Camminare l’antifascismo. La memoria come ribellione all’ordine delle cose

10 Maggio 2022
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Gianna Lai

Domani  Mercoledì 11 maggio nella sede della CSS in Via Marche 9 - Cagliari - ore 18, l’ANPI presenta il libro di Guadagnucci alla presenza dell’Autore.

 

 

 

“Dal bosco non vedevamo quel che succedeva, ma sentivamo qualcosa e capimmo”, spari e fumo: “la mattina quando tornammo…nell’aia, davanti al casale c’erano i corpi delle nostre donne, dei

nostri familiari”. Testimone del crimine di guerra a Marzabotto, Ferruccio,

il contadino che nel 1944 aveva 16 anni. Prima tappa di un cammino di conoscenza che vuole fare i conti con le vicende personali di ciascuno, riflessione interiore e scelta di pace. E chiarisce subito Lorenzo Guadagnucci, rivolgendosi direttamente al lettore, che il cammino da Monte Sole a Sant’Anna di Stazzema, piccole capitali morali d’Italia, accanto alla linea gotica, “è per noi la linea della Resistenza”, lapidi e monumenti dapertutto.

“Camminare l’antifascismo. La memoria come ribellione all’ordine delle cose”, di Lorenzo Guadagnucci. Gruppo Abele Torino 2022, è “scavo nella profondità della storia”, di un antifascismo come percorso civile e politico. Una camminata della pace scandita dal passaggio continuo in ambienti diversi, luoghi che sollecitano una riflessione collettiva, nel gruppo dei pellegrini, sulla storia, il significato del camminare e il senso del nuovo antifascismo. A intrecciare passato e presente e porre il lettore stesso di fronte a scelte di impegno civile, non bastando l’indignazione personale a combattere i nuovi fascismi che si esplicano, in particolare, col respingimento dei migranti e gli atti di razzismo nei loro confronti. Già a partire dalla visita dei luoghi, Marzabotto, Cerpiano, Casaglia, Caprara, Pioppa Cadotto, 700 persone trucidate dai nazisti di Reder, ora luoghi disabitati. L’Ostello della Piccola famiglia dell’Annunziata, fondata da Dossetti, “pilastro della memoria, luogo di approdo per pellegrini”, intesi come “viandanti del ricordo”. E la Scuola della pace e la tomba di Dossetti. Nicola, “lo storico” del gruppo, il primo a intervenire, già indicando dall’alto del colle sopra il Reno, come un tempo il luogo fosse puntellato di casolari, ovili e greggi al pascolo: il vento invece, ora, a farla da padrone. Come nacquero le bande combattenti del luogo, non inquadrate nelle formazioni partigiane ufficiali, e chi era il mitico Lupo che capeggaiva Stella rossa, “mina vagante dell’universo partigiano”. La chiesa di Monzuno a conservare la targa che ne ricorda la nascita, novembre 1943, centinaia i combattenti, il bosco, un sicuro rifugio per tutti dopo le azioni contro i nazifascisti.

Dal 29 settembre al 5 ottobre 1944 durò il rastrellamento nazista e la strage, Lupo tra i primi a morire: Marzabotto, Monzuno, Grinzana, per ogni luogo una storia, un ricordo di donne e uomini resistenti, così forte il trauma dei sopravvissuti, al punto che nessuno resta a viverci in quei luoghi. Solo la Piccola famiglia, 7 frati e 16 suore, presenza stabile per i camminatori. E se l’autore ricorda con tanto affetto la figura di Dossetti, presidente del Comitato di Liberazione di Reggio Emilia e costituente e poi deputato, è perché é dal sacrificio di quel popolo e da quella figura di padre della patria che nasce l’esortazione a mantenere forti i valori della Resistenza, vivo il sacrificio dei partigiani e delle partigiane. Per questo motivo, in piena Repubblica, Dossetti abbandona la sua comunità di frati e suore per fondare, nel ‘94 i Comitati Dossetti in difesa della Costituzione,contro la legge di modifica scritta dai governi di Berlusconi.

E’ Doriana, a conclusione della giornata, quando la riflessione si esprime ad alta voce e diviene ben presto dibattito fra questi “antifascisti partigiani dello spirito”, ad accusare per prima un senso di solitudine di fronte all’imponenza di quei fatti, di quella storia. E se i giudici hanno condannato le stragi come crimini contro l’umanità, è Fabiano a parlare ora di pacifismo assoluto contro tutte le guerre, che portano dolore e morte, attaccando sopratutto i civili. Ancora sul dovere di disubbidire la discussione collettiva, che non ripaga certo delle sofferenze subite, nessuna estradizione dei responsabili, come nessun generale italiano estradato in Grecia e in Iugoslavia per gli stessi crimini di guerra ivi commmessi, e poi il retaggio ancora più lontano dei crimini fascisti di Addis Abeba, ad opera del generale Graziani, nel 1937. E l’Armadio della Vergogna con i fascioli delle stragi di Marzabotto, ben riparato in luogo sicuro fino alla sua scoperta e all’avvio dell’inchiesta di La Spezia.

Il dovere di disobbedire, ricorda Nicola nell’incontro serale, quello che dà ad ogni passo compiuto durante il giorno il vero significato dell’umanità racchiusa in ciascuno: apprenderne collettivamente la capacità di esprimerla, quella umanità, i camminatori maestri di se stessi che, sapientemente, riescono a trarla ognuno dal proprio bagaglio culturale, messo a disposizione di tutti. Così la volontà di costruire nuovo impegno a fine camminata per, semmai, programmarne già un’altra subito dopo, magari con altri compagni e compagne. Quel tenere gli occhi sempre ben aperti sul paesaggio che si attraversa, il cambiamento dello spazio, accompagnato da un tempo ormai diverso, certo, ma ancora così fortemente colmo, denso di storia e di memoria, sapendo tornare, con i camminatori del gruppo, ai valori per i quali donne e uomini, qui, si sono riuniti e opposti all’oppressore, durante la Resistenza E la loro eredità nei valori della Carta e nell’esempio permanente di un popolo che si ribella. Questo lo spirito che si oppone alla guerra nella Scuola della Pace di Montesole, parola antifascista la pace, per la quale combattono i partigiani in quei monti e il popolo che li sostiene, pagando con la vita stessa. Ed oggi Lorenzo e i suoi compagni e compagne, nell’atto simbolico stesso del camminare, a metterlo al servizio, quello spirito, dei più deboli e dei migranti, in questo mondo non ancora liberato dai nazionalismi e dai razzismi. I quali fuggono le guerre e le carestie e la fame, foriere a loro volta di guerre, nella geopolitica della conquista, della spartizione del potere, nell’inquietante modernità degli anni duemila. Pur se essere pacifisti e dalla parte dei deboli continua ad esporrene alla derisione dei “realisti”, l’articolo 11 della Costituzione, tuttavia, a conforto, retaggio e memoria di quei luoghi e della lotta partigiana.

Pensieri e discorsi che meglio prendono corpo nella seconda meta del Cammino, se “camminare è un atto politico”. Monte Castello e i battaglioni dei soldati brasiliani che combattono nell’esercito degli Alleati, ancora un territorio costellato di lapidi e monumenti, tra Bologna, Modena e Pistoia, verso la seconda tappa,c Sant’Anna di Stazzema. La notte, gli scritti del comandante Toni, di Giustizia e Libertà, ad accendere la discussione, e a Maresca l’operaio partigiano che ricorda la vicina Repubblica di Montefiorino, e lo studioso dell’Istituto storico della Resistenza, col suo scritto “La Resistenza non violenta”. La Resistenza civile di chi non ha le armi, nelle fabbriche, nelle campagne, nelle scuole, di chi ha aiutato gli ebrei, quella dei deportati e dei militari internati, delle donne, della stampa clandestina, dei Comitati di liberazione, un potenziale di rivolta “dal valore immenso”. Rivolta civile morale e politica che responsabilizza per l’agire dell’oggi, così, ancora, “la dimensione nobile della disobbedienza”, come la chiama l’autore, la discussione sui volontari del Mediterraneo che salvano i migranti, e che dà spessore alla continuità fra le forme della resistenza civile e il tempo presente perché, da sola, “l’indignazione non basta”.

Verso Sant’Anna, a ricevere il gruppo c’è Valerio, già vicecommissario politico della Brigata Bozzi, il fascismo presente nel culto dell’autorità, nell’attitudine alla sottomissione, nel ritorno prepotente del nazionalismo, mentre si narra delle stragi di quei luoghi. E Sant’Anna, medaglia d’oro al valor militare, ancora sprone a batterci per la pace. La Camminata vi giunge l’11agosto, per partecipare al ricordo di quelle 400 persone uccise nell’assalto nazista del 1944: fiaccolata la sera, risalita al monumento il giorno dopo, il 12. Un’azione di guerra ai civili, poche le case rimaste nelle piccole frazioni , al centro la chiesa, il bar e il museo. Con i ragazzi della pace, italiani e tedeschi, provenienti dalla Scuola per la pace, per andare oltre l’emotività e costruire conoscenza storica e coscienza politica

Ecco, le figure del gruppo si stagliano man mano nella narrazione e si confondono tra loro, per riemergere poi nuovamente come singole, volendo a tutte, Guadagnino, restituire spessore. Nella coralità di un pensiero che si rafforza con la salita al monte, la Via Crucis civile e religiosa, fino all’ossario in cima alla collina: da Tiziano, col fazzoletto Anpi al collo già all’inizio del viaggio, “qui è passato il nazifascismo, l’antifascismo, quale la sua missione?”, fino ai tre giovani presenti nel gruppo, fino a Patrick, il ragazzo del Ghana che ora sventola, come fosse bandiera, la copertina arancione con la quale sbarcano i migranti. Anche a lui affidare la nostra memoria, con lui condividere il nostro antifascismo. Bastastragi, porti aperti, si legge nei cartelli che i camminatori espongono ai passanti, di fronte al monumento: festeggiare il 12 agosto, legando la Resistenza alla lotta dei migranti per la sopravvivenza. E la lettura da D. Walcott, “L’onda della marea dei rifugiati….”, e il canto finale di Bella ciao a chiudere.

“La nostra piccola impresa pedestre si chiama Camminata per la pace e l’approfondimento della storia fa parte della nostra missione”: oltre l’emotività, il trattamento della storia e della memoria da fare con rigore e prospettive chiare.

Una narrazione ricca e fortemente caratterizzata dalla consapevolezza che, man mano, i personaggi acquisiscono nel saper legare e intrecciare i fili del presente col passato. Vero processo di conoscenza la Camminata di Guadagnino, anche per chi legge, un lavoro di ricerca che restituisce giustizia all’impegno per la costruzione di una memoria collettiva, fatta di approfondimento, riflessione e dibattito aperto. Storia e trasmissione del ricordo per il nostro calendario civile e, tra le letture consigliate in ultima pagina, l’Atlante delle stragi naziste e fasciste.

In quella prostrazione che prende Lorenzo dopo l’intenso ritorno alla memoria familiare, si staglia il ricordo di suo padre, ragazzo superstite della strage di San’Anna, e di sua nonna morta nell’eccidio. Presso una lapide e una dedica della Scuola elementare di Avenza, la sua visita finale: “I luoghi delle stragi fanno star male ma possono illuminare una vita, accendere una passione”.

 

 

 

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