Compagni, niente trasformisti nelle nostre iniziative

19 Maggio 2015
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Andrea Pubusa

«Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?». Così Agostino Depretis, nello storico discorso tenuto a Stradella l’8 ottobre 1882, inaugura il trasformismo moderno in Italia.
Perché questa citazione e perché parlo di trasformismo? Perché non so inquadrare in un altro contesto quanto è avvenuto nel PD negli ultimi anni. E lo dico non per vuota teoria o polemica, ma perché nella mia critica all’ANPI locale per l’invito alla sen. Fedeli a commemorare Teresa Noce, ho visto un atto d’indulgenza verso il trasformismo, cui è nuovamente soggetto il Paese sotto Renzi.
Anzitutto, dopo essersi presentato alle elezioni col fine dichiarato di far fuori Berlusconi e il berlusconismo, il PD invece ha fatto fuori il proprio segretario e ha cooptato nella maggioranza una parte dell’opposizione di destra per esigenze tipicamente utilitaristiche (Alfano, Lupi & C.). E ciò che è peggio ha coinvolto lo stesso Caimano nell’elezione del capo dello Stato, quando erano in campo due nomi d’indiscutibile profilo politico e morale come Rodotà o come Prodi. Nomi sui quali con un po’ di pazienza si poteva formare una maggioranza (Pertini fu eletto al 16° scrutinio dopo 10 giorni di votazioni!). Poi, con un golpe bianco, fu messo in sella con scelta extraparlamentare  Renzi, e, sempre per via extraparlamentare, è stato stipulato il patto del Nazareno, e non su questioni secondarie, no, nientemeno che per demolire la Costituzione; opera, questa, alla quale Berlusconi si era già applicato col progetto sventato dal referendum del giugno 2006.
Orbene, un disegno di eguale ispirazione è stato approntato oggi da Renzi d’intesa con B. e una parte di coloro che sfilarono con noi nelle piazze e nei dibattiti nel 2006 sono ora schierati nel PD per lo sbrego della Carta. E lo fanno non solo affondando la lama nel corpo vivo della Costituzione, ma anche con le leggi che ne sono diretta applicazione: lo Statuto del lavoratori, la legge elettorale e la scuola pubblica.
La senatrice invitata dall’ANPI locale a ricordare una delle figure più fulgide della Resistenza e della costruzione della Repubblica democratica, Teresa Noce, “Estella”, è una delle espressioni di questo trasformismo, che per di più, rispetto a De Pretis, va in direzione opposta. Il buon Agostino invitava quelli della destra storica a passare fra le fila dei “progressisti”, mentre Renzi passa lui armi, bagagli e gregari nello schieramento opposto. Se vogliamo è un fenomeno peggiore del trasformismo di fine Ottocento anche sul piano dei contenuti: allora le convergenze avvenivano su problemi circoscritti, oggi, almeno col Nazareno, col Jobs Act, la legge elettorale e il Senato sono frutto di convergenze su questioni che minano alla base l’ordinamento costituzionale del ‘48.
Si può negare che queste azioni siano dettate dal solo scopo di mantenere il potere o di rafforzare quello del segretario-premier? Si può far tutto questo, scansando il confronto parlamentare e ricorrerendo a compromessi, clientelismi e sotterfugi politici? Si può far questo in aperto contrasto con la campagna elettorale del 2013?  Si può mandare alle ortiche l’impostazione di fondo della sinistra italiana sempre schierata fino ad allora nella difesa della Carta, degli spazi democratici e dei diritti sociali? Si può negare che tutto questo concorre allo scadimento del dibattito politico? Si può seriamente contestare che questa prassi nega in radice una vera alternanza di governo, che è anzitutto alternativa di programmi? Si può non cogliere in questo atteggiamento un allontanamento del sistema politico dall’interesse collettivo? Un perdere di vista le esigenze della parte più debole del Paese in favore di quelle forti? E, in ultimo ma non per importanza, come non vedere l’accentuarsi nel PD della questione morale che è espressione del venir meno dell’onestà intellettuale nei trasformisti?
Ecco perché in questa fase le associazioni, come l’ANPI, che puntano ad una rigenerazione anzitutto morale del Paese, ispirandosi al grande moto della Resistenza, non possono essere superficiali nella scelta degli invitati alle proprie iniziative. I traformisti stiano nei talk show in cui imperversano, manovrino nell’oscurità delle loro trame interne, ma, per favore, non siamo noi a chiamarli a creare scompiglio e confusione. Noi, che con fatica cerchiamo di fare controinformazione coi nostri dibattiti e tentiamo di incoraggiare a mantenere la schiena dritta  in un’Italia che affonda nel malaffare e nella malapolitica.

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