Coronavirus: sbagliato toccare la Costituzione. Sbagliatissimo comprimere le autonomie. Anche sull’emergenza santaria la Carta è da attuare. Subito!

6 Aprile 2020
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Andrea Pubusa

DPR 11/1972-DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO – Dominio Collettivo dell ...

 Alcuni Costituzionalisti propongono di ridurre il potere delle Regioni o di dare al governo poteri di intervento esclusivi in materia sanitaria, magari compensando questa scelta con l’istituzionalizzazione della Conferenza Stato-Regioni. Il virus non ha confini - si osserva. Ci si chiede: com’è possibile che di fronte a una situazione d’emergenza come quella che stiamo vivendo lo Stato non abbia assunto un ruolo più forte? E alla domanda rispondono in coro o quasi del centro alla sinistra che bisogna statalizzare la sanità.
Solerte, un gruppo di senatori pentastellati  fanno i primi della classe, presentano, a tamburo battente, una proposta di revisione costituzionale, passando la salute pubblica dalla potestà concorrente Stato/Regioni alla competenza esclusiva statale. Basta un semlice spostamento all’interno dell’art. 117 Cost. Il PD, dal canto suo, vuol modificare l’art. 120 Cost., rispolverando la clausola di supremazia dello Stato, di renziana memoria.
Si dice che si vuole “restituire centralità al Ssn”. Sarà una mia deformazione mentale, ma gli entusiastici unanimismi mi lasciano sempre perplesso, ci vedo dentro un certo grado di superficialità e di allineamento ad umori non sempre positivi, tanto più quando segue a distanza di due decenni ad un’abbuffata in senso opposto. Ricordate il 2001? A fine legislatura, con un colpo di maggioranza, il centrosinistra votò la revisione del titolo V e poi lo votammo al referendum confermativo, col bel risultato di eliminare dalla Costituzione la questione meridionale e quella insulare, che oggi peraltro si vorrebbe reintrodurre. Ricordo che anche allora Tonino Dessì e chi scrive, nella direzione regionale del PCI ci mettemmo di traverso, ma senza riscontro alcuno. Allora era la stagione della “questione settentrionale” proclamata anche dai dirigenti comunisti del centro-nord per arginare la la Lega di Bossi. Nella rincorsa non ci si è accorti di spianar loro la strada, introducendo la c.d. “autonomia differenziata”, che oggi contrastiamo. Miracolo della fretta, della superficialità e dei pasticci!
E poi, scusate, la clausola di supremazia dello Stato sulle Regioni voluta da Renzi non l’abbiamo contrastata e battuta, a larga maggioranza, col referendum del 4 dicembre 2016? E sulla sanità non abbiamo detto che la centralizzazione può favorire privatizzazioni massicce dall’alto? E anche il M5S non era su questa linea?
Oggi, contrordine compagni! Ma come non erano convincenti gli ordini di allora, non lo è il contrordine di oggi.
La prima ragione sta nel fatto che non è più tollerabile che ogni manchevolezza, ogni deficienza  dell’azione concreta venga imputata alla Costituzione e non alla politica. Qui ormai, chiunque vada in maggioranza, di fronte alle immancabili difficoltà, imputa la causa alla Carta e ne propone la revisione. In questo modo, la nostra Legge fondamentale viene svilita. Per questo non esiste in Italia uno spirito repubblicano, un patriottismo costituzionale, che unisca tutti gli italiani al di là delle posizioni politiche contingenti. Questo atteggiamento toglie alla Costituzione quella sacralità che invece dovrebbe avere. Così, ad esempio, è negli States, che, non a caso, hanno ancora la Carta approvata a fine Settecento dai padri dell’indipendenza e l’hanno aggiornata, non con revisioni pervasive o spicciole, ma innestando singoli emendamenti su grandi questioni, generalmente per ampliare lo spettro dei diritti fondamentali (abolizione della schiavitù, voto alle donne etc.).
Sotto la sferza del terribile virus oggi lamentiamo una qualche difficoltà a rispondere all’insorgere dell’epidemia. Ma che c’entra la Costituzione? Se lo Stato avesse avuto una potestà legislativa esclusiva, avremmo risposto meglio? In realtà, le criticità iniziali sono addebitabili ad una carenza di generale precauzione? Cosa ha impedito che nelle strutture sanitarie esistessero riserve (mascherine, tute etc.) per un pronto intervento in caso di epidemie? Cosa ha impedito che l’esercito, per esempio, avesse una scorta per casi straordinari di emergenza? Lo ha impedito la Carta? E chi ha fatto sì che gli ospedali siano diventati, anziché luogo di cura, ambiente di contaggio e diffusione del virus? O chi ha trasformato le case di riposo in camere mortuarie? Non sono medico e neppure P.M., non sta a me risolvere il mistero. Ma ha qualche incidenza in tutto questo un’evidente incapacità professionale in gangli essenziali della organizzazione sanitaria o di assistenza? Il  fatto che i primariati vengono assegnati per meriti politici o di gembiulino? O che le  case di riposo siano state privatizzate e in molti casi siano tenute da personale non all’altezza delle situazioni poco meno che ordinarie? Com’è possibile che a fronte di un virus non scattino, nei nosocomi e nelle residenze per vecchi, prorocolli di tutela contro la diffusione? Lo impedisce la Costituzione?
Detto questo, non c’è dubbio che la pandemia mondiale sta mettendo in evidenza un diverso “agire” delle Regioni e soprattutto una notevole difficoltà dello Stato a coordinare gli interventi. E’ una tendenza però non solo italiana, ma anche di ordinamenti con Presidenti forti, si pensi agli States. Ma questo giustifica l’inserimento in Costituzione di una clausola di supremazia dello Stato sulle Regioni? O l’esclusività della competenza legislativa in capo allo Stato? Ho già detto che questo è quanto voleva Renzi e il popolo italiano ha detto NO al referendum del 4 dicembre 2016.  Ci vogliamo rimangiare quanto abbiamo detto nel 2016? Diamo tardiva ragione al trombone toscano?
Le ragioni per rispondere negativamente ci viene da uno studioso come Sabino Cassese, che, contraddittoriamente, sembra invece sensibile agli umori accentratori. Sentite cosa dice in un’intervista  al Messaggero dell’altro giorno: «L’articolo 117 della Costituzione riserva già allo Stato i compiti in materia di profilassi internazionale. L’articolo 120 della Costituzione consente già al governo di sostituirsi alle Regioni in casi di pericolo grave per l’incolumità. La legge 833 del 1978 già assegna al ministro della salute il compito di intervenire in caso di epidemie. Quel che è successo in Italia è dovuto solo alla scarsa autorevolezza del governo centrale, la cui debolezza – in questa materia e in questo frangente - è pari soltanto a quella dei governi centrali americano e tedesco (che sono però due Paesi federali, non a struttura regionale)”.
Dunque, Cassese ci dice che il governo, a Costituzione invariata, può sostituirsi alle regioni e ha il compito, il potere-dovere di intervenire in caso di epidemie come questa. Di più, come ricorda il costituzionalista Roberto Bin in un bell’intervento conrecorrente - la riforma costituzionale del 2001, per altri versi criticabile, in una cosa aveva visto giusto: rafforzando un modello in cui i servizi sociali (sanità inclusa) avrebbero dovuto essere collocati  in periferia, ha però dotato lo Stato di due strumenti fondamentali: la definizione dei «livelli essenziali» dei servizi (i famosi LEP o LEA) e il potere di intervenire laddove questi non fossero garantiti sostituendo le amministrazioni locali di ogni tipo. Questo è il sistema vigente. In esso il Governo è posto a tutela e garanzia dei nostri diritti “di prestazione”, perché, se c’è un principio sacrosanto, è che i cittadini della Repubblica devono godere degli stessi diritti, ovunque abitino, con possibilità di scelta delle prestazioni su tutto il territorio nazionale.
Le norme non possano dire di più. Attribuiscono poteri e doveri, ossia funzioni. Possono dare l’autorevolezza? Credo proprio di no. Qui, il problema è un altro: è quello della responsabilità, della capacità-dovere di chi ha incarichi pubblici di svolgerli con onore e disciplina, che, tradotto in comportamenti, significa, lasciare da parte le schermaglie propagandistiche, e badare, con sobrietà di parole ed effettività, solo alla salute dei cittadini. Volete un precedente? La lotta al terrorismo fu efficace perché l’opposizione comunista mobilitò la sua base a difesa della  Costituzione in sintonia col governo nazionale. La vittoria nacque lì a livello sociale sulla base di una guida seria. Anche qui è la disciplina popolare che sta combattendo ladiffusione e gli operatori sanitari in trincea. Tutto sommato anche il governo sta tenendo botta. Anziché perdere tempo in defatiganti e dannose revisioni costituzionali su queste questioni centrali dovrebbe legiferare il Parlamento senza perdere tempo.
Non pare che la Costituzione abbia bisogno di modifiche. Tanto meno si deve incidere sulle autonomie territoriali, espressione di un principio che la Costituzione mette sullo spesso piano dell’unità all’art. 5. Le autonomie territoriali garantiscono libertà collettive al pari di quanto altre norme costituzionali garantiscono libertà individuali.
Cassese dice che bisogna, nel ripartire le funzioni fra Stato, Regioni e autonomie minori, fare un inventario delle funzioni, onde attagliarle al livello di governo adeguato. Giusto! Ma cosa di più personale c’è della prestazione sanitaria. Cosa più di essa deve stare “sull’uscio di casa“? Certo questo vale per le prestazioni elementari, poi si sale pian piano a quelle di più ampio spettro, fino a giungere alle pandemie. Ecco solo per queste è giustificato un potere di regolazione esclusivo dello Stato, che già è attrinuito, come ha detto lo stesso Cassese. Per le altre funzioni la presenza della Regione è ineludibile.  Di nazionale occorre, nel caso dell’attuale pandemia, soltanto un quadro chiaro unitario e la mobilitazione. Il primo si può e si deve creare in forza delle attribuzioni statali. La seconda, ad onor del vero, mi pare che già sia visibile nelle piazze deserte e nella case piene. Le pulsioni accentratrici non pensano alla lotta alla pandemia, hanno altre mire. Si lasci in pace la Carta!

2 commenti

  • 1 Tonino Dessì
    6 Aprile 2020 - 07:15

    Caro Andrea, in questi giorni ha dilagato a destra e purtroppo a manca, sul web, l’intervista a Sabino Cassese che tu hai citato e sulla quale a mia volta faccio qui alcune considerazioni che evidenziano come certe posizioni, anche quando autorevolmente sostenute, non siano innocenti sul piano politico nè inoffensive sul piano della democrazia costituzionale. In quell’intervista al quotidiano Il Messaggero Cassese parte da considerazioni sulla straordinarietà di una situazione inedita come quella attuale per proporre qualcosa che con la straordinarietà non ha a che vedere. Sostiene cioè che nell’ordinarietá la gestione del SSN deve diventare di competenza statale. Nel dibattito politico-istituzionale questo significa non tanto che la potestá legislativa sui principi fondamentali e quelle di coordinamento, di programmazione su scala nazionale e di controllo deve esercitarle lo Stato (com’è giá oggi, nella disciplina del Titolo V Cost. riformato nel 2001, non solo per l’ordinario, ma, in virtù della clausola di supremazia speciale variamente disseminata nelle norme costituzionali, anche per l’emergenza), quanto che la gestione dei servizi sanitari dev’essere di competenza statale. Ossia che le strutture della sanità territoriale, faticosamente costruite dalle Regioni a partire dal 1978 -asl, ospedali, servizi della medicina di base- debbono diventare servizi decentrati del Governo, quindi del Ministero della salute. Ciò da un lato richiederebbe la dimostrazione che lo Stato-amministrazione sia in grado di gestire i servizi pubblici territoriali meglio delle Regioni, cosa di cui in generale, nei suoi scritti da studioso dell’organizzazione pubblica, più che da giurista, lo stesso Cassese ha sempre e argomentatamente affermato di dubitare. Dall’altro si tratta di un’impostazione che non garantisce affatto che lo Stato li mantenga nella propria gestione diretta e che non li appalti alla gestione privata, in tutto o in parte, orizzonte al quale Cassese e l’area politico-culturale liberalsocialista cui appartiene sono storicamente tutt’altro che contrari. Perciò l’intervista ha poco a che fare con l’emergenza e assai più ha a che fare con la politica contingente in senso stretto. Tanto è vero che esordisce riconoscendo che esiste la clausola di supremazia speciale, ma sostenendo che “questa” maggioranza e “questo” governo non la esercitano adeguatamente, perché sono politicamente troppo deboli, per di più dovendosi confrontare con Presidenti delle Regioni forti dell’investitura popolare diretta. Si tratta di un’opinione politica, non costituzionale, come tale contingente, opinabile, ma pienamente in sintonia con un’altra discussione in corso, quella sul Governo Conte. Direi che proprio neutra e “istituzionale” o limitata all’ambito “funzionale”, la posizione di Cassese riportata nell’articolo del quotidiano romano non si possa definire.

  • 2 aladinpensiero
    6 Aprile 2020 - 10:13

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=106360

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