Rea Silvia o reo Silvio?

24 Febbraio 2011
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Aldo Lobina

Per evitare che Numitore, suo fratello, avesse una discendenza maschile, Amulio fece rinchiudere Rea Silvia in un convento, diciamo così, la fece diventare cioè sacerdotessa di Vesta. Le vestali avevano infatti obbligo di castità lungo, di trenta anni.
Ma Marte si mise di traverso e, innamoratosi della ragazza, la rese incinta.
Così Rea Silvia diede alla luce addirittura due maschietti insieme, Romolo e Remo. Tutti sanno della cesta nel Tevere, della lupa più o meno virtuosa che li allattò, e della fondazione di Roma 753 anni prima della nascita di Cristo. Tutti noi quando eravamo bambini siamo stati affascinati da questa leggenda, attenti più ai gemelli che alla madre, rea di aver ceduto alla seduzione.
A distanza di quasi duemilaottocento anni la cronaca di questi giorni – che diventerà leggenda per i nostri pronipoti - narra di un tale, denominato Silvio, in ossequio al lato selvaggio della sua natura (nomina sunt consequentia rerum), responsabile del governo di Roma, e lo descrive tutto impegnato a riformare una giustizia che non gli piace, troppo intromessa nella sua vita privata, nei suoi affari e nelle sue amicizie, colpevole anche di infliggere ferite profonde a certe relazioni internazionali col mondo arabo che la ragion di stato consiglierebbe di mantenere. Costi quel che costi in termini di “costità”! Fino al sacrificio di tenere stili di vita più consoni a quelli di un satrapo, se fosse necessario, nonostante i malanni.
Così un altro Tito Livio racconterà prima o poi queste vicende nel De bananae republica e un altro Ennio scriverà altri Annales, ricordando magari la tesi accusatoria: che in uno dei suoi bananeti privati un certo Reo Silvio, scosso dal bunga-bunga rituale e ritmato delle sue notti festose e rilassanti, cedeva alla seduzione di gemelle e lupe, anche minorenni, in una apparente corruzione della storia patria, ridotta nei Bignamini elettronici di domani a historia silvana.
Una nuova versione del giusnaturalismo caratterizzata da allegre compagnie che menano gaudio, prendono il loro piacere, “poiché natura le muove”, “natura le spinge”. Natura trionfa!
Del resto la lussuria per B, come per tutti i giovani, non è che una colpa veniale, una trasgressione minore. E un certo paradiso arabo è luogo di delizie non solo spirituali. Perché non pregustarlo in terra?
“Non c’è legge che possa far nulla contro il potere della natura, il quale domina ogni creatura”
Cioè le potenze del sesso sono superiori a qualsiasi legge umana. L’affermazione contenuta in una Complainte medioevale valse per Rea Silvia e vale per Reo Silvio “lussurioso” secondo un’accusa moralistica che però non coincide perfettamente con quella dei giudici accusatori. Perché se si trattasse davvero solo di fornicazione di un uomo pubblico con ragazze pubbliche gli accusatori avrebbero pochi appigli o forse nessuno. Il processo imminente potrebbe dimostrare altro ed è questo che fa temere l’inciampo. Che comunque pone una questione di principio: se sia decoroso e conveniente per lo Stato immunizzare governanti trasgressivi e per gli stessi reati comminare pene ai governati, magari impedendogli il diritto di elettorato passivo o l’assunzione in qualità di pubblico dipendente.
Se la nostra democrazia è legata alla fortuna giudiziaria di un uomo, con tutto il rispetto per le sue debolezze umane, allora essa è in grave periglio. Perché egli non dovrebbe essere insostituibile. Sono i principi fondamentali dello Stato in una Repubblica democratica che non possono essere piegati all’interesse particolare di uno solo. Essi sono insostituibili. Sono principi fondativi e fondamentali. Dovrebbero convenirne tutti i nostri parlamentari, anche quelli che difendono strenuamente il povero B. Ecco, c’è il rischio che i nostri pronipoti, leggendo i quaderni informatici di storia riferiti ai nostri giorni, potrebbero conoscere insieme alle leggende silvane di uno solo o di pochi anche i più gravi tentativi di leggi speciali raccapriccianti e mostruose perpetrati dalla sua Corte. Col rischio per gli studenti meno preparati di confondere la lupa capitolina, coadiuvante la povera Rea Silvia, con le lupe gemelle, coadiuvanti invece (secondo le male lingue) Reo Silvio, che non sarebbe il maschile di re, come rea non è il suo femminile.
Essere o non essere “Peccatore”, essere o non essere “reattore”, questo è il dilemma. Nel primo caso, poiché siamo cattolici, basta il sincero pentimento e il proposito di vita casta, non senza un Fisichella benedicente; nel secondo sarebbero sufficienti le leggi, già scritte per tutti.

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