole 10.000 firme. Sulla base di quale criterio non si è capito bene e a quale fine, visto che comunque quella legge non è mai approdata in consiglio, si è capito ancor meno.
E ora veniamo al dunque. La legge Liberamus su Votu è stata sottoscritta da circa 8.000 cittadini sardi.8000 persone consapevoli che hanno ben chiaro che imbroglio è la legge elettorale in vigore in Sardegna, che hanno capito  bene quale polpetta avvelenata ha confezionato per loro il Consiglio regionale, nel 2013, approvando questa legge elettorale indegna che sopprime chi non sia allinea, che uccide il pensiero libero, che insulta le minoranze e che non garantisce neanche equa rappresentanza territoriale e di genere.  8000 cittadini indignati da regole vergognose e truffaldine che eliminano chi non si assoggetta al pensiero unico, chi non si piega alle pratiche del dare/avere, chi rappresenta un pensiero che si dissocia da quello dominante ancorché fallimentare. Come purtroppo mostra inequivocabilmente lo stato in cui versa questa terra.
8.000 firme raccolte senza il supporto di nessun partito, fatta eccezione per i Rossomori de Sardigna che mi onoro di rappresentare, senza alcuna risonanza mediatica, solo con l’aiuto di cittadini militanti sinceramente e appassionatamente democratici, di generosi avvocati e consiglieri comunali autenticatori, di gente che si è impegnata in mille modi con incontri, banchetti, dibattiti e che ringrazio e abbraccio calorosamente.
Conclusi i conteggi, le certificazioni, il ritiro dei moduli dai Comuni porteremo al Presidente del Consiglio Regionale la nostra proposta esigendo che venga discussa nel rispetto dovuto al popolo sardo ed alle sue prerogative riconosciute dalla Costituzione, dallo Statuto, dalla Democrazia. La Rete SarDegna iniziativa popolare di cui sono orgogliosamente presidente, comunque vada, ha reso un bel servizio a questa terra.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento