Carbonia. I 72 giorni negli articoli di Peppino Fiori su L’Unione Sarda di dicembre. “Come si può pretendere di svuotare un simile movimento del suo enorme significato, per conferirgli un generico colore politico?”. La dichiarazione di Spano

18 Settembre 2022
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Gianna Lai

 

Oggi il nuovo post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.

 

 

E il giorno successivo, giovedi 16 dicembre, ancora i titoli dell’Unione Sarda, neli articoli di Peppino Fiori: Mentre l’orizzonte si rischiara. Affidato alle decisisoni di Roma il futuro destino di Carbonia. Frattanto le paghe sono state rinviate. Poliziotti e operai fraternizzano a Bacu Abis. Due carabinieri svenuti in un pozzo. Stamani comizio del senatore Velio Spano. In continuità con la giornata precedente la stesura dell’articolo di Peppino Fiori inviato a Carbonia. “Pietro Cocco, segretario del sindacato minatori, si dava da fare in galleria per convincere gli amici alla resa,… e garantì ai resistenti la calata nei pozzi degli operai del turno successivo e assicurò che sorveglianti e capisquadra, pur accompagnando i minatori in galleria, non avrebbero compilato il consueto rapportino. … Fu così che sui castelli le pulegge ripresero a girare e le berline tornarono ad affacciarsi dai montacarichi che a tratti affioravano. Ma all’alba di stamane gli operai del gruppo di Serbariu, conosciuta la soluzione cui erano pervenuti i compagni di Bacu Abis, pretesero di estendere anche loro l’impegno dei sorveglianti di non presentare il rapporto. Avvicinarono così i loro diretti capisquadra e, fatto esprimere il proposito di ognuno, allontanarono quelli che manifestavano l’intenzione di collaborare con i dirigenti”. Nel mentre, i provvedimenti repressivi da parte dell’azienda, “ai segretari di cantiere è stato consegnato stamani un biglietto attraverso il quale li si informa che, per mancanza di quattrini, le paghe non possono essere effettuate. E’ facile figurarsi l’umore delle maestranze. La quasi totalità degli operai vive alla giornata con i pochi soldi rimasti, se ne sono rimasti, dall’ultima paga, o con gli esigui soccorsi portati giorno per giorno dalla Camera del lavoro. E, pur nella etichetta politica che da più parti si vuole infliggere a questa agitazione, vi è chi in essa vede una vena di umanità sostenendo che, chi per soccorre il compagno fa in due il pane e la foglia di lattuga di cui dispone e si indebita e lotta a occhi chiusi contro la propria fame, ebbene questo uomo, rosso o bianco, comunista o cattolico, ha mille ragioni per essere sostenuto e incoraggiato. Ho parlato con uno di loro, uno dei più vecchi della città, “rimane il fatto che a Carbonia, contro i favoleggiati salari, un manovale specializzato prende al giorno 814 lire, con non più di 22 giornate lavorative ogni mese, che un operaio qualificato arriva appena alle 897 lire. … Rimane il fatto che, dopo un anno di esperienza, almeno essi hanno capito che il loro avvenire, con l’avvenire della città che li ospita, non può essere legato al carbone senza nuovi adeguati impianti di utilizzazione,… sanno che, diminuendo loro i cottimi e aumentando i prezzi delle case, della luce e del carbone di assegnazione, l’azienda racimolerà si e no, come ha riconosciuto lo stesso onorevole Chieffi, l’irrisoria somma di 300 milioni annui, del tutto insufficienti al ristabilimento di un equo equilibrio… Finché i salari, per la passività dell’azienda, non potranno essere aumentati, finché alla crisi di Carbonia non verrà data una soluzione definitiva, al di fuori delle sovvenzioni statali”, non vi potrà essere sviluppo, dice il giornalista. E chiede nel mentre, al lettore, come si possa pretendere “di svuotare un simile movimento del suo enorme significato, per conferirgli un generico colore politico”, anche alla luce degli ultimi episodi: “stamani, quando due degli otto carabinieri calatisi nel pozzo di Nuraxeddu, alla ricerca dei licenziati non allontanatisi dai posti di lavoro, sono svenuti, nessuno approfittò dell’incidente. Caricarono sulla gabbia i due giovani con appresso le armi da loro abbandonate e li riportarono alla superficie incolumi”. Per poi concludere la cronaca di quel giorno con una importante nota finale, “L’agitazione è in atto ma non se ne vede la fine, abbiamo avvicinato nel pomeriggio il senatore Spano, giunto in aereo da Roma – Noi vogliamo costruire un’atmosfera di collaborazione, ha detto, ma è impossibile che si giunga alla collaborazione se i lavoratori saranno fatti passare per le forche caudine dell’intransigenza padronale. Vogliono le economie? Nulla da opporre, solo che esigiamo che esse siano raggiunte non attraverso il sacrificio dei lavoratori ma con l’eliminazione degli errori tecnici e delle scorrettezze direttive, con l’organizzazione del lavoro e l’equilibrio delle prestazioni operaie: solo a questi patti noi potremo collaborare… E l’ingegner Spinoglio non è il più adatto a realizzare utili economie -. Ebbe un sorrise e, aggiustandosi la sciarpa rossa sul collo, si congedò da me”.

Ma già il 17 dicembre 1948 poteva la stessa L’Unione Sarda annunciare A Carbonia si lavora a pieno ritmo, per come l’esito della trattativa era giunto inatteso e immediato, la cronaca affidata ancora a Peppino Fiori : “Spano intanto si era spostato a Bacu abis, tornando poi a Carbonia. Verso le 21 raggiunse Cagliari. La prima notizia delle ottime proposte fatte dalla Carbosarda l’ebbe, mentre saliva le scale della Federazione, da un tale che aveva assistito alla telefonata di Bitossi. Spano cambiò colore, si levò gli occhiali e ridendo raggiunse il secondo piano, tre gradini per volta, - E’ stato Levi, disse, son sicuro che è stato Levi a risolvere in bene la faccenda -, e si attaccò al telefono… Da Roma Bitossi gli ripetè gli elementi prospettati per un accordo dalla Carbosarda. - E’ fatta, disse Spano, domani si riprenderà il lavoro -. Ecco: è fatta. E’ finita con le agitazioni, è finita col pianto delle donne, è finita con la fame, con la miseria con la rappresaglia… Da oggi Carbonia riprenderà a pulsare sotto quel suo cielo caliginoso. A Roma intanto, al prossimo Consiglio dei ministri, si studierà il modo di definire per sempre la crisi della città”. Questi i termini dell’accordo sintetizzati da Fiori, “concessione del 90% delle retribuzioni per il lavoro in economia, con la devoluzione dell’ulteriore 10%, parte al fondo della Cooperativa, parte all’ente orfani dei minatori; ritiro di tutti i licenziamenti e le multe, nomina di una commissione per ottenere una maggiore produzione, un minor costo del prodotto ed un maggior guadagno dell’operaio, concessione ai lavoratori, impegnati all’interno, di un paio di scarpe; concessione di fondi alla Cooperativa per i generi di più largo consumo; corresponsione della gratifica natalizia sulla base di un dodicesimo della retribuzione complessiva percepita da ogni operaio per l’intero anno”. L’inviato Peppino Fiori a condividere, nell’essenzialità dell’informazione, il giudizio positivo sull’andamento finale e sull’esito delle trattative.

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