Sinistra: solo una rivoluzione democratica può salvarci

29 Giugno 2017
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Aldo Lobina

Continuiamo la riflessione sull’esito elettorale e le sorti della sinistra con queste notazioni di Aldo Lobina.

L’ostinazione con la quale Renzi e il suo quartier generale cercano di resistere al messaggio, chiarissimo, venuto all’indomani delle consultazioni amministrative è spiegabile con la posta in gioco, altissima, di una partita che è già cominciata  per  il potere, per il Renzi 2.
Ceduto  temporaneamente  il governo del Paese  ad un alter nos, che si voleva debole ed effimero, in attesa del suo ritorno  Renzi, come Pirro, vincitore delle primarie di un partito ormai a pezzi, non riesce a proporre un progetto e un  programma agli elettori, imbrigliato nella tessitura di una  nuova legge elettorale cui affidare le speranze di una vittoria improbabile. Sì improbabile, come dimostrano le elezioni amministrative che   hanno svelato come anche le radici di un grande partito possano rinsecchire se non alimentate  dalle ragioni del fare (cosa, come e quando fare) e da una linea politica chiara a tutti, non avvolta dalle nebbie di alleanze snaturanti i valori ideali. Ammesso e non concesso che siano posseduti (io conservo ancora una visione romantica della politica, e me ne scuso).
Non hanno capito i signori del giglio magico le ragioni per cui il Paese, sempre più convintamente, prende le distanze da una classe dirigente amorfa, che nella migliore delle ipotesi non supera in qualità quella proposta da altri partiti?
Non hanno capito che avere assimilato o avere in animo di assimilare le loro politiche a quelle della destra è un formidabile errore che gli elettori non perdonano?
I risultati delle elezioni amministrative sono la cartina di tornasole di come cambieranno gli orientamenti degli elettori. Non mi riferisco ai 5 Stelle naturalmente, ma a quei partiti che vantavano un forte radicamento locale, fatto di sezioni, circoli, gruppi di potere, corporazioni e amministrazioni varie.
Prendiamo la Sardegna, per non andare lontano. Pensano i signori del giglio magico e i loro interessati adepti che la riorganizzazione, si fa per dire, amministrativa della Sardegna, la sua politica dei trasporti, quella del lavoro, la riforma sanitaria vengano giudicati positivamente e portino a riconfermare il quasi nulla? O pensano che basterà solo cambiare il cavallo su cui puntare per vincere? Ma vincere cosa? Mentre il Paese segna il passo, i giovani scappano e l’Italia muore .
La temperie culturale che ci circonda è sempre alla ricerca di un uomo del destino cui affidare il timone dello Stato, di una Regione, di un Comune. L’esperienza dimostra che non abbiamo bisogno di personalità ipertrofiche, Berlusconi, Soru, Renzi o politicamente ipotrofiche come Pigliaru o Raggi. Ci servono squadre di persone competenti, coordinate da persone intelligenti  che amministrino un progetto e un programma elaborato democraticamente. Non altro.
Non sarà la scelta di un uomo a salvare la socialdemocrazia in Italia: sarà la visione politica chiara, condivisa da chi vorrà sostenerla. Avremmo bisogno di una vera rivoluzione democratica, di contenuti.

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