C’è un Tsipras in Italia?

28 Gennaio 2015
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Andrea Pubusa

Esiste in Italia un Tsipras possibile? Questo, dopo l’esito delle elezioni in Gracia, è il quesito o, forse meglio, l’auspicio di molti nella sinistra dispersa, ma resistente in Italia. Non è facile rispondere e, a ben vedere, cimentarsi col quesito è un esercizio forse inutile, essendo la risposta rimessa ai processi sociali più che alle discettazioni astratte. Tuttavia, molti, dopo il voto, si sono proposti come versione nostrana di Syriza, ma non sono mancati i tentativi di emulazione già prima. C’è stata una lista Tsipras per le elezioni europee, formata da ottime persone, certamente esponenti di un’intellettualità alta della sinistra e del mondo democratico. Ma basta questo per formare un partito o un movimento politico con ambizioni di governo? Pur senza svalutare la serietà dell’impegno di questo movimento e dei suoi esponenti, si può e si deve ammettere che la loro azione è preziosa, ma funge più da stimolo verso le altre ben più corpose formazioni politiche che come soggetto capace di sviluppare una autonoma azione politica. Per farla breve, le avanguardie intellettuali sono sempre state il sale della terra, indispenabili per imprimere una dinamica sociale, politica e culturale, ma, per incidere nella politica, occorre ch’esse s’innervino in una forza organizzata con forte radicamento sociale. In mancanza, restano testimonianze importanti di processi mancati o che hanno preso altre strade.
Si può allora far riferimento ai piccoli gruppi della sinistra? Ai residui della grande storia della sinistra italiana? A quei cespugli divenuti minuscola ombra di ciò che è stato il PCI? Il discorso è necessariamente severo. Questi movimenti si sono ridotti all’inconsistenza non per la mancanza di possibili referenti sociali, ma perché si sono chiusi in un autoreferenzialismo estremo, che hanno declinato in un’azione rissosa, tutta giocata nella ricerca di posizioni di potere: elezione al parlamento o ai consigli regionali, partecipazione senza freni al sottopotere ove possibile. Hanno così mantenuto un astratto, quasi liturgico linguaggio di sinistra, ma pratica una incontrollata azione di destra, quella che un tempo si chiamava, negli aspetti deteriori, pratica democristiana, oggi,  in modo più appropriato, berlusconiana. Il legame sociale è ormai nullo. E si badi, questo intreccio non solo non è voluto, ma è temuto, perché la dinamica sociale produce sempre nuovi protagonisti e muta continuamente le cose: questi signori-compagni, invece, vogliono mantenere il loro status a tutti i costi e a vita, anche perché un loro ritorno alla vita normale li condurrebbe alla totale inconsistenza sociale e professionale. Ognuno di noi può girarsi intorno e vedere cosa sarebbero sindaci, deputati, senatori di casa nostra, provenienti da questi cespugli, fuori dalla politica.
D’altronde, costoro l’occasione l’hanno avuta per crescere, ma se la sono giocata sull’altare della loro sete di carica. Non solo dopo la scomparsa del PCI, ma quando si è formato il PD, la fuoriuscita di un folto gruppo di iscritti (Sinistra Democratica) poteva addirittura contendere al PD i consenso a sinistra, solo che subito si fosse avviato un processo di unificazione con Rifondazione e i Comunisti italiani. E’ in quel momento che bisognava creare l’alternativa al nascente PD mediante la costituzione di un riferimento forte per chi non si riconosceva nella prevedibile deriva centrista del PD. Quell’occasione fu mancata e, siccome il treno della storia non passa a frequenza rapida, ognuno nella sua referenzialità si è ridotto all’osso, spesso a vivere da acaro di un corpo altrui, SEL verso il PD, ad esempio. Il contrario di quanto ha fatto Tsipras, passando in pochi anni dal 3 al 36%. Per questo l’ennesimo cantiere  lanciato a Milano domenica da Vendola non incanta più nessuno.
L’alternativa tuttavia non è impossibile a patto che si guardi ai movimenti sociali organizzati che in questi anni duri hanno tenuto il campo: la Fiom ed altri settori sindacali, Emergency, alcuni movimenti cattolici di base. Queste realtà sociali organizzate hanno espresso anche leader forti, affidabili, riconoscibili. Certamente Landini è uno di questi. E’ immediato, appassionato e certo suscita negli strati popolari e democratici una istintiva fiducia e simpatia. Ha le caratteristiche del leader, non è uomo da salotto, è uomo di lotta e di popolo, dovunque vada riempie le piazze. Si capisce che non teme il popolo, ma che lo vuole mobilitare e nobilitare. Niente è oiù lontano da lui del populismo, è sempre propositivo e, da ottimo sindacalista, non è per lo scontro fine a se stesso, indica sempre un punto di possibile accordo.
C’è poi il M5S, che la sinistra con la puzza sotto il naso non considera. Ma, se si guarda ai fatti, fa molte cose di sinistra: la rinuncia al finanziamento pubblico, l’autoriduzione delle indennità di carica, la richiesta del salario minimo garantito, la domanda di onestà, la difesa della Costituzione ed altre ancora. Certo, non  è nelle corde della sinistra un partito telematico, preferiamo il contatto diretto, ci sono poi taluni eccessi e molte chiusure.  Ma basta tutto questo per espungerlo da un disegno ricostruttivo di una sinistra di governo? Credo che sarebbe un errore grave, anche perché è un movimento che quasi vinceva le passate elezioni e comunque è sempre, a livello nazionale, intorno al 20% o, chissà, anche di più. Sol per questo è necessariamente un interlocutore nella ricostruzione della sinistra. Fra l’altro, sfrondato di molti frilli, che del resto, se ne stanno andando da soli affascinati dall’indennità di carica piena, c’è un gruppo di giovani, i Di Maio, i Di Battista per intenderci, di indubbio interesse e rilievo.
Insomma, se da Tsipras vogliamo trarre esempio, è qui, nel sociale, che dobbiamo pescare, come ha ben detto Rodotà l’altro giorno. La vecchia sinistra è morta, si è suicidata. Fuori, però, è cresciuta una nuova sinistra sociale, con alcune forti personalità, Landini fra tutti, su cui si può pensare a un nuovo inizio. Ci vuole però decisione. Anche questo Tsipras ci ha trasmesso. La storia necessita di levatrici.

1 commento

  • 1 Giacomo Meloni
    29 Gennaio 2015 - 01:52

    Caro Andrea,
    ti posso rassicurare che sto meglio, dopo la botta dell’emorragia che il 2 di gennaio c. a, mi aveva reso cadaverico, avendomi portato i valori dell’emoglobina da 11.3 a 4.3. Devo ringraziare la professionalità dei medici e del personale paramedico del Reparto di Chirurgia d’urgenza del Policlinico Universitario di Monserrato che mi hanno aiutato a superare questo brutto momento.
    Ho ripreso, dunque, a leggerti ed a condividere in toto queste tue riflessioni del dopo Tsipras riferite a ciò che rimane della nuova sinistra nostrana.
    Anch’io penso che la Sinistra ,quella rimasta dalla frantumazione dei gruppi, sia definitivamente morta.
    L’analisi che fai di questo definitivo tramonto è puntuale e per molti versi molto cruda, ma vera.
    Cito questo brano perché mi ha colpito :”Questi movimenti si sono ridotti all’inconsistenza non per la mancanza di possibili referenti sociali, ma perché si sono chiusi in un autoreferenzialismo estremo, che hanno declinato in un’azione rissosa, tutta giocata nella ricerca di posizioni di potere: elezione al parlamento o ai consigli regionali, partecipazione senza freni al sottopotere ove possibile. Hanno così mantenuto un astratto, quasi liturgico linguaggio di sinistra, ma pratica una incontrollata azione di destra, quella che un tempo si chiamava, negli aspetti deteriori, pratica democristiana, Oggi, in modo più appropriato, berlusconiana. Il legame sociale è ormai nullo. E si badi, questo intreccio non solo non è voluto, ma è temuto, perché la dinamica sociale produce sempre nuovi protagonisti e muta continuamente le cose: questi signori-compagni, invece, vogliono mantenere il loro status a tutti i costi e a vita, anche perché un loro ritorno alla vita normale li condurrebbe alla totale inconsistenza sociale e professionale. Ognuno di noi può girarsi intorno e vedere cosa sarebbero sindaci, deputati, senatori di casa nostra, provenienti da questi cespugli, fuori dalla politica.”
    Mentre ti leggevo, pensavo ai buoni consigli che, il più delle volte inascoltati, andavi generosamente dispensando al giovane sindaco di Cagliari.
    Questo ragazzotto, di buona famiglia, di madre cattolicissima e fervente e di padre di sinistra/liberale, se dovesse essere condannato (ricordo che è rinviato a giudizio per il caso della nomina a sovrintendente della Crivellenti senza i necessari titoli ), sarebbe costretto a dimettersi da Sindaco per effetto della Legge Severino e improvvisamente si troverebbe senza incarico politico, egli che è nato e cresciuto unicamente in questo percorso.
    Sono preoccupato per lui, che - direbbe la mia anziana madre bonanima: “non teniri né arti né parti, ” non essendo ancora laureato e non avendo mai avuto un lavoro fisso.
    Ora il nostro rampollo minaccia i lavoratori del Teatro lirico di non pagare loro lo stipendio di gennaio, denunciando tardivamente che non c’e’ piu’ un soldo in cassa e che lo spreco è stato effettuato dall’attuale ex sovrintendente Meli, responsabile - a suo dire - del disastro economico. Ma il Sindaco/Presidente dimentica che proprio il Maestro Meli ha risollevato le sorti del Teatro. triplicando la vendita dei biglietti e degli abbonamenti, attirandosi la simpatia di tutto il personale e della maggior parte delle OO.SS, ma soprattutto entusiasmando il pubblico con un cartellone di opere di rutto rispetto. Nè dice che il Comune di Cagliari deve versare ancora nelle Casse del Teatro 1 milione e 200 mila euro che, se anticipati al mese di febbraio 2015 renderebbe possibile il pagamento degli stipendi.
    Un suggerimento per il Sindaco Zedda; faccia un passo indietro; nomini un vice - presidente della Fondazione che abbia il tempo e la capacità di guidare il Teatro,che rispetti i lavoratori ed il loro lavoro, che ami la lirica e la musica e soprattutto la città di Cagliari che ha sempre avuto un buon orecchio per le opere liriche e la musica sinfonica.
    Grazie

    Risposta della redazione

    Siamo molto felici che Giacomo, caro amico e compagno, si sia ripreso pienamente e sia di nuovo in campo nelle battaglie per la democrazia e per il lavoro, nelle quali, con modestia ma con tenacia, è sempre stato presente in prima fila.

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