Antonio Dore, un comunista e irriducibile antifascista

13 Maggio 2020
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Roberta Guiso


(Una foto giovanile di Antonio Dore)

Conobbi Antonio Dore che era già anziano, era molto amico di mio padre.
Era uomo mite e  cortese. Non aveva ancora 22 anni (era nato il 17 dicembre 1906 a Orune, dove il padre era medico condotto) quando, il 28 giugno 1928, fu arrestato per la prima volta a Cagliari dalla Polizia Fascista.
Il padre Francesco, olzaese, era amatissimo dai suoi “clienti” pastori, che curava praticamente gratis. Quando si presentò alle elezioni, nella lista dei radicali sassaresi quella di Garavetti e di Enrico Berlinguer, fu eletto trionfalmente nel collegio di Nuoro.
A Roma, dove il padre deputato trasferì la famiglia, già nel 1913, Dore conobbe Antonio Gramsci. Aderì dunque al PCd’I, lui era seguace di Bordiga, il primo segretario..
Nel 1928, dopo la bomba alla Fiera di Milano e la grande caccia ai comunisti in tutta Italia, tornò a Cagliari, dove il clima era meno duro. A Cagliari venne arrestato il 28 giugno 1928, dopo che la polizia trova in casa di Anna Bessone un ciclostilato, “Sardegna”, il giornale clandestino che lui stesso ciclostilava.
Viveva in via Siotto Pintor da studente. Qui la polizia trova altro materiale che lui avrebbe usato per fare il giornale. Non ci son dubbi: è lui l’autore. Nella sua piccola biblioteca ci sono libri di autori russi e anche Labriola e Croce.
Il Tribunale speciale lo confina a  Lipari per 5 anni, poi ridotti a 3, dove conosce la “comunità” di antifascisti tra cui Lussu, Rosselli, il comunista cagliaritano Manunza.  Per lui una vera scuola politica.
Quando esce nel ‘32, il padre gli trova un piccolo impiego quasi da fattorino nella “Stampa Cattolica” a Bologna. Qui lui, determinato e coerente, riannodò i contatti con la rete clandestina comunista.  Al rientro in Sardegna, vive tra Nuoro e Olzai, dove lui è costretto ancora al confino, sempre sotto il controllo della polizia.
Nel 1936 durante un corteo per la vittoria italiana in Abissinia non salutò il gagliardetto, che attraversava il paese, fu condannato di nuovo al confino, per 3 anni a Torricella Peligna, provincia di Chieti. Tornò l’8 marzo 1939, e subito di nuovo arrestato per  contatti con antifascisti collegati al pittore Carmelo Floris. Ebbe ancora 2 anni di ammonizione.
Intanto si innamora di Anna Rosa, sorella di Graziella Sechi a sua volta moglie di Dino Giacobbe, luogotenente storico di Lussu.
Quando torna a Roma, il fratello Giampietro  gli trova un impiego come rappresentante di libri alla casa editrice cattolica Le Monnier. Qui riallaccia i contatti con la rete clandestina del PCd’I. Il 25 luglio 1943, con la caduta di Mussolini, torna a Nuoro alla testa del corteo antifascista con le bandiere rosse. Viene eletto segrtario del PCI  al I Congresso regionale di Iglesias. Ma  subito dopo prevarrà una maggioranza sulla linea togliattiana che elegge nuovo segretario Velio Spano. .
Decide di tornare nei ranghi disciplinatamente, lui credeva che i militanti del PCI dovessero fare così. Al PCI sarà sempre fedele, sinché negli anni 70 non diventerà sindaco, un sindaco apprezzatissimo, del suo paese, Olzai.

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