Carbonia. Assidua presenza dei dirigenti e dei parlamentari comunisti in città. Sulla difesa di Carbonia, Velio Spano al Senato, Renzo Laconi alla Camera

16 Gennaio 2022
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Gianna Lai

Domenica ergo post sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.

 

 

 Più intensa la presenza cittadina di deputati, senatori e dirigenti del Fronte Popolare per rendere conto della loro attività, nel partito e in parlamento, a sostegno della lotta dei minatori, da Renzo Laconi, Velio e Nadia Spano a Luigi Polano, Giovanni Lay, Armando Congiu e il consultore comunista Giuseppe Borghero. Come dice la prof. Maria Luisa Di Felice, ricchissimi gli appunti di Laconi dedicati a “quel cruciale 1948 sulcitano”, sui suoi “Quaderni”: documenti e informazioni avrebbero dato corpo alla battaglia parlamentare per la difesa delle miniere sarde”. Fu proprio grazie all’impegno della sinistra e del sindacato, conclude la Di Felice, che la questione del Sulcis avrebbe trovato vasta eco nazionale, spingendo parlamento e governo ad affronatare i problemi dell’industria carbonifera e dei lavoratori del bacino sulcitano”.
“ll 23 giugno, mentre si svolgono le trattative su come affrontare la crisi tra azienda e sindacato, Velio Spano pronuncia in Senato il suo discorso “Pericolo di chiusura a Carbonia, la linea liquidatrice del governo”, testo integrale su L’Unità del 25 di giugno 1948. Dure accuse contro SMCS e SES e denuncia di assoggettamento economico agli USA e alla politica monopolistica della Montecatini, tendente a impedire in Sardegna la produzione di concimi chimici. In nove mesi accumulato un miliardo di deficit, “25.000 lavoratori rischiano di essere esposti alla fame, 150.000 le persone che vivono dell’attività dell’intero bacino”, così l’incipit. E ricorda il relatore comunista come, secondo lo stesso ingegner Spinoglio allora direttore generale, fino all’ottobre del 1947 l’impresa non fosse deficitaria, avesse raggiunto il pareggio, poichè si vendeva qualunque combustibile a qualunque prezzo, senza timore di concorrenza proveniente dall’estero. Quella avrebbe dovuto essere l’occasione per potenziare le miniere, mentre nulla si fece per garantirne l’attività e qualificarne la manodopera, sì da ridurre i costi e aumentare la produzione. Basso dunque il rendimento individuale, quattro quintali giornalieri-uomo, contro gli otto del Belgio e dell’Inghilterra, ancora più alto il rendimento negli USA e nell’URSS: un carbone così povero di calorie non avrebbe dovuto essere bruciato ma trattato con procedimenti chimico-industriali, perché ricco di sottoprodotti, in appositi impianti di gasificazione locali. Prosegue quindi il senatore, “diciamo queste cose da quattro anni, ma voi del governo avete sostituito Rostand con Chieffi, uomo legato a voi politicamente, economicamente alla Montecatini, e lo appoggiate quando fa il poliziotto con gli operai … Avete creato un ambiente di repressione, per cui si cerca apertamente di limitare anche il diritto di sciopero, ….vedi le ultime minacce contro i minatori a Bacu Abis ….. Avete escogitato una diminuzione dei cottimi, nonostante la diminuzione del costo di produzione a maggio, per tonnellata-carbone, risulti di 600 lire inferiore a quello di otto mesi fa…..; e la direzione propone agli operai, nel caso di un loro volontario allontanamento dal lavoro, oltre la liquidazione del licenziamento di competenza, il rimborso delle spese di viaggio fino al luogo di origine, per loro e per la famiglia, ed una indennità di lire 10.000 mensili per tre mesi”. Ormai in miniera si contano “1.500, tra guardie autentiche e spie della direzione, veri elementi improduttivi e mentre si trasferiscono e si licenziano gli operai, aumenta il numero dei capi servizio e dei sorveglianti”. Ed ancora “si chiede un aumento della produzione ma poi si squalifica la manodopera specializzata, spedendola a Tratalias, e si lasciano andare in malora le vecchie attrezzature. Un incendio da mesi è in atto, a Pozzo Roth, che minaccia di far franare la miniera: tra incendi e frane mal controllati, gli operai hanno l’impressione che si voglia distruggere l’intera attività produttiva. Nè si registra mai da parte della direzione la volontà di risparmiare, basta pensare che la SMCS compra dalla SES circa 80.000.000 di Kwh annui, pagati parte in carbone e parte in danaro. L’energia costa ora alla SMCS circa 11 lire a kwh e si risparmierebbero 440.000.000 di lire annui se la SMCS avesse una sua centrale: cifre queste già contenute nel Piano per l’industria. Ma la SES, che ha costruito gli impianti con i denari dello Stato, che fa funzionare le sue centrali termiche col carbone dello Stato e che realizza profitti ingenti di speculazione, “ha trovato in sede di Consulta e di governo la protezione degli uomini politici sardi, sostenitori [n.d.a.] del ministro dell’agricoltura, onorevole Segni”. E poi ci sono gli interessi monopolistici della Montecatini, ricorda alla fine del suo intervento Velio Spano, “che si oppone alla produzione di concimi chimici a basso costo in Sardegna, mentre il governo ha interesse di disperdere questa solida avanguardia della democrazia in Sardegna, costituita dalle masse operaie del Sulcis”.
Risale agli ultimi giorni di giugno la denuncia di Renzo Laconi sull’imminente importazione di 850.000 tonnellate di carbone estero e, contemporaneamente, su una spesa da votare in parlamento di 600.000.000 di lire destinate all’ACaI, onde fronteggiare la crisi nel suo complesso. La questione, giunta alla Commissione Tesoro di Montecitorio, aveva visto l’intervento dell’onorevole Francesco Chieffi, deputato e presidente della SMCS, “contrario all’approvazione del provvedimento”. E poi dello stesso Laconi, durante il dibattito parlamentare, quando avrebbe di nuovo sostenuto, come ricorda ancora la prof. Di Felice citando insieme il Quaderno n. 60, che invece “occorreva porre mano al Piano Levi, e cioè al progetto di risanamento redatto dall’omonimo ingegnere, presidente dell’ACaI e preside del Politecnico di Torino”: impiego del minuto in “una centrale termoelettrica, per la produzione di energia, e in impianti per la distillazione e la gasificazione del carbone”. Sfruttare le potenzialità del bacino carbonifero e garantire l’occupazione, “rinnovando e diversificando il quadro produttivo anche con la coltivazione di nuove miniere”. Anche Laconi a soffermarsi “sugli aspetti tecnici del risanamento e dello sviluppo industriale”, temi centrali e caratterizzanti per tutto il movimento, nella lotta in difesa delle miniere.

E poi riprende quei temi Giovanni Lay su L’Unità del 23 giugno 1948, ricordando in chiusura come i comunisti furono, “fin dal 1943, i più tenaci difensori degli operai, laceri scalzi e senza pane, quando ancora i sindacati liberi non erano in grado di farlo”. E poi Nadia Spano durante un’affollata assemblea popolare cittadina, come riporta L’Unità del 29 giugno, che al governo ricorda la mancata attuazione delle riforme secondo Costituzione, in particolare rispetto alla grave crisi del bacino carbonifero minacciato di smobilitazione: a prevalere “la politica antinazionale di asservimento economico allo straniero fatta dalla DC”, mentre la battaglia condotta dai minatori per la difesa del loro pane assume, di giorno in giorno, ” un alto valore nazionale”, come tutti i democratici sono pronti a riconoscere.

 

 

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