Oltre i partiti per una nuova sinistra?

10 Luglio 2011
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Carmine Fotia

“Vendola e Bettini: un nuovo soggetto. E Zingaretti dice sì”, con questo titolo su Il Manifesto di giovedì si dà coonto di un dibattito interessante sul futuro della sinistra. La riflessione muove da un libro di Goffredo Bettini, col quale si confrontano due esponenti importanti della sinistra, Nichi Vendola, leader di SEL, e Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, uno degli uomini nuovi del PD.
Ecco il resoconto della discussione.

Un libro che è insieme una sfida e un’occasione. Una sfida «alle mediazione degli oligarchi», alle trattative di potere che oggi dominano nel Pd e che «vanno spazzate via». Un’occasione per cominciare una nuova avventura per ricostruire il campo dei democratici, un soggetto nel quale possano ritrovarsi gli elettori del Pd, di Idv, di Sel, i senzapartito, non attorno a un genrico programma, ma a un punto di vista. Un soggetto nel quale la parola torni al popolo, e sia sotratta alle oligarchie che sequestrano la politica senza neppure produrre decisioni. Bettini lancia la palla, Zingaretti e Vendola la raccolgono.
La presentazione del libro di Goffredo Bettini, Oltre i partiti, è stata anche, come dice Marco Damilano quasi «una seduta psicoanalitica per la sinistra». Nel libro c’è una sorta di insoddisfazine aggiunge Barbara Palombelli. Insoddisfazione per come il Pd è oggi. La riflessione di Bettini tocca le ragioni profonde della sconfitta: la perdita delle radici, avendo abbandonato l’idea che il fine ultimo della sinistra non possa che essere, in forme mutevoli, il riscatto della parte più debole della società, per scegliere il governo come fine in sè. La sua proposta politica è radicale: un nuovo soggetto politico, aperto anche a Idv e Sel e diretto da una nuova generazione.
Le risposte più attese erano quelle di Nichi Vendola, leader di Sel, e Nicola Zingaretti, presidente della provincia di Roma e quarantenne in ascesa nel Pd. Ma prima, come dice Andrea Riccardi, della comunità di Sant’Egidio, citando un brano del libro di Bettini, c’è l’interrogativo sul perché si è concessa a Berlusconi la più grande vittoria: quella di assomigliargli in una sorta di osmosi tra «un’antropologia del niente e il potere». Su questo piano culturale dice Riccardi, perdi anche quando pensi di aver vinto. E non bastano le primarie, cavallo di battaglia di Bettini, serve ricostruire un popolo. Forse servono profeti inattuali, più che leader.
Finora, dice Zingaretti, le risposte al perché della sconfitta sono state insufficienti e vaghe. Quelle di Bettini sono azzeccate e spingno all’azione politica. Il Pd oggi è una confederzione di correnti, un arcipelago di gruppi che riproduce la logica del partito del capo. «Come può essere soddisfatto del nostro modo di fare politica dove si scelgono i dirigenti con un sistema che è fondato sul Porcellum, chi ha partecipato al risveglio refererendario?», dice Zingaretti. Un grande soggetto plurale e meccanismi nuovi di decisione, che si adeguino alla grande unità e maturità dell’elettorato del centrosinistra.
Anche Vendola parte da un giudizio sull’ultima tornata elettorale e referendaria: il centro sinistra non ha vinto ma ha «subìto» due vittorie, incassate le quali ha ricominciato il suo tran tran. «Il berlusconismo - ha detto - era privatizzazione della politica, noi dobbiamo dissequestrare la politica e restituirla al popolo». Dice Vendola, condividendo l’elaborazione di Bettini: ricostruire le parole chiave, perché «noi non abbiamo perso, ci siamo persi». Superare una contrapposizione ideologica tra radicali e riformisti, ciascuno prigioniero di una gabbia. «Accetto la sfida a me non interessa fondare un partito ma riaprire una partita», è la conclusione del leader di Sel.

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