Reddito di cittadinanza: quale finanziamento? (1)

1 Novembre 2017
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Gianfranco Sabattini

Pubblichiamo la prima parte di un articolo del Prof. Gianfranco Sabattini sul reddito di cittadinanza. L’argomento è ormai entrato nel dibattito pubblico ed ha costituito oggetto del recente Convegno sul Lavoro organizzato ai primi del mese scorso dal Comitato d’Iniziativa costituzionale statutaria. La riflessione si incentra sul punto critico e centrale della problematica: come finanziarlo?
La seconda parte, dedicata al finanziamento in Italia, verrà pubblicata il 3 p.v.

Il problema del finanziamento del Reddito di Cittadinanza” (“RdC”) è una delle questioni da sempre oggetto di discussione, anche all’interno della linea del pensiero economico che ha elaborato il modello di stato sociale alternativo a quello fondato sul welfare, adottato nel 1945.
Per amore della memoria storica, vale la pena ricordare che l’espressione Reddito di Cittadinanza è “nata” nel 1986, a seguito della First International Conference on Basic Income, tenutasi per iniziativa del Basic Income European Network (BIEN), costituito l’anno precedente. La conferenza, svoltasi presso l’Università cattolica di Lovanio, ha inaugurato la prima fase di riflessione sul Reddito di Cittadinanza, ma è servita anche a legittimare l’inquadramento del problema della sua traduzione in termini di politica sociale nell’ambito dell’analisi economica.
La letteratura sull’argomento evidenzia che, nell’anno in cui si è svolta la conferenza, molti economisti inglesi erano ancora propensi ad usare, in luogo dell’espressione Reddito di Cittadinanza, quella di Dividendo Sociale, introdotta dall’economista James Edward Meade, che per primo aveva formulato un modello organizzativo dello stato di sicurezza sociale alternativo al welfare.
Alla fine della conferenza del 1986, i suggerimenti per stabilire definitivamente il nome del BIEN è stato, tra i molti avanzati, quello che, in considerazione della natura bilingue del Paese che ospitava la conferenza, proponeva di associare all’acronimo “BIEN” (che in lingua francese significa anche “bene”) la sua traduzione fiammingo-olandese in “GOED”, che oltre a significare ugualmente “bene”, corrispondente all’espressione inglese “Great Order for European Dividend”. Trovato l’accordo sul nome del BIEN, tutti hanno convenuto di denominare “RdC” lo strumento di politica economica attraverso il quale realizzare un sistema di sicurezza sociale alternativo a quello universalmente adottato.
I partecipanti alla conferenza di Lovanio, riprendendo la proposta di James Meade, formulata nel 1948 in “Planning and the Price Mechanism”, hanno messo in risalto i limiti dello stato di sicurezza sociale d’ispirazione keynesiana, imputandoli al fatto che il principio della sovranità popolare, che avrebbe dovuto rappresentare il contrappeso alla arbitrarietà degli automatismi politici nella distribuzione fiscale del costo della sicurezza sociale, fosse stato distorto dalla logica di funzionamento del welfare State, sotto molti punti di vista: mancata estensione della sicurezza sociale a tutti indistintamente, insorgenza di continue emergenze come conseguenza della dinamica del sistema economico, incapacità di contribuire alla stabilizzazione dei livelli occupazionali, ed altri ancora.
Inoltre, i lavori della conferenza sono valsi a sottolineare, come l’esperienza in molti Paesi consentisse di evidenziare che, quando la gestione del welfare State è lasciato all’azione discrezionale della politica, in assenza di un qualche automatismo autoregolatore, è resa possibile una tale manipolazione dei flussi di reddito da originare un crescente indebitamento del settore pubblico, a danno di tutti i cittadini. Infine, la conclusione della conferenza rilevava che la logica di funzionamento dei moderni sistemi produttivi capitalistici non era più in grado di “creare” posti di lavoro, come nel passato; né essa consentiva di “conservare” i livelli occupazionali acquisiti, producendo crescenti livelli di disoccupazione strutturale irreversibile. Per contrastare qust’ultima, i partecipanti alla conferenza hanno prospettato la necessità di creare, all’interno dei sistemi sociali, condizioni tali da consentire, oltre che il sostentamento del nuovo “esercito di forza-lavoro di riserva senza lavoro”, anche l’”autoproduzione”; ciò che poteva ottenersi attraverso l’erogazione di un “RdC” che, secondo la proposta di Meade, doveva essere corrisposto in moneta, sotto forma di Dividendo Sociale, ad ogni singolo cittadino (uomo, donna o bambino), da utilizzare anche come fonte alternativa di nuove opportunità di lavoro.
Nell’approfondimento delle modalità attraverso cui arrivare all’introduzione di un “RdC”, gli aderenti al BIEN si sono anche orientati ad accogliere i suggerimenti di Meade riguardo al finanziamento della nuova forma di reddito, attraverso due vie: una prevedeva il ricupero delle risorse impegnate nel funzionamento del sistema di sicurezza sociale fondato sul welfare State; l’altra via era fondata sulle rimunerazioni derivanti dalla vendita sul mercato dei servizi di tutti i fattori produttivi di proprietà collettiva (non pubblica), i cui proventi avrebbero alimentato un “Fondo Capitale Nazionale”, dal quale trarre le risorse per l’erogazione del Dividendo Sociale a tutti i cittadini.
La seconda forma di finanziamento proposta da Meade è stata oggetto di approfondimento e perfezionamento da parte di un suo allievo, Edwin Morley-Fletcher (per molti anni presente come docente in alcune Università italiane, ricoprendo, negli anni Ottanta, anche il ruolo di capo dello staff della presidenza della Lega nazionale delle cooperative e mutue). Morley-Fletcher ha proposto un modello di finanziamento del “RdC” basato sulla costituzione di un “Fondo Capitale” dal quale trarre le necessarie risorse finanziarie; ciò, al fine di evitare, per questa via, il problema della discrezionalità politica nel decidere la quota del reddito nazionale corrente da destinare a finalità ridistributive. Secondo Morley-Fletcher, il “Fondo” poteva essere alimentato dai surplus della bilancia internazionale dei pagamenti dei singoli Paesi, oppure attraverso un’imposta sui grandi patrimoni.
Sulla base di questa proposta, sarebbe stato possibile assegnare a ciascun cittadino, “dalla culla alla bara”, uno stock nominale di capitale, sufficiente a garantirgli l’erogazione di un Dividendo Sociale pari al “RdC”, proposta da realizzare in una prospettiva temporale adeguata, al fine di consentire la costituzione del “Fondo Capitale” necessario perché l’attuale welfare State potesse essere sostituito completamente. Naturalmente, al “punto omega” di ciascun soggetto, lo stock di capitale nominale assegnatogli alla nascita non sarebbe passato ai suoi eredi, ma sarebbe stato avocato dal “Gestore del Fondo Capitale”, per essere assegnato ad un nuovo soggetto o, nel caso di una dinamica demografica stabile, per essere ridistribuito a vantaggio di tutti i superstiti, od ancora per essere utilizzato con altre finalità sociali.

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