In Sardegna situazione stagnante: parola di Crenos

14 Settembre 2015
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Gianfranco Sabattini

Di recente è stato presentato dal CRECOS il “22° Rapporto 2015” sull’economia della Sardegna; in esso si “analizza nel dettaglio il contesto economico” sul quale sono basate le previsioni formulate dai suoi estensori. In realtà, si tratta di previsioni espresse al condizionale, dato che la situazione economica regionale, per quanto non presenti ulteriori tendenze al deterioramento rispetto all’anno passato, continua ad offrire prospettive poco incoraggianti.
Gli analisti hanno però trovato qualche segnale incoraggiante nel fatto che le aspettative, riferite al sistema economico nazionale, di un futuro più roseo, “soprattutto in termini di maggiore occupazione e migliori condizioni di lavoro, sembrerebbero finalmente basarsi su elementi concreti”, espressi da fattori interni (Jobs Act) ed esterni (effetto Expo, calo del prezzo del petrolio, politiche monetari comunitarie permissive e riduzione del tasso di cambio euro rispetto al dollaro) che inducono a prevedere che qualche effetto positivo possa “ricadere” anche sulla Sardegna. Gli analisti, però, riguardo alla possibilità che ciò possa accadere mettono subito le mani avanti per precauzione, considerando che sempre le previsioni del governo italiano si “sono rivelate sistematicamente più ottimistiche” sugli effetti attesi rispetto a quelli reali; fatto, questo, che li induce ad affermare che “la cautela è d’obbligo”, in quanto l’incertezza nei confronti del sistema economico italiano è ancora molto alta.
In questo quadro, poco rassicurante per l’economia dell’intero Paese, le prospettive dell’economia della Sardegna, autonomamente considerata, non lasciano spazio ad alcuna previsione sia in termini di crescita che in termini di occupazione. Le stime della crescita per il 2015 sono ancora negative (-0,4%) ed inferiori alla media nazionale, in parte addolcite dalla previsione dell’uscita dalla recessione dell’economia regionale nel 2016, in considerazione del fatto che appare possibile che la Sardegna possa sperimentare una timida crescita pari allo 0,3%.
I dati relativi al mercato del lavoro inducono gli analisti a scorgere solo “indizi che, con cauto ottimismo, possono essere interpretati come l’inizio di un’inversione di tendenza”. Tra questi indizi, uno di un qualche rilievo è individuato nella dinamica “delle attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro”; tale dinamica evidenzia, da una parte, una crescita sia dei rapporti attivati che di quelli cessati (considerata come sintomo di un maggior dinamismo del mercato del lavoro), mentre, dall’altra, fa emergere un tasso di crescita delle attivazioni maggiore di quello delle cessazioni. Quest’ultimo fatto, secondo gli analisti, si presta ad essere interpretato come “una rinnovata fiducia da parte delle imprese sarde”, che sembra essere confermata dalla diminuzione delle ore di “Cassa Integrazione in Deroga”.
Gli indizi positivi relativi al mercato del lavoro originano soprattutto dalle buone performance dei comparti del commercio, degli alberghi e dei ristoranti, per via dell’impatto positivo esercitato su di essi dal comparto del turismo che, nel 2014, ha presentato un aumento degli arrivi e delle presenze; alla performance positiva del turismo, secondo gli analisti del CRENOS, si deve forse anche il notevole aumento delle esportazioni del comparto agricolo e di quello delle attività agro-alimentari, dovuto probabilmente all’”effetto vetrina” che i turisti attivano, contribuendo in tal modo a favorire la ripresa dell’occupazione.
Tra gli aspetti positivi viene anche sottolineato, come avviene da anni, dacché in Sardegna è sorta Tiscali, la buona performance dell’Isola relativamente al comparto dell’ICT, sebbene, osservano gli analisti, da questo comparto “non si possa certo aspettare lo stesso impatto occupazionale dell’industria manifatturiera”, ma solo possibili ricadute positive in termini di conoscenza tecnologica e di spirito innovativo.
Nel complesso, tuttavia, gli analisti riconoscono che i pochi elementi positivi riscontrati riguardo alle condizioni attuali in cui versa il sistema economico regionale non sono sufficienti per permettere “di assumere un atteggiamento di ottimismo incondizionato sugli andamenti futuri delle principali grandezze economiche”; ciò anche in considerazione, da un lato, della persistente eccessiva frammentazione del tessuto imprenditoriale sardo, che continua a registrare “un sottodimensionamento delle imprese”, nonché una quota di addetti che lavorano in micro-imprese nettamente superiore a quella media nazionale e, dall’altro lato, della scarsa fiducia dei soggetti economici nei confronti delle istituzioni pubbliche.
L’analisi degli aspetti reali compiuta dagli analisti di CRENOS risulta confermata dall’analisi compita dal punto di vista finanziario dall’annuale rapporto della Banca d’Italia, “L’economia della Sardegna”. Dal punto di vista del mercato del credito, il 2014 è stato caratterizzato da una contrazione dei finanziamenti concessi alla clientela; essi sono diminuiti del 2,5%, anche se il fenomeno è risultato in attenuazione rispetto al 2013. La persistente debolezza della domanda di finanziamenti ha pesato sulla dinamica del credito ai comparti produttivi, soprattutto verso quello delle costruzioni, caratterizzato, tra l’altro, da un’elevata incidenza di nuove esposizioni deteriorate; per contro, i depositi detenuti presso le banche dalle famiglie e dalle imprese, hanno continuato ad aumentare seguendo una dinamica simile al quella media nazionale; gli effetti di questo sintomo avrebbero dovuto costituire uno stimolo per orientare gli analisti di CRENOS a tentare di analizzare quali siano le possibili destinazioni del risparmio regionale, al fine di suggerire al governo della Sardegna le possibili azioni per un suo proficuo impiego all’interno dell’Isola.
E’ questo un punto dolente della politica regionale volta a promuovere la crescita e lo sviluppo dell’Isola; sulla bassa propensione ad investire dei sardi un ruolo importante è sicuramente esercitato dalla fiducia dei cittadini nei riguardi delle pubbliche istituzioni. Su questo aspetto, gli analisti del CRENOS si limitano a riferire dei risultati di un’indagine condotta da Nicholas Charron, Lewis Dijkstra e Victor Lapuente nel corso del 2014, tramite la somministrazione di un questionario a un campione di cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea; l’indicatore di qualità delle istituzioni è stato costruito con l’unione di tre sotto-indicatori relativi alla corruzione percepita dai cittadini, all’imparzialità del sistema dei servizi pubblici e alla qualità del sistema istituzionale. L’indicatore ha espresso livelli bassi di qualità istituzionale per l’intera Italia, ma con differenze marcate con riferimento alle singole regioni. La Sardegna si è classificata al 178° posto sulle 206 regioni prese in esame e al 14° posto rispetto alle 21 regioni in cui è suddivisa dal punto di vista amministrativo il Paese.
La debolezza della Sardegna da quest’ultimo punto di vista è confermato dai risultati di una recente ricerca di Livia De Giovanni e Francesca G.M. Sica, pubblicati sulla “Rivista di Politica Economica, X-XII/2014”, col titolo “Attrattività e competitività dei territori italiani”. L’Isola, secondo i risultati delle due ricercatrici, occupa il 15 posto nella classifica delle regioni italiane stilata in funzione dell’attrattività, registrando punti di debolezza per tutti i parametri presi in esame e posizionandosi in penultima ed ultima posizione rispettivamente per “salute” e “infrastrutture”.
Sarebbe utile che il Rapporto CRENOS iniziasse ad orientare l’attenzione verso l’individuazione dei “centri” all’interno della struttura istituzionale complessiva della regione che alimentano la corruzione o che sono all’origine della conservazione di ingiustificati privilegi; fatti, questi, che impediscono la rimozione del suo stato di arretratezza. Ciò consentirebbe di indicare le riforme che sarebbero necessarie ad elevare il livello della qualità del sistema istituzionale.
Il miglioramento delle istituzioni è oggi considerato, non una pre-condizione, come normalmente ha sempre affermato la tradizione degli studi economici, ma un importante “fattore produttivo”, senza il quale risulta impossibile il superamento della stagnazione e dell’arretratezza dei sistemi economici. Accade, infatti, che la bassa qualità delle istituzioni sia la causa delle mancanza delle fiducia e dell’ottimismo che sono gli “ingredienti” che concorrono a fare lievitare la generale mobilitazione di tutte le forze produttive delle quali dispone potenzialmente un’area piccola o grande che sia; forze, queste, che in Sardegna sono state sinora scoraggiate da un’organizzazione istituzionale centralistica e burocratica che è servita solo a soddisfare interessi “particulari” del tutto estranei a quelli dell’intera società civile dell’Isola.

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