Il caso Cospito ed il 41 Bis. Domani dibattito a Cagliari

2 Febbraio 2023
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Rosamaria Maggio

 

 

Domani venerdì 3 alle ore 17,30 si svolgerà un incontro sul caso Cospito in via Marche 9 - sede CSS con introduzione di Andrea Pubusa e Maria Grazia Calligaris. Ecco un post sull’argomento.

 

Alfredo Cospito ha commesso reati gravi per i quali ha subito i relativi processi ed è stato condannato. Nello specifico ha ferito alle gambe l’amministratore delegato dell’Ansaldo e per questo è stato condannato a 10 anni ed 8 mesi di carcere. E stato successivamente condannato a 20 anni di carcere per aver collocato davanti alla scuola dei carabinieri di Fassano un bomba a basso potenziale, senza provocare danni alle persone. Come precisa il Procuratore di Torino, Dr. Saluzzo, Cospito non è stato condannato all’ergastolo, neppure ostativo, ma sta scontando 30 anni per reati anche gravi, ed è in attesa di una pronuncia della Consulta in quanto a seguito di una decisione della Cassazione, il reato è stato rubricato strage politica (pur in assenza di vittime) ed è stato richiesto l’ergastolo.

Poiché Cospito fa parte del Fai-Fri ,Federazione anarchica, riconosciuta dalla Cassazione come organizzazione terroristica, il Dr Saluzzo precisa che «la posizione processuale (condanna e attesa di residuo giudizio), non ha nulla a che vedere con quella che viene chiamata misura del 41-bis dell’ordinamento penitenziario, poiché quel regime differenziato di detenzione viene applicato a soggetti dei quali si riconosca la particolare pericolosità, imputati o condannati per taluni gravi reati previsti dalla legge e la possibilità e capacità di mantenere, pur se detenuti, collegamenti con le associazioni, mafiose, terroristiche od eversive».

Quindi la sottoposizione di Cospito al 41-bis non è l’applicazione di una pena, ma di un regime detentivo speciale. Infatti il 41 bis dell’ordinamento penitenziario, viene disposto dal Ministro di Grazia e Giustizia, (in questo caso Cartabia), sentito il Procuratore della Repubblica, quando si ravveda la pericolosità del condannato e soprattutto la possibilità e capacità di mantenere rapporti e collegamenti, in questo caso, con ambienti eversivi.

Paradossalmente quindi un serial Killer o gli assassini di Saman Abbas, presumibilmente parenti, che fossero anche condannati all’ergastolo, non verrebbero sottoposti al 41-bis.

Un reo anche di reati politici non gravissimi, ma legati all’eversione di qualunque colore, potrebbe essere sottoposto al 41-bs proprio per impedire l’azione di proselitismo e l’organizzazione di reati associativi; ha quindi uno scopo preventivo pur essendo un disposto particolarmente afflittivo.

Il dibattito che si è sviluppato nel paese e che periodicamente torna a essere in primo piano, nasce dal fatto che gravi reati, ascrivibili al mondo della criminalità organizzata ad esempio i delitti di stampo mafioso, spesso accertati ma impuniti per la lunga latitanza dei colpevoli, confligge con l’esigenza di certezza della pena e con la crudeltà dei delitti di volta in volta attribuiti ed accertati.

Ognuno di noi ha una parte ancestrale, irrazionale e sanguigna che porta a dare risposte più di pancia che di ragione ad eventi considerati gravemente riprovevoli.

Il fatto è che lo Stato, per essere autorevole, non deve dare risposte emotive, ma si deve muovere nell’ambito dei principi costituzionali e delle sue leggi. Ed il nostro articolo 27, che recita fra l’altro che “ Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” e l’art. 13 che dice che non è ammessa…alcuna altra restrizione della libertà personale se no per atto motivato dell’autorità giudiziaria…”, sono in questo caso chiamati in causa.

La domanda è quindi se nel caso specifico sia stata estesa a Cospito una legislazione pensata come lotta ad un fenomeno criminale particolare. Il diritto penale nella modernità doveva proteggerci dalla violenza del potere. Invece il 41- bis, caratterizzato dall’applicabilità della sospensione di normali regole detentive in caso di rivolta (e non è questo) ed in relazione a gravi situazioni di emergenza (sarebbe questo?), viene applicato al caso Cospito , ponendo una serie di quesiti. Qui non si discute della abrogazione del 41-bis, per quanto giuristi del calibro di Gherardo Colombo lo auspichino, ma dell’applicabilità al caso Cospito e simili. Infatti oltre ai mafiosi che sono esplicitamente considerati da 41-bis, solo il 10% dei sottoposti alla misura per un totale di poco più di 700 detenuti, circa una settantina, non appartengono a questa categoria. La condizione è particolarmente penosa perché essi sono detenuti in aree insulari ( celle singole), ove sono sottoposti a misure di elevata sicurezza interna ed esterna, i colloqui con i familiari sono consentiti uno al mese, vengono sottoposti a controllo auditivo e registrazione, la corrispondenza e sottoposta a censura, dopo i primi 6 mesi è ammesso un colloquio mensile telefonico, per un max di 10 minuti, vengono limitate le somme ed beni ricevuti dall’esterno, possono avere accesso a 2 ore d’ aria al giorno per un max di 4 persone che si trovino nello spazio esterno, ecc.

La questione è quindi se questo regime sia in contrasto con i principi costituzionali (e questo varrebbe per tutti), o, se più limitatamente, ci troviamo di fronte all’applicazione a casi che nulla hanno a che fare col fenomeno mafioso. Oggi anche il fenomeno terroristico non è tale da mettere in pericolo la sicurezza dello Stato.

Ci auguriamo che la politica non strumentalizzi la vicenda, cosi’ come è avvenuto ieri alla Camera e che venga sospesa immediatamente l’applicazione del 41- bis ad Alfredo Cospito.

 

 

 

 

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