I progressisti sul personale fanno propaganda elettorare?

30 Marzo 2023
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Andrea Pubusa

I progressisti in Consiglio regionale chiedono la discussione di una loro proposta di legge che equipara il trattamento dei dipendenti comunali a quello dei regionali, fra i quali esiste attuamente un divario di circa seimila euro, all’anno. Oltre che una misura perequativa, si tratterebbe, nelle intenzioni dei proponenti, di un provvedimento che contribuirebbe a migliorare la qualità del personale dei comuni, chiamati a occuparsi dei problemi essenziali dei cittadini.
Un critico “cattivo” di sinistra ha commentato sui social: “sembra una proposta leghista“, ossia diretta a stimolare il consenso di “pancia” dei dipendenti comunali in vista delle imminenti elezioni regionali. I dipendenti comunali sono tanti e costituiscono un bacino di voti considerevole. Si dice anche che Massimo Zedda abbia nostalgia della carica di primo cittadino di Cagliari e così il cerchio si chiude.
Ma si tratta di una visione un po’ prevenuta e forse errata. Certo è parziale. Acquisirebbe una valenza fortemente innovativa se fosse inserita nella prospettiva “rivoluzionaria” (e percio” inattuta), delineata dall’art. 44 dello Statuto sardo. il quale dice: “La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole agli enti locali o valendosi dei loro uffici“. Cosa vuol dire questa disposizione? Afferma nientemeno che la Regione non può sostituirsi allo Stato nella sua funzione accentratrice e di soffocamento burocratico delle autonomie locali minori, come in effetti è avvenuto in Sardegna  e nelle altre regioni. Se la regione esercita “normalmente” le sue funzioni amministrative, delegandole ai comuni o avvalendosi dei loro uffici, significa che rimane solo ente legislativo, di programmazione e di indirizzo, senza la pesante maccchina burocratica che la caratterizza. Le funzioni amministrative sono esercitate alla base, a contatto dei cittadini, col duplice vantaggio di esercitarle meglio e più velocemente, eliminando le difficoltà per i cittadini connesse all’impersonalità delle amministrazioni più lontane e complesse. Ora, questo disegno democratico dell’ordinamento regionale è stato bloccato dall’incultura costituzionale, dal desiderio di potere  dall’adagiarsi sulla tradizione e sul modello statale, ma anche dal trattamento economico. Nessun dipendente regionale è disponibile a transitare nei ruoli comuali se il trattamento non è identico. In questo contesto la proposta di Zedda e dei progressisti avrebbe un senso veramente innovativo e di riforrma complessiva della regione. Ma la loro proposta non coglie questo aspetto costituzionale. Forse neanche coosconono questa prospettiva. Da questo punto di vista, la proposta non riesce a sfuggire ad una critica di elettoralismo o comunque non se ne vedono appieno i risvolti positivi.

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