Scuola di formazione politica: l’ANPI collabora col CoStat all’impresa

12 Febbraio 2019
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Antonello Murgia - Presidente prov. ANPI

 

Prestigiosa adesione dell’ANPI alla Scuola di formazione politica lanciata dal CoStat. Ecco le considerazioni del Presidente provinciale dell’ANPI nell’annunciare l’adesione.

 

In un articolo dell’Huffington Post del 21 dicembre scorso che i social continuano a rilanciare, il divulgatore scientifico Piergiorgio Odifreddi affermava: “Se i politici sono eletti dagli elettori e il 90% degli elettori è stupido, anche il 90% dei politici sarà stupido”. E poi: “Burioni ha ragione: non si può discutere di scienza con gente che non sa di cosa si parla“. Ma il divulgatore scientifico a chi deve parlare se non a chi è ignorante ed è desideroso di sapere? E se continuiamo a ritenere valida la massima socratica del “so di non sapere”, col suo corollario che meno si sa e più è facile pensare di sapere, perché il divulgatore scientifico si meraviglia e si scandalizza se da chi non sa o sa poco gli vengono affermazioni poco documentate, magari espresse in modo categorico? Non è anche questo il segno di un’involuzione autoritaria che pretende che ogni branca abbia i suoi sacerdoti i quali sono al di sopra di qualsiasi verifica da parte del “popolino” e che debbano rispondere delle loro parole e delle loro opere solo a pari grado? La ricerca scientifica si discute e si porta avanti fra ricercatori, ci mancherebbe altro, ma l’interlocuzione con la cittadinanza è un’altra cosa, che è altrettanto necessaria non per sostituire i ricercatori stessi con cittadini privi di competenza, ma per una regola fondamentale della democrazia, che sembra essersi appannata di questi tempi ed è che il cittadino è il titolare unico dei diritti e di quelli fondamentali in particolare. L’esperto, lo scienziato, il divulgatore scientifico è un suo ausiliario e non il suo amministratore di sostegno; non è cioè colui che è incaricato da un giudice a prendere le decisioni che lui è incapace di prendere. In questo periodo nel quale il volontariato in Guatemala mi regala un certo distacco dalle vicende politiche nazionali e soprattutto da quelle sarde, viziate da una legge elettorale che distorce gravemente la rappresentanza e segnate da una competizione elettorale che sembra per lo più avere perso il senso delle cose, di avere perso le ragioni di un progetto collettivo per migliorare la società, pensavo a quanto sia fondamentale chiarire questo aspetto, pretenderne il rispetto: o il cittadino è il centro e la ragione dell’agire politico o quella che viviamo non è una democrazia vera, anzi, è una democrazia in pericolo. E in questi ultimi anni, su questo tema, mi è capitato sempre più frequentemente di sentirmi distante, di polemizzare, di non riuscire a raggiungere una sintesi con persone che stimo e che ritengo democratiche. Sicuramente ci sono anche carenze mie nell’approccio, ma sono convinto che anche questo sia soprattutto espressione dello sfondamento a sinistra della teoria liberista, la quale non è solo pretesa di libertà assoluta dell’impresa (con buona pace degli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione), ma anche sacralità della scienza, da proteggere dal popolo ignorante, promozione dell’oligarchia come garanzia di governabilità, disoccupazione come elemento di dinamicità del mercato del lavoro, etc., etc.
La teoria liberista ha sfondato a sinistra anche perché è più facile e comodo dare dello stupido al 90% di italiani, che rimboccarsi le maniche per far crescere la coscienza civile, magari non altissima, nel Paese; ha sfondato perché è più facile dire che “non si può discutere di scienza con gente che non sa di cosa si parla”, che produrre o pretendere, a seconda dei ruoli, documentazione scientifica convincente su ciò che si sostiene e trasparenza e indipendenza negli atti, per garantire correttezza ed onestà delle scelte.
E così, quando Fernando Codonesu ha lanciato nel CoStat l’ambiziosa proposta di una scuola di formazione politica coinvolgendo l’ANPI nella promozione dell’iniziativa, pur preoccupato per le difficoltà ed il peso non indifferente per portarla avanti, ho pensato che ne valesse la pena. Ne vale la pena perché i due vittoriosi referendum costituzionali (e ci aggiungerei anche la battaglia sulla legge statutaria sarda) nei quali siamo stati impegnati negli ultimi 15 anni, mostrano che a dispetto di chi, anche partendo da progetti politici diversi, una volta al potere ha cercato di usarlo per garantire le proprie personali fortune, la maggioranza dei cittadini ha mostrato attaccamento al progetto di democrazia contenuto nella nostra Costituzione. E ne vale la pena perché, come ha giustamente sottolineato Fernando, la caduta dei grandi partiti di massa ha prodotto anche la perdita delle relative scuole di formazione, cui in questi anni non si è sostituito niente.
Aggiungerei che anche l’adozione del sistema maggioritario, deresponsabilizzando gli eletti a tutti i livelli, non ha aiutato a far crescere una classe politica degna del nome e ha reso tale bisogno ancora più acuto. Ed anche l’evoluzione del quadro politico, segnato dalla sempre più manifesta e preoccupante separazione fra i programmi annunciati in campagna elettorale e le politiche effettivamente perseguite, ha favorito la crescita di quella che è stata chiamata antipolitica e che è invece pienamente e legittimamente politica, ma che non poteva, per forza di cose, avere quelle competenze e quel senso delle istituzioni che sarebbero stati necessari. Così come non ha aiutato e non aiuta l’enfasi posta sul valore della competenza da parte di chi non aveva saputo o voluto garantire la rappresentanza e ora punta sulla competenza per recuperare il consenso dell’elettorato, guardandosi però bene dal dire al servizio di chi, quella competenza e la relativa esperienza, intende mettere a disposizione.
Se questo è il quadro attuale, la proposta che il CoStat sta elaborando è quanto mai opportuna. E nell’ultimo Comitato Provinciale ANPI del 9 gennaio scorso avevo già dato una prima informazione su di essa, accolta positivamente. Siamo ora ad un passo successivo: si vanno delineando le caratteristiche dell’organismo che dovrà realizzare il progetto ed i contenuti ed il metodo del progetto medesimo. Sui contenuti della proposta, pubblicata da Fernando su Democrazia Oggi il 7 febbraio, sono pienamente d’accordo: la strada è lunga perché non c’è solo da sviluppare i vari temi ed articolarli in capitoli e lezioni ed eventuali laboratori, etc., ma anche da reperire le risorse necessarie intese come competenze e come finanziamenti e occorre avere le forze per garantire la continuità nel tempo. Ma vale la pena di impegnarcisi. Per l’ANPI direi che è uno degli ambiti più importanti d’intervento: come possono, infatti, essere difesi quei principi nati dall’antifascismo e dalla Resistenza se non chiarendo, oltre al contesto in cui si svilupparono, le forme istituzionali adottate ad hoc, i diritti ed i doveri dei cittadini e quelli dei loro rappresentanti, il delicato tema degli equilibri istituzionali basati sul rispetto reciproco dei rispettivi ruoli e non sul braccio di ferro, etc. E’ quanto in parte stiamo già facendo nei nostri interventi nelle scuole, nei convegni e nei seminari che organizziamo. Pertanto sosterrò senz’altro la proposta presso gli organismi dirigenti dell’ANPI.
Vorrei però aggiungere, concludendo, una nota rispetto alle diverse manifestazioni d’interesse e richieste di partecipazione, anche di partiti, che stanno emergendo. Credo utile mantenere una grande apertura ad altri soggetti ed altre esperienze presenti nella società civile e nelle istituzioni che volessero collaborare all’iniziativa. Ritengo non consigliabile che fra i compartecipanti siano inclusi i partiti politici i quali hanno certamente bisogno di una formazione dei loro quadri, ma anche esigenze promozionali delle loro scelte politiche che potrebbero snaturare il compito che ci si vuole dare; i partiti potrebbero, semmai, se l’iniziativa decollasse, assumere un ruolo di committenti che, nella piena distinzione dei ruoli, potrebbero usufruire dei servizi della scuola. Lo dico, oltre che per convinzione personale, perché l’ANPI ha coltivato nel tempo un senso molto spiccato dell’autonomia che ha contribuito ad aumentarne la credibilità e a farne un punto di riferimento non secondario della nostra democrazia che essa intende continuare a coltivare con cura.

 

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