“Cambiare si può”: liste anche in Sardegna

20 Dicembre 2012
Nessun commento


Pino Calledda 

Anche a Cagliari si lavora alle liste alternative “Cambiare si può”. Ce ne parla uno dei promotori. 

Cambiare si può “ è la proposta di un impegno alle imminenti elezioni politiche per chi e di chi non ha creduto e non crede alle politiche di rigore a senso unico impartite dalla Bce e Fmi.
L’assemblea di presentazione della proposta di liste alternative tenutasi domenica 16 dicembre al Ghetto in Via Santa Croce a Cagliari, ha discusso sulle prospettive da aprire nella politica del paese e delle modalità per rendere praticabile l’impresa delle Liste con una programma opposto al pensiero montiano. 
Un programma sintetizzabile in dieci punti che sono stati unanimemente approvati a conclusione di una ricca discussione.
Un’uscita dalla crisi fondata sulla rinegoziazione delle politiche economiche europee (in un nuovo asse tra i paesi mediterranei), una diversa politica fiscale, il ritiro da tutte le operazioni di guerra e l’abbattimento delle spese militari le cui risorse vanno destinate alle politiche sociali, alla scuola pubblica ormai al collasso, università, ricerca e innovazione tecnologica.
La definitiva rinuncia alle grandi opere è un altro punto qualificante del programma Come quello di un lavoro stabile e l’abolizione del precariato, il ripristino delle tutele di adeguamento delle pensioni C’è previsione di un tetto massimo per i compensi pubblici e privati, la riconversione di ampi settori dell’economia, far decollare migliaia di piccole opere di utilità collettiva, un piano di riassetto del territorio nazionale e dei suoi usi. Legalità diffusa, rifiuto di ogni forma di discriminazione e di razzismo. Sì al pieno riconoscimento dei diritti civili degli individui e delle coppie a prescindere dal genere, e per una cultura delle differenze. Sì a una riforma democratica dell’informazione e del sistema radiotelevisivo che ne spezzi l’attuale subordinazione al potere economico-finanziario. No al conflitto di interessi e alla concentrazione dell’informazione.
La questione dei contenuti è, ovviamente, quella prioritaria ma c’è anche un problema di metodo. Occorrono forme diverse, nuovi modi di partecipazione, di revisione dei sistemi della rappresentanza che partano dal basso e consentano a tutti di partecipare realmente. Per questo l’aggregazione che si vuole  costruire in vista delle elezioni o sarà totalmente ripensata rispetto al passato o non sarà. Niente leaderismo e quindi niente nomi-padroni su simboli. Tutto va ripensato, nelle forme, nel nome, nei simboli, nei rappresentati, nei candidati, nelle liste. Sono convinto che verranno le risposte e indicazioni immediatamente percorribili. Sono anche convinto che nella società vi sia una disponibilità diffusa rispetto alla partecipazione alla vita olitica, è responsabilità di chi crede in “Cambiare si può”  favorire la partecipazione attiva della gente a coinvolgerla.
Occorre impegnarsi per far nascere e sostenere una presenza diversa alla prossime elezioni politiche, per dare voce a tutte quelle passioni sociali  sparse per l’Italia,  che sono  tutt’ altro che espressione di una  minoranza. Negli anni  del berlusconismo prima e di Monti dopo, si è espresso un forte desiderio di partecipazione, con nuove forme di rappresentanza, per politiche radicalmente alternative a quelle neoliberiste.
 “Cambiare si può” nel suo breve percorso ha visto la convergenza di esperienze politiche diverse (partiti e associazioni),  che combattono chi ha usato la crisi come strumento per distruggere il lavoro, stato sociale, diritti. Oggi queste esperienze si ritrovano per evitare che nel nostro paese si riaffermi il centro destra e la continuità programmatica di governo dei professori della Bocconi.
 

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento