Il Sud grava sull’Italia che produce?

29 Aprile 2013
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Gianfranco Sabattini

Gianfranco Viesti,

Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce? Falso!

Esiste una radicata convinzione che il Sud sia stato e sia la palla al piede dell’Italia, una vasta area assistita, che vive sulle risorse trasferite dal Nord produttivo. Molti studi hanno provato che il Meridione, all’atto dell’Unità d’Italia, presentava molte eccellenze, prima fra tutti la cantieristica navale, ma non solo. Del resto, è sufficiente visitare le reggie dei Borbone e quelle dei Savoia per rendersi conto che si trattava di due monarchie di ben diverso livello.
Negli anni scorsi l’attacco al Sud è stato ripreso e rilanciato sopratutto dai leghisti, che hanno finito per creare quasi un senso comune. Un pregiudizio contro cui si leva Gianfranco Viesti in un agile saggio per Laterza, di cui ci parla Gianfranco Sabattini, autorevole economista del nostro Ateneo.

Nel libro “Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce. Falso!“, Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bari, traccia un quadro da par suo sui pregiudizi più frequenti riguardo al Mezzogiorno; i pregiudizi sono condivisi da molti, inclusi non pochi meridionali. In conseguenza degli effetti della crisi sulle condizioni di vita dell’intero Paese, il Mezzogiorno è diventato il “capro espiatorio” sacrificale nell’illusione di poter esorcizzare gli esiti indesiderati della crisi. Il Sud è divenuto così l’origine di tutti i problemi nazionali: la palla di piombo al piede che frena la loro soluzione e l’ostacolo al rilancio del processo di crescita e di sviluppo dell’Italia. La colpa è del Mezzogiorno, perché se non ci fosse, si pensa e si dice, l’”Italia sarebbe innanzitutto più ricca. E crescerebbe più velocemente, perché le regioni del Mezzogiorno rallentano lo sviluppo del Pese”. Le regioni meridionali “sono più indietro e vanno più piano”. Questo accade nonostante il fiume di soldi pubblici che ha inondato per decenni il Mezzogiorno; perché questi soldi sono stati per lo più sprecati, da classi dirigenti incapaci e corrotte che hanno alimentano clientele e criminalità.
Per tutte queste ragioni e per altre ancora, che non sono che corollari di quelle elencate, si sostiene che i meridionali vivono sulle “spalle dell’Italia che produce”. Viesti spiega perché le litanie che colpevolizzano il Mezzogiorno sono false, dimostrando, cifre alla mano, che il Sud non vive sulle spalle di quella parte del Paese che produce, in quanto tutti gli indicatori evidenziano il contrario: che il Sud è stato privato di risorse proprie o che gli erano dovute. Va perciò respinto il pregiudizio che vorrebbe il Sud dell’Italia antropologicamente diverso e incapace di emulare gli standard europei. Il Sud, però, afferma Viesti, dovrà responsabilizzarsi e, a tal fine, occorrerà che prenda coscienza che non esistono ricette facili; non si potranno confutare gli stereotipi antimeridionalisti con facili illusioni e immotivati ottimismi, aggirando i problemi senza capirne le cause che li hanno determinati. In particolare, occorrerà un maggior impegno da parte delle regioni meridionali, fondato sulla consapevolezza che il tempo delle risorse indefinite è cessato. Ciò significa che le popolazioni meridionali dovranno rendersi conto che il loro problema, lungi dall’essere stato risolto, si presenta oggi con un livello di complessità ben maggiore rispetto al passato.
In questa prospettiva, si può aggiungere, il governo del contesto sociale, inteso come intreccio di fattori fisici, politici, culturali, relazionali ed economici, nel quale sono insediate le comunità meridionali, dovrà costituire il fondamento della nuova politica a supporto della crescita e dello sviluppo dell’intera area meridionale, senza trascurare che l’autonomia decisionale dovrà costituire la premessa per il rilancio del processo di crescita e di sviluppo.
Le classi dirigenti meridionali dovranno legittimarsi non più sulla base della capacità di curare gli interessi di una struttura sociale e di una struttura economica sostanzialmente statiche, ma sulla base della loro capacità di catturare il consenso di quei segmenti della società civile del Mezzogiorno, nati dall’attuazione di centocinquanta anni di politiche meridionaliste, propensi a ricondurre la tutela dei loro interessi particolari alla cura dell’interesse generale. Tutto ciò al fine di giungere alla condivisione di una nuova ipotesi di crescita e di sviluppo che sia l’esito delle capacità progettuali dei segmenti sociali dinamici delle regioni del Sud, in grado di avvalersi dell’autonomia decisionale che la nuova società politica del Mezzogiorno dovrà essere in grado, pena il suo fallimento, di garantire sul piano istituzionale, respingendo e sconfiggendo quanto vi è di negativo nella logica dilagante del leghismo.
L’acquisizione di un nuovo quadro istituzionale dello Stato italiano al quale ricondurre il ripensamento del nuovo meridionalismo dovrà, quindi, rivestire un carattere prioritario; ciò anche in considerazione del fatto che la Questione meridionale non costituisce il problema così come si è soliti intenderlo sulla base dei pregiudizi precedentemente illustrati. Oggi, il Mezzogiorno, come Viesti ha osservato in altra sede, non è più “la terra della miseria e del sottosviluppo”, in quanto l’intera sua società civile appartiene, grazie alla solidarietà nazionale, alla parte più ricca del mondo. Nel Sud vi è certo la presenza di fasce sociali povere; tuttavia, le genti del Sud hanno una speranza di vita del tutto simile a quella media italiana ed europea ed è tra le più elevate del mondo.
Il quadro delle regioni meridionali dal punto di vista delle condizioni di vita non è, dunque, catastrofico. Ciò che è catastrofico è il modo in cui le stesse regioni hanno sinora utilizzato, con la responsabilità dello Stato centrale, le risorse che hanno avuto a disposizione o il modo in cui hanno mancato di approfittare delle opportunità che sono state loro offerte, a causa della mancata soluzione dell’antico problema italiano dell’insufficiente integrazione della società civile e dell’economia delle regioni del Sud nel più ampio ambito delle società civile e dell’economia aia a livello nazionali che europeo.

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