Nella Costituzione la salute è un diritto fondamentale

19 Novembre 2016
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Antonello Murgia 

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Nell’ambito delle Letture della Costituzione, organizzate dall’ANPI di Cagliari, Antonello Murgia ha tenuto una “lezione sul diritto alla salute nella Costituzione”, che volentieri pubblichiamo. 

16-10-17 Relazione su diritto alla salute x Letture della Costituzione
Il diritto alla salute è fra gli argomenti più utilizzati dai sostenitori del Sì nel referendum costituzionale, per sostenere la bontà delle loro scelte. Il Presidente del Consiglio giorni fa, in un confronto televisivo su La7, ha affermato “dopo questa riforma la Sanità potrà vedere le stesse regole in Campania e in Lombardia. Ci sono alcuni farmaci innovativi, i farmaci oncologici, che per scelta costituzionale sono prodotti che hanno singole autorizzazioni regionali”. E’ una bugia grossolana che i media e il rappresentante delle Regioni hanno lasciato passare senza obiezioni; lo è perché l’autorizzazione all’immissione in commercio è solo nazionale e più precisamente dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e quindi ciò che è autorizzato in Lombardia lo è anche in Basilicata o Sicilia. E infatti nessun farmaco oncologico finora è stato negato da nessuna parte. Ma se un giorno si dovesse arrivare ad un diverso accesso a farmaci importanti nelle diverse regioni, questo potrebbe accadere (come sta già accadendo per altre prestazioni, in particolare riabilitative) proprio per le politiche governative di riduzione del finanziamento del SSN. Ad es. la Lombardia ha un PIL pro capite di circa 10 volte quello sardo: è evidente che essa potrà trovare più facilmente, nel suo bilancio, risorse aggiuntive per mantenere prestazioni che le Regioni più deboli avranno difficoltà a reperire. La realtà è che l’efficacia della Costituzione può essere ridotta, anche pesantemente, senza modificarla nella forma, togliendole gli strumenti, in particolare economici e finanziari, che rendono esigibile ora un diritto, ora un altro. Questo meccanismo è stato ripetutamente adottato in questi anni, ed ha prodotto danni importanti sui quali farò qualche esempio.
Per quanto riguarda gli effetti espliciti della Renzi-Boschi sul diritto alla salute, le modifiche si trovano all’art. 117. La prima modifica è quella del punto m) dove il ruolo dello Stato viene rafforzato in quanto non gli si attribuisce più solo l’individuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, ma anche, sempre in via esclusiva, il compito di emanare “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare”. Eliminato il comma che prevedeva la legislazione concorrente, con la nuova Costituzione alle Regioni verrebbe attribuito il compito della “programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”. Cosa succederebbe se vincesse il SI al referendum?
· Il confine nebuloso fra l’emanazione delle disposizioni per la tutela della salute da un lato e la programmazione e organizzazione dei servizi sanitari dall’altro, fa ipotizzare un aumento del contenzioso fra Stato e Regioni.
· Per contro il 4° comma che prevede la famigerata clausola di supremazia dell’interesse nazionale, lascia intendere che le controversie potrebbero abbastanza agevolmente essere risolte a favore dello Stato.
· Complessivamente, si può dire che c’è una riduzione del potere delle Regioni a favore dello Stato anche se, per quanto riguarda le Regioni a Statuto speciale, la nuova normativa non potrebbe entrare in vigore senza un accordo Stato-Regione per il suo recepimento. In realtà, l’incompatibilità della carica di consigliere regionale con quella di senatore prevista nello statuto sardo, condannerebbe la Sardegna ad una ridotta rappresentanza. Perciò mi sembra evidente che in caso di vittoria del Sì un accordo andrebbe trovato ed anche rapidamente e, stanti il nuovo indirizzo generale accentratore e la posizione genuflessa dell’attuale maggioranza regionale verso il Governo, è facile prevedere una riduzione di autonomia.
Per capire se la Costituzione, così com’è, abbia svolto un ruolo positivo rispetto al diritto alla salute e se per migliorare l’esigibilità di questo diritto essa necessiti di aggiustamenti, bisognerebbe innanzitutto esaminare il sistema sanitario ereditato dal fascismo e il percorso effettuato successivamente. Per chi avesse voglia e tempo rimando ai miei articoli dal titolo “Dove va la sanità in Italia?” pubblicati su questo sito1 in 4 capitoli fra il 20.12.2008 ed il 18.01.2009; qui ricordo soltanto che, ricevuto dal ventennio fascista un sistema corrotto e scialacquatore (nonostante il diritto all’assistenza fosse riconosciuto solo a chi aveva un lavoro e ai familiari a carico, risultavano iscritti alle mutue 15 milioni di Italiani in più rispetto alla popolazione residente in Italia), in 30 anni venne effettuato il riordino ed emanata la legge di istituzione del SSN (L. 833/1978) la quale nei successivi 20 anni dispiegò i suoi effetti in modo tale che, nell’indagine dell’OMS sui Servizi Sanitari del 2000, l’Italia risultò, come performance complessiva, il 2° Paese al mondo dopo la Francia. Questo perché con la Legge 833/1978 di istituzione del SSN, si realizzò un sistema non solo più democratico, ma anche più efficace e più efficiente. I 4 cardini del sistema furono l’universalità (prestazioni garantite a tutti gli individui), l’uguaglianza (tutti i cittadini hanno diritto a tutte le prestazioni, in ragione dei loro bisogni), la globalità (prevenzione, cura e riabilitazione), la solidarietà (finanziamento proporzionalmente al reddito; solidarietà dalle regioni più ricche a quelle più povere per ridurre le differenze).
Questo modello negli ultimi 20 anni è stato indebolito progressivamente pur mantenendo invariati i principi di fondo sanciti dalla Costituzione: è bastato, con il pretesto delle risorse limitate, ridurre il finanziamento della spesa sanitaria, per peggiorare sensibilmente la performance del sistema.
Ciò che vorrei mettere in evidenza è che quello della disponibilità e della destinazione delle risorse è un tema squisitamente politico e non tecnico come ci si vuole far credere. In sanità è ancora più falsa che negli altri settori economici la pretesa liberista del mercato che regola e risolve le contraddizioni: più mercato significa minore efficacia e costi più alti. Per analizzare questo aspetto userò un esempio emblematico che si sta verificando in questo periodo: l’epatite C e la nuova terapia antivirale.
In Italia, i pazienti portatori cronici del virus dell’epatite C (HCV) sono stimati essere oltre un milione, di cui 330 mila hanno già sviluppato la cirrosi. Nel 2013 (in Italia nel 2014) è stato commercializzato il primo di una nuova famiglia di antivirali, Sofosbuvir, nome commerciale Sovaldi®, in grado di eliminare il virus e realizzare in un’altissima percentuale dei casi la guarigione virologica2
Il farmaco è stato commercializzato ad un prezzo elevatissimo: in Italia il ciclo di cura di 2 mesi costa 74 mila euro per chi lo acquista privatamente in farmacia, 41 mila euro in regime ospedaliero.
A causa dell’alto costo di questo trattamento, il Ministero ha verificato che il budget della sanità, predefinito dalla legge di stabilità (nel 2016 è di 111 miliardi di €) sarebbe saltato: il calcolo è facile, servirebbero oltre 41 miliardi di € (quasi il 40% del budget complessivo) solo per questo trattamento. Perciò lo stesso Ministero ha deciso di iniziare ad erogarlo gratuitamente partendo dai pazienti più gravi. Al momento nel nostro Paese sono stati trattati circa 52 mila pazienti che non solo rappresentano una percentuale esigua degli aventi bisogno (il 5%), ma sono anche quelli che non ne traggono un vantaggio rilevante perché sono già nella fase terminale di cirrosi e quindi con prognosi infausta a breve scadenza. Non vengono invece trattati quelli cui la terapia cambierebbe completamente il corso della malattia. Aggiungo che il non trattare i pazienti con funzionalità ancora normale o quasi, condannandoli ad una evoluzione negativa, determina costi assistenziali ed anche sociali elevatissimi per far fronte alle conseguenze di tale evoluzione (ripetuti ricoveri, perdita di giornate lavorative, etc.) e per la contagiosità della malattia (soprattutto con il sangue ed il liquido seminale) verso i sani.
La cosa veramente scandalosa è che non esiste alcuna relazione tra prezzo del farmaco e remunerazione degli investimenti in ricerca: la Gilead – proprietaria del brevetto di Sovaldi®, seguiva l’evoluzione della ricerca che la Società Pharmasset stava conducendo. Quando ha avuto la certezza dell’efficacia del farmaco ha acquistato la Pharmasset per 11 miliardi di $ e ha avviato la commercializzazione. Oggi, grazie al Sofosbuvir-Sovaldi, il valore della Pharmasset che 3 anni fa era di 3 miliardi di $, è intorno ai 150 miliardi. Se ci aggiungiamo i 30 miliardi di $ di fatturato per la vendita del prodotto, possiamo dire che Gilead, tolte le spese, ha guadagnato in questi 3 anni circa 160 miliardi di $. Il caso Gilead-Sovaldi® si presenta quindi come una colossale operazione finanziaria e speculativa che remunera in misura modesta chi ha fatto la ricerca e in misura ingente il grande capitale. “I trionfi delle innovazioni farmaceutiche sono vittorie vuote se queste azzoppano i sistemi sanitari e generano enormi iniquità”, ha scritto recentemente l’autorevole British Medical Journal.
I Governi avrebbero dovuto vigilare e spuntare un prezzo equo, che tenesse conto dei diritti dei malati. Ci sono gli strumenti giuridici per farlo: sono previsti nello stesso trattato internazionale che regola i brevetti (TRIPs – Trade Related aspects of Intellectual Property rights) attraverso il meccanismo della licenza obbligatoria, a cui si può ricorrere quando si verifichi un’emergenza nazionale di sanità pubblica. Ed è difficile negare che l’epatite C rappresenti un’emergenza di sanità pubblica, posto che la malattia col tempo è gravemente invalidante, fino alla morte, e che ai prezzi concordati non ci sono i quattrini per curare tutti i sieropositivi da HCV. L’India ha seguito la prassi corretta e sta producendo il Sofosbuvir sotto forma di generico al costo di 700 €. Quel Governo italiano che vuole cambiare la Costituzione adducendo fra i motivi importanti il risparmio, ha invece speso oltre 2 miliardi e 100 milioni di € per curare 52.000 pazienti già cirrotici, che non potranno aspettarsi un sostanziale cambio della qualità della vita. Con la prassi seguita dall’India, l’Italia avrebbe speso 700 milioni di € o poco più per curare tutti, anche gli individui che hanno ancora la funzionalità normale. Invece così, per curare tutti i cirrotici attuali ci vorranno 12 anni, con una spesa di oltre 20 miliardi. Ma in 12 anni un altro stuolo di pazienti sarà diventato cirrotico e quindi continueremo a curare senza apprezzabili vantaggi per i malati e ingigantendo i costi. Di più, ci saranno da aggiungere le spese per i ricoveri e gli altri trattamenti sanitari che la malattia comporta per chi non ha accesso al farmaco. L’unica che ci guadagna, enormemente, è la Gilead cui con le scelte fatte garantiamo guadagni annuali ingenti per un periodo che potrebbe essere lunghissimo.
Se fosse stato sostenuto il criterio ugualitario previsto dalla nostra Costituzione e dalla Legge 833/1978, la gran parte dei pazienti italiani sarebbe ora guarita, con costi individuali e sociali enormemente inferiori a quelli sostenuti per ottenere un risultato così scarso. Ciò che fa la differenza, è chi si intende davvero tutelare al di là delle generiche dichiarazioni di principio. E occorre avere chiaro che la Costituzione dà le indicazioni per produrre un dato risultato, ma se si agisce in modo contraddittorio rispetto ai suoi principi, il risultato non sarà quello sperato. Negli ultimi 20 anni non solo le scelte di governo sono avvenute in contrasto alla Costituzione (nel diritto alla salute, come nel diritto all’istruzione, etc.), ma essa è stata imputata dei cattivi risultati che invece sono causati dal malgoverno e dall’interesse privato che continuamente si insinua. C’è un rapporto direttamente proporzionale fra riduzione della spesa sanitaria pubblica, crescita della spesa privata e peggioramento delle condizioni di salute della popolazione che si stanno verificando in questi anni. Il peggioramento della salute è ben fotografato da due dati. Il primo è fornito dall’ISTAT3: nel 2015, per la prima volta nella storia del Paese, la speranza di vita è diminuita rispetto all’anno precedente (84,7 anni per le donne, mentre nel 2014 era di 85 anni; 80,1 anni per gli uomini mentre nel 2014 era di 80,3 anni). Il secondo è fornito da una ricerca CENSIS4 pubblicata l’8 giugno scorso: ben 11 milioni di italiani nel 2015 hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell’ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagarle di tasca propria. Erano 9 milioni nel 2012, per cui in 3 anni c’è stato un aumento del 22,2%.
L’esigibilità del diritto a guarire dall’epatite C come di tutti i diritti fondamentali è un fatto di scelte politiche e non un problema tecnico (la disponibilità di risorse): infatti, a fronte della loro ridotta tutela, ci sono altre spese (grandi opere, grandi eventi, spese militari) che pur di dubbia utilità e di interesse collettivo molto più modesto, continuano ad essere sostenute e, anzi, sono spesso incrementate. Le modifiche costituzionali della Renzi-Boschi non comporterebbero, né sulla tutela della salute, né sulla spesa sanitaria, vantaggi degni di nota che invece sarebbero notevoli per entrambe le voci se la Costituzione venisse applicata.

Bibliografia
1: http://www.democraziaoggi.it/?p=406; http://www.democraziaoggi.it/?p=410; http://www.democraziaoggi.it/?p=440; http://www.democraziaoggi.it/?p=441
2 http://www.saluteinternazionale.info/2016/07/epatite-c-il-diritto-alla-cura/
3: http://www.corriere.it/salute/16_aprile_26/per-italiani-cala-l-aspettativa-vita-ed-prima-volta-assoluto-24a05dc6-0b97-11e6-a8d3-4c904844517f.shtml/
4:http://www.repubblica.it/salute/2016/06/08/news/censis_11_milioni_di_italiani_hanno_rinunciato_alle_cure_nel_2016-141551883/

Antonello Murgia

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  • 1 Oggi sabato 19 novembre 2016 | Aladin Pensiero
    19 Novembre 2016 - 10:04

    […] Nella Costituzione la salute è un diritto fondamentale di Antonello Murgia su Democraziaoggi. Antonello Murgia su Democraziaoggi 19 nov 2016 aladinews, No 20 nov 2016 Anpi aladinews, sab […]

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