Quale Sardegna dopo Berlusconi?

22 Novembre 2011
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Andrea Raggio

L’obiettivo della politica berlusconiana in Sardegna, condotta sotto lo slogan “Regione amica del Governo amico”, è stato quello di trasformare il rapporto di Autonomia tra la Regione e lo Stato in rapporto di subalternità della Regione nei confronti del Governo. Sradicando di fatto, a tal fine, l’ordinamento statutario e la cultura autonomista. Il processo ha riguardato anche il versante interno, nel senso che al tradizionale neo centralismo è andato accompagnandosi una sorta di neo populismo regionale: il Presidente della Regione, delegato berlusconiano, si atteggia nello stesso tempo a capo del popolo sardo.
Purtroppo la strada all’anti-autonomismo berlusconiano è andata intrecciandosi con la consuetudine, invalsa anche nel centrosinistra, di scaricare sulle istituzioni le difficoltà della politica e di sacrificare la democrazia in nome dei falsi miti dell’efficientismo, del decisionismo e della stabilità politica coatta, compreso il presidenzialismo regionale vestito ieri di sarditudine e oggi di trasformismo. I danni sono sotto gli occhi di tutti: un Governo nemico e una Regione disarmata.
Con la formazione del Governo Monti è stata avviata una svolta che può e deve portare al ripristino pieno della normalità politica. Ciò, ovviamente, non basta per avviare il Paese fuori dalla devastante crisi che lo travaglia e per aprire la prospettiva di uno sviluppo nuovo. Occorrono scelte di governo adeguate, partecipazione e lotta. Ma il ritorno alla politica è la precondizione indispensabile. Non dobbiamo, inoltre, dare per scontato che la riconquistata normalità sia un dato definitivamente acquisito. Berlusconi, infatti, non ha alcuna intenzione di demordere. Primo compito, dunque, è quello di difendere e consolidare la svolta. Perciò non capisco i tentennamenti, le perplessità e le riserve sulla costituzione del Governo Monti manifestate in nome della democrazia, quasi che il ritorno alla normalità politica non fosse un grande fatto democratico. E se a contribuire alla svolta sono anche personalità che nel passato sono state consulenti o amministratori di banche, perché dovrei dolermene? Temo, per essere franco, che con queste riserve si finisca per lasciare interamente a Monti e ai suoi ministri la responsabilità del nuovo corso per attenderne i risultati stando alla finestra. E questo che si vuole?.
Anche in Sardegna il berlusconismo non cederà facilmente la strada al ritorno a una vita politica normale. Non è improbabile che parte del centrodestra ricorra al rivendicazionismo esasperato e strumentale e che la campagna contro il cosiddetto governo dei poteri forti rinfocoli, a destra come a sinistra, le posizioni indipendentistiche. E’ perciò indispensabile che alla lotta per risanare l’economia all’insegna dell’equità si accompagni una forte ripresa dell’iniziativa autonomistica, contestualmente sui diversi fronti: culturale, politico, economico e sociale, statutario. L’esperienza insegna che invocare la riforma istituzionale senza legarla all’emergenza e a un’idea di sviluppo nuovo, non conduce da nessuna parte.

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