Riflessioni sull’oggi, leggendo gli articoli di Francesco Cocco

10 Agosto 2018
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Andrea  Pubusa

 

In questo mese d’agosto la lettura quotidiana in questo blog di una serie di articoli di Francesco Cocco, pubblicati nell’arco di dieci anni, inducono a riflessioni profonde sulla condizione dell’Isola e del Paese. Il rigore di Francesco m’induce a badare alla realtà senza alcun filtro, dettato dal pregiudizio sulle forze politiche, sul gradimento o meno di esse. La sensazione è che l’Italia abbia messo da parte un ceto di potere antipopolare e predatore, ma non abbia imboccato la strada di una svolta di civiltà e di progresso. Il razzismo, per esempio, non ha fatto balzi in avanti. Non mi convince la propaganda dei piddini su questo punto e neanche vedo un estendersi del pericolo fascista. Non c’è dubbio però che non c’è un rientro nell’alveo costituzionale e la divaricazione fra Costituzione formale e materiale rimane ampia e inaccettabile. Salvini, in fondo, fa emergere umori nascosti, ma anche questo, seppure non accresce, al momento, il tasso di razzismo, lo rende però più sfacciato, induce i più imbecilli a manifestarlo, a esibirlo con sparate simili alle sue, alimenta un clima generale triste, incivile.
Ecco, ora vorrei chiedere a Grillo, che è uomo curioso, con velleità da sognatore, cosa c’entra questa realtà con i propositi e le spinte che lui ha potentemente stimolato? Non può essere questo il mondo da lui vagheggiato, fatto di maggiori libertà individuali e collettive, una società più felice e senza angosce.
Si può argomentare quanto si vuole, ma le truculenze di Salvini creano un clima, un ambiente ributtante per un normale democratico. Anche il presidente del Consiglio deve rendersi conto che affrontare con razionalità la questione migranti, darle rspiro europeo non può in alcun modo indurre a perdere di vista la sacralità della persona, non a caso posta al centro della Costituzione.
Di Maio prova a riequilibrare lo scadimento della vita civile del Paese, con misure sul fronte del lavoro. Ma anche qui va avanzata subito un’obiezione: non si bilancia Salvini con misure sociali. La truculenza di Salvini si stronca e basta, non si accetta. Anche perché non aiuta la soluzione dei problemi ma semmai li aggrava. E poi, sul lavoro, ci vuole nettezza: il precariato non puoi temperarlo, lo devi sradicare. L’imprenditore è tale se fonda le sue previsioni e i suoi progetti sul rispetto del lavoro, se vede l’azienda non come un luogo di esercizio di abusi sui lavoratori, ma come uno spazio in cui una comunità di persone con ruoli diversi concorre a realizzare gli obiettivi produttivi senza prevaricazioni. Questo dice la nostra Carta e questo bisogna pretendere.

Sotto questo profilo il decreto dignità è timido, enuncia un’idea che non invera. Non mi sfugge la reazione dura dei poteri economici, che nasce dall’avere Di Maio rimesso in campo un potere di regolazione statale sul lavoro che l’impresa, dopo il Jobs Act, pensava di aver gettato definitivamente nella spazzatura della storia. Da questo punto di vista non mi convince che la CGIL, pur nella sua critica legittima, non colga questo elemento e non faccia dei distinguo.
C’è poi tutto il campo del caporalato e dello sfruttamento bestiale. E’ ammissibile uno schiavismo esibito, alla luce del sole? Quanti anni luce dista dal dettato della Carta questo asservimento? Perché non intervenire in forze? Forse basterebbero alcune azioni decise per scoraggiare i protervi. Lo si è fatto con l’Aquarius un gesto dimostrativo, perché non si puo’ fare nei campi rossi del Sud? Si dirà, ma i migranti perdono il lavoro! Sarebbe così se i pomodori, da soli, si raccogliessero nei cesti. Ma non è così, quel lavoiro di raccolta è necessario. Bisogna solo decidere se deve essere opera di schiavi o di uomini liberi.
Questi sono i temi su cui ci interroghiamo noi che prendiamo la Costituzione sul serio e assumiamo i suoi valori di civiltà come parametro d’ogni cosa. Su queste questioni aspettiamo risposte. Sappiamo che è difficile aggiustare un degrado di decenni, per di più opera anche della c.d. sinistra, ma sappiamo cogliere anche i segnali. Solo che quelli che vediamo non vanno nella giusta direzione, altri sono così flebili che non si mostrano. I 5 stelle hanno suscitato speranze e hanno raccolto un consenso generoso. Non possono mancare di parola. D’altronde, se il M5S fallisce non c’e’ argine alla destra. 

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