Carbonia. Le leghe e il Partito comunista danno carattere nuovo alla protesta

26 Luglio 2020
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Gianna Lai

Sardegna:il PCI esce dalla maggioranza regionale - Partito ...

Nuovo appuntamento domenicale con la storia di Carbonia. L’inizio il 1° settembre 2019.

Nel mese di agosto le denunce per la mancata distribuzione delle derrate alimentari alla città affamata si fecero di nuovo pressanti e già si annunciavano nuove agitazioni, quando i rappresentanti sindacali dei minatori furono raggiunti da una convocazione del Comando alleato, presso la sede di via Trieste. A questo importante incontro parteciparono Renato Mistroni, Vincenzo Pirastru e l’ingegner Russo (Russoni), ben noti agli americani come dirigenti sindacali e di partito. I quali, convinti di dover discutere con le autorità militari dei problemi della città e delle richieste operaie, si videro improvvisamente accusati di sabotaggio, i veri responsabili, secondo le forze di occupazione, della protesta e dei disordini di febbraio, messi in atto  per ostacolare e danneggiare la produzione mineraria. Con forza i tre sostennero piuttosto che la protesta spontanea nasceva dalle pessime condizioni di vita in cui versavano i minatori, sempre disposti invece a lavorare di più, se fosse migliorato il trattamento in miniera e migliorate le razioni alimentari.  E mentre i toni del Comandante si facevano più minacciosi e la posizione di Mistroni, Pirastru e Russo sempre più precaria, del resto gli alleati non avevano mai preso in considerazione seriamente l’intervento del PCI contro gli assalti ai magazzini, -è lo stesso Mistroni a ricordarlo-, fra le centinaia di operai che pacificamente attendevano l’uscita dei loro rappresentanti lì di fronte, si sparse la notizia che i tre dirigenti rischiavano di essere   arrestati e deportati in Africa, come prigionieri politici. Fu questo l’inizio di una nuova estesa protesta  popolare,  la sede degli alleati ancora circondata  da una massa che andava via via ingrossandosi, ma in maniera sempre controllata e composta, fino ad assumere il carattere di un vero e proprio presidio permanente. Che fu pronto a sciogliersi, tuttavia, non appena i tre vennero congedati dalle autorità militari e poterono  liberamente raggiungere i manifestanti, per spiegare con chiarezza le ragioni del loro ‘fermo’ e  rassicurare così l’intera  popolazione. ‘Finalmente, e almeno per questa volta, il partito riuscì a conquistare il diritto di esprimere opinioni sulla vita politica cittadina e ad acquistare credibilità agli occhi degli occupanti alleati, già così autorevole agli occhi dei lavoratori’, come racconta ancora  Renato Mistroni. Ed anche gli operai seppero riconoscere nell’esito di quel drammatico confronto, l’inizio di un processo di cambiamento, una rappresentanza più forte, un’intesa nuova con l’organizzazione quindi, prendendo in prestito le parole di G.Sotgiu ‘un sindacato aperto alle aspirazioni e ai problemi della classe operaia, per uscire da quella estraneità verso il popolo’, manifestata dal PCI  nei confronti del ’sovversivismo popolare’,  durante l’inverno 1943-44.
Sui temi dello sfruttamento in miniera  e sulla questione degli approvvigionamenti  c’era un punto di vista che, con fatica,  veniva crescendo tra i lavoratori e di cui  Comando militare e Prefetto non potevano non tener conto,  riconoscendo sostanzialmente, in tal mdo, la nascita a Carbonia di un  nuovo soggetto politico. Altre manifestazioni e astensioni dal lavoro si sarebbero succedute nei mesi successivi in miniera, come quelle descritte dal prefetto a settembre, nei pozzi di Bacu Abis, contro la ‘ritardata distribuzione dei generi razionati, durante le quali alcuni sconsigliati percuotevano elementi già iscritti al fascio,’ fino a inscenare, ‘la stessa sera, circa 250 operai, una manifestazione ostile al Commissario prefettizio, recentemente nominato a tale carica, chiedendo il suo allontanamento e la conseguente nomina del dirigente comunista Renato Mistroni’. Approvvigionamento, salari  e  sfruttamento in  miniera, i temi su cui  partito e sindacato intendevano discutere  con i rappresentanti delle truppe di occupazione, per definire condizioni di vita meno infelici nella città ormai non più in grado di assicurare abitazioni ai nuovi arrivati. E garantire l’apertura immediata delle scuole e nuovi servizi di assistenza sociale e sanitaria, di medicina del lavoro in miniera e presso il piccolo ospedale INAIL, in città.
Il partito ribadì ancora la necessità del  passaggio di tutte le cooperative di consumo gestite dalla SMCS, la sola a rifornire di generi di prima necessità  l’intera popolazione, ad un unico ente provinciale, che avrebbe potuto assicurare l’approvvigionamento alimentare della città a prezzi più equi. Chiedendo anche la costituzione di commissioni popolari per la vigilanza annonaria, come  avrebbe ricordato Il lavoratore del 10 luglio 1945.
Ci si assumeva il compito, il dovere, di contribuire ad affrontare l’emergenza postbellica, in un lavoro continuo per render più responsabili le masse popolari, pur respingendo il Comando alleato ancora il dialogo, la collaborazione e ogni proposta che venisse dalla sinistra. E contrastarne semmai la presenza in città e impedire la crescita di una opposizione consapevole alla politica della restrizione e della intransigenza, causa prima della rabbia degli operai in quei mesi, come ancora racconta Renato Mistroni: ‘forti per aver mantenuto in piedi il partito nella clandestinità e per la partecipazione alla Resistenza,  i comunisti erano considerati molto pericolosi dagli americani, che ci accusavano di voler estendere la nostra egemonia ben oltre i confini della città. E quando noi, ritenendo di non esser in grado di  fare la rivoluzione, dichiaravamo di combattere per una democrazia più avanzata, essi rispondevano che si trattava di tatticismi per mascherare ben altre intenzioni’. Di qui gli ostacoli continui alla vita della sezione  e all’attività sindacale, specie durante quei primi mesi del 1944, quando essi tentarono addirittura, ma inutilmente, di imporre la loro presenza nelle riunioni di partito. Autoritarismo e provvedimenti repressivi, specchio del comportamento dei paesi vincitori nei confronti dei vinti,  che ponevano l’Italia, come dice Ernesto Ragionieri, ‘in condizioni di sovranità limitata’
E si aprirono alla fine le trattative in città con i rappresentanti dei minatori, che valsero a chiarire la situazione dei rifornimenti alimentari, impediti dal blocco dei trasporti su tutto il territorio isolano.  Il Comando alleato spiegò che i beni di prima necessità, custoditi nei magazzini di Carbonia, erano destinati ai militari, mentre l’approvvigionamento  degli abitanti sarebbe stato assicurato, come da tempo richiesto dal PCI, a livello provinciale dallo stesso prefetto. Al quale le truppe d’occupazione avrebbero fornito le vettovaglie per la città nell’ambito degli aiuti UNRRA, destinati alla provincia di Cagliari. Che diveniva Ente  annonario del Sulcis, per la distribuzione dei generi alimentari UNRRA ai comuni del Sulcis-Igesiente, così si legge ne ‘Il funzionamento del sistema annonario nel Sulcis’, sull’Unione Sarda del 15 giugno 1944.
La vertenza sul razionamento si spostò allora a Cagliari, in Piazza Palazzo,  dove il prefetto Sacchetti, più comprensivo e sollecito, di fronte alle richieste dei rappresentanti politici e sindacali del Sulcis, assicurò nuovi rifornimenti alimentari, che giunsero in città a soddisfare, almeno per il breve perodo, le esigenze degli abitanti.
Gli operai avrebbero ricevuto a partire dai primi mesi del 1945 200 grammi di pane al giorno, 500 di pasta alla settimana, insieme a razioni speciali giornaliere, quale compenso tuttavia per un’intera settimana lavorata, di 49 grammi di minestra, 50 grammi di verdura essicata, 60 grammi di carne e verdura in scatola, 200 grammi di granoturco e 250 grammi di formaggio 3a)
Se quanto ottenuto era frutto della mobilitazione popolare  e dell’impegno della rappresentanza sindacale e politica presso le autorità civili e militari, certo non si poterono evitare in seguito altre forme di protesta, una volta entrato  ancora in crisi il sistema degli approvvigionamenti. Ma a quei primi accordi sarebbe poi seguito spesso l’intervento diretto del prefetto di Cagliari che, già durante la visita in città, nel novembre di quell’anno, avrebbe incontrato il Commissario prefettizio, il Comitato di Concentrazione antifascista, il Maggiore Max E. Mathews ed il tenente colonello Price, ‘per parlare delle aspirazioni  e dei bisogni della popolazione e dei suoi 5 mila minatori’. In quell’occasione la solidarietà per gli operai di Carbonia da parte dell’Unione provinciale dei lavoratori dell’industria.

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