25 aprile: i motivi per cui lottare non son finiti

25 Aprile 2016
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Corinna Raimondi
 
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Il 25 aprile è una data. Come tale, non può essere il cambiamento, ma ne è il ricordo.
Il 25 aprile dev’essere il punto di partenza per nuove lotte, progetti e cambiamenti, questa giornata non dev’essere fine a sè stessa, niente deve finire qui.
Abbiamo ancora tanto per cui lottare, troppe ingiustizie ci passano davanti agli occhi senza che noi ci opponiamo.
A volte è più facile rivolgere il proprio odio al diverso, se i nostri problemi sono così grandi da parere irrisolvibili.
Ogni giorno troppe persone cercano il futuro che puntualmente gli viene negato, sostano ai confini europei in condizioni che ci portano alla memoria le tragedie dell’Olocausto.
L’Italia vende una grande quantità di armi all’Egitto di Al- Sisi che nell’ultimo anno ha incarcerato irregolarmente più di 40mila persone, la maggioranza giovani, e uccide i ricercatori come Giulio che vogliono conoscere la verità sulla repressione.
La fabbrica di Domusnovas costruisce bombe che poi vengono durettamente sganciate nello Yemen.
Possiamo osservare la strumentalizzazione del dolore e delle difficoltà, delle persone, dai partiti di estrema destra, che puntando alla pancia smuovono la bestialià della gente.
Ieri in Austria ha trionfato l’estrema destra alle elezioni, l’ennesimo caso in Europa a 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
A ottobre ci sarà il Referendum per le modifiche della Costituzione. Il fondamento della nostra Repubblica derivata da grandi sacrifici è in pericolo, e con essa i nostri diritti.
E’ necessario mobilitarsi, informare per salvaguardare un bene di cui il nostro Stato necessita.
Il nemico lo troviamo in casa e non abbiamo bisogno di andare a cercarlo nello straniero, siamo vittime e complici di una mentalità disposta a sacrificare tutto pur di raggiungere i propri interessi.
I motivi per cui lottare non sono finiti il 25 Aprile, nè finiranno finchè le logiche di profitto causeranno altri scempi, finchè persisterà la violenza sul più debole.
Coscienti che non sarà facile portare il cambiamento, nè mantenerlo ogni giorno, l’obiettivo oggi come allora è uno: Resistenza! contro ogni abuso e autoritarismo sotto qualunque forma si presenti.

Questo è il testo dell’intervento di uno dei giovani studenti che hanno parlato dal palco al termine della manifestazione di Cagliari in Piazza del Carmine. Sì perché quest’anno al microfono, nel palco, sono stati i giovani a rinnovare il senso della Festa della Liberazione. Voci fresche e sopratutto protese verso il futuro, nella consapevolezza che le gravi questioni dell’oggi possono trovare giusta soluzione solo ispirandosi ai grandi ideali di fratellanza, uguaglianza e libertà alla base della Resistenza e della guerra di Liberazione dal nazifascismo.
Una giornata negli intenti del Comitato e dell’ANPI non rituale, non solo di memoria, ma proiettata verso un impegno nuovo sui problemi del Paese e del mondo, anzitutto in difesa delle libertà e della Costituzione, il risultato più maturo e importante della Resistenza.
Due striscioni hanno caratterizzato il corteo: quello dell’ANPI e quello del Comitato per il NO nel referendum costituzionale di ottobre, accomunati dalla battaglia in difesa della Costituzione dagli assalti di Renzi-Boschi-Verdini. Bandiere palestinesi, qualche bandiera rossa di Rifondazione e dei Comunisti italiani, poi due bandiere a ricordo della Brigata ebraica combattente nella Resistenza, qualche altra bandiera di partiti. Ma la manifestazione è stata una festa popolare.

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