Bullismo: torniamo alla pedagogia dei padri?

31 Marzo 2017
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Amsicora

Si sa, con l’invecchiamento ci si rincoglionisce. E’ un fatto naturale, inevitabile. Una delle manifestazioni più sicure di questo processo degenerativo è la ferma convinzione d’essere nel giusto, di avere sempre ragione, di saper tutto della vita. Si vive di ricordi e l’invocazione dei probos mores degli antichi, la lode del buon tempo andato, ne sono l’elemento più ricorrente. E così, davanti all’esplosione di notizie sul bullismo infantile nelle scuole, io rievoco la mia infanzia a Carbonia fra i minatori, che vivevano intorno a me coi loro figli, amici e miei compagni di scuola. Ricordo la pedagogia semplice e chiara di questi lavoratori coi polmoni devastati dalla silicosi, che tenevano molto alla scuola, vista come arma di promozione culturale e sociale. Ecco perché, quando si recavano ai colloqui coi prof., avevano un portamento deferente, ci andavano con l’abito buono. Poi, quasi sempre, finivano la loro intelocuzione coi docenti, con un invito perentorio, ch’era quasi un imperativo: “Mi raccomandu, su professori, si fillu miu si comportara mali, arroppiriddu!“, lo picchi!. Oggi, se il prof. o la maestra, soltanto pensano allo scapaccione al momento giusto, apriti cielo! Volano le denunce, si apre la procedura penale! I media fanno fare alla notizia il giro del mondo!
Anche, nei rapporti fra ragazzi, l’insegnamento era elementare e di facile applicazione. “Non iniziare mai le ostilità, sii tranquillo e pacifico, ma in caso di aggressione difenditi”. Legittima difesa, insomma, mai aggressione! Naturalmente c’erano anche allora i prepotenti, i più grandi che pestavano o importunavano i più piccoli. C’era però anche l’antidoto, altrettanto efficace sul piano pedagocico. Nel mio vicinato, ad esempio, c’era Bruno, ripetente, grosso, “sbertidori“, ma buono. A lui ci rivolgevamo in caso di necessità, quando qualcuno ci disturbava fuori misura. Allora scattava la contromisura, di solito preparata accuratamente. Una piccola provocazione verbale al bulletto di turno, del tipo “ti metti coi più piccoli, perché non ti misuri coi grandi come te!” All’accenno ad una reazione, interveniva Bruno, opportunamente appostato nei paraggi, che dava al prepotente una bella lezione, con avvertimento finale perentorio: “la prossima volta sarà peggio“. E da quel momento era certo che non si subivano più fastidi o vessazioni. Anzi, spesso, il provocatore di un tempo, diveniva amico.
Talora, in queste vicende, c’era l’intervento dei genitori, con spirito pacificatore. E se la mano tesa non funzionava, era efficace quella chiusa. Una trentina d’anni or sono venne da me un compagno di paese, Efisio, a chiedermi consiglio. Aveva un figlio un po’ imbranato e un giovane della sua età in particolare aveva preso a importunarlo in privato e in pubblico. Efiso lo chiamò da parte e lo invitò a desistere con una pacata spiegazione sulla inopportunità di quel comportamento. Quello continuò e fu ancora mitemente invitato a smetterla. Continuò imperterrito. Allora Efisio, insieme ad un altro figlio, di fronte a tutti affrontarono il persecutore e gli diedero una lezione magistrale. Le vessazioni, d’incanto, cessarono. Efisio era però preoccupato. Era intervenuta l’Arma e aveva paura di una procedura penale a carico sopratutto del figlio che aveva partecipato alla dimostrazione pedagogica. Gli consigliai di attendere. Saremmo intervenuti a tempo debito. Ma non è mai arrivato alcun avviso. Il Maresciallo, uomo saggio, evidentemente aveva compreso la funzione educativa della lectio magistralis e aveva lasciato perdere. Sano buon senso, problema risolto brillantemente e… senza l’intervento dei magistrati e dei psicologi.
E per le ragazze? C’erano in agguato sempre i fratelli o i cugini o gli amici di famiglia più grandi e “competenti” sulla materia. Se il bullo andava oltre il complimento gentile e si avventurava in terreni extraurbani. scattava immancabilmente la rappresaglia, ch’era perentoria e inequivocabile.
Certo, questi modelli di reazione sono improponibili oggi. Allora se l’intervento era giusto, secondo il codice nostrano, non c’era reazione. Ora, forse non è più così. Ad ogni buon conto, un ritorno al buon senso e alla ragionevolezza non guasta. Genitori più presenti e obiettivi sarebbero i benvenuti. Il contrario di quelli che nei giorni scorsi si sono affrontati (uno addirittura armato di pistola!) ai bordi di un campo di calcio dove si svolgeva una partitella fra le squadrette dei figli. In un altro caso le liti fra genitori-tifosi, a bordo campo, erano tali che i ragazzini, più intelligenti dei padri, hanno sospeso la partita.
Certo, questo mio fare il laudator temporis acti è - ripeto - forse segno del rimbambimento senile. Tuttavia, a parte i casi più gravi, il ritorno al buon senso, ad una genitorialità responsabile, non guasterebbe.

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