Mondo sostenibile e superamento del capitalismo

29 Luglio 2013
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Gianfranco Sabattini

Di recente, Mauro Magatti e Laura Gherardi hanno pubblicato su “Equilibri”, rivista per lo sviluppo sostenibile della “Fondazioni ENI Enrico Mattei” il saggio dal titolo: “Sul rinnovamento del capitalismo. Verso un mondo sostenibile”. Il lavoro, avvalendosi di testi degli anni Novanta sull’argomento tenta di individuare il nuovo sistema di valori, che gli autori denominano “Città della sostenibilità”, che starebbe emergendo, tanto dall’analisi della letteratura manageriale di questi ultimi anni, quanto dall’attività innovativa del mondo della produzione in funzione del dopo-crisi.
La Città delle sostenibilità è proposta come alternativa al capitalismo, nel senso che la sua assunzione tiene conto delle critiche rivolte ai limiti propri dell’industrialismo delle economie moderne; nel nuovo mondo della Città della sostenibilità, il principio superiore è espresso dal “primato del collettivo”, valutato in grado di rappresentare meglio e in termini più generali gli interessi dell’intera società. Nella prospettiva della Città della sostenibilità, la logica della produzione del mondo industriale è riletta come logica dello sfruttamento intensivo, senza alcuna considerazione dei costi dell’usura delle risorse sociali ed ambientali.
La Città della sostenibilità, è così presentata come “ecosistema in equilibrio dinamico”, in quanto in esso verrebbero compendiati, da un lato, l’interesse della collettività con quello dei suoi singoli componenti e, dall’altro, gli indici di valutazione della ricchezza in uso nel mondo industriale con nuovi indici, che ne ampliano la valutazione sulla base di criteri non solo quantitativi, ma anche qualitativi. Gli autori non si limitano a considerare gli esiti della sostenibilità solo riguardo ai singoli sistemi produttivi nazionali; essi, infatti, sottolineano che, per passare dalla Città al Mondo, basterà “determinare gli oggetti…che prolungano la Città della sostenibilità nel mondo sostenibile”; a un mondo, cioè, in cui l’attività principale consista nel promuovere uno sviluppo duraturo, per il quale sia “normale trovare forme come le fonti energetiche rinnovabili, declinate in un campionario che va dai mulini a vento alle centrali idro-elettriche ai pannelli solari,…agli incentivi per l’auto elettrica, alla regolamentazione per lo smaltimento dei rifiuti,…al riciclo dei materiali”; in altre parole, a un mondo in cui trovino spazio oggetti eco-compatibili e bio-sostenibili e, perciò, riconducibili alla green economy. Gli autori non paventano alcun ostacolo alla realizzazione della rivoluzione verde da loro prospettata, per cui affermano con sicurezza che, così “come negli anni novanta del secolo scorso esplose l’informatica, la tecnologia verde sarà il prossimo settore di grande crescita”; per cui tutte le attività produttive nel nuovo mondo sostenibile potranno legittimarsi e fare profitti dandosi al verde.
Nella prospettiva di Magatti e Gherardi il valore della sostenibilità è interpretato come un vantaggio competitivo che aumenta la capacità delle attività produttive di sopravvivere nel medio-lungo termine. Il modello della Città sostenibile perciò non mette in discussione, a differenza della critica di Serge Latouche alla logica della crescita illimitata, sia la crescita che il capitalismo come forma organizzativa del mondo della produzione; esso mira solo ad enfatizzare la necessità di “internalizzare le esternalità”, attraverso una reinterpretazione della sostenibilità degli effetti della produzione, passando da una logica della compensazione dei danni ad una logica della valorizzazione complessiva delle risorse, sia materiali che umane, sviluppando sostenibilmente i talenti considerati nelle loro diversità. Una valutazione della sostenibilità della crescita e dello sviluppo così intesa è ancora molto lontana dall’essere adeguatamente accolta dal capitalismo; per Magatti e Gherardi, però, l’accoglimento della Città e del Mondo sostenibili post-crisi dipenderà dalla possibilità che il prezzo come indice di valorizzazione delle risorse, col quale sinora il capitalismo mondiale si è limitato a compensare i danni all’ambiente ed all’esistenzialità degli uomini, sia sostituito da un nuovo indice di valorizzazione più comprensivo. Se ciò non dovesse accadere, sarebbe inevitabile per il Mondo una riproposizione della sostenibilità formulata dalla critica ecologica del secolo scorso.
L’analisi di Magatti e Gherardi sembra peccare di eccessiva astrattezza; se nell’approfondimento delle problematiche sociali è plausibile fare largo uso della fantasia con cui a volte è possibile contribuire a prefigurare un probabile futuro del Mondo post-crisi, il suo esercizio, però, se manca d’essere fondato su realistiche fondamenta, può solo portare al rischio che il suo risultato ultimo possa degradare a pura ideologia. Va bene prendere le distanze da Latouche; ma se, come accade nelle analisi del sociologo francese, non vengono indicate le pre-condizioni minime alle quali ricondurre il funzionamento sostenibile del sistema economico, l’ipotetica valorizzazione delle risorse materiali ed umane secondo forme alternative a quelle proprie della logica capitalistica finisce per rimanere nel vuoto mondo dei sogni. Per “rimediare” ai limiti della logica del capitalismo, sotto il vincolo del rispetto della sostenibilità ambientale ed esistenziale della crescita e dello sviluppo, anche secondo la prospettiva della sostenibilità formulata da Magatti e Gherardi, occorre, indicare a priori, non solo come risolvere il problema delle disuguaglianze nella distribuzione interindividuale e interstatale della ricchezza accumulata e del reddito, ma anche come risolvere il problema del controllo della popolazione, senza trascurare le riforme strutturali del quadro istituzionale al cui interno la risoluzione di entrambi i problemi può diventare desiderabile e possibile.

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