Pdl: un esercito di terracotta

28 Settembre 2013
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Aldo Lobina

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato nel sito on line la lettera sottoscritta dall’On. Prof. Renato Brunetta,  datata 26 settembre 2013, con la quale il capo gruppo del PDL alla Camera intende rassegnare le sue dimissioni da membro della Camera, dimissioni giustificate dalla constatazione che, “prima la Giunta per le Elezioni e poi l’Assemblea del Senato, pur in presenza di consistenti dubbi di legittimità costituzionale delle norme del testo unico Severino, e pur essendo nella sede giurisdizionale di verifica dei poteri, anziché riconoscere la rilevanza e la non manifesta infondatezza  della questione di legittimità costituzionale di tali norme, rimettendola così al Giudice naturale che è la Corte Costituzionale – abbiano votato per la decadenza del Sen. Berlusconi, con disprezzo delle ragioni di diritto e delle più elementari garanzie costituzionali. Si tratta di un vulnus  inaccetabile del  diritto e della vita istituzionale che non mi consente di permanere nell’ufficio di parlamentare al quale sono stato eletto dai cittadini italiani, cui rimetto pertanto il giudizio su questa gravissima vicenda”. Così Brunetta.
Se la lettera è autentica,  e non una goliardata,  Brunetta, come si vede, precorre i tempi. Infatti la citata Giunta per le Elezioni deve ancora esprimersi ai primi  di ottobre, seguita dal voto dei Senatori fissato più avanti.
Berlusconi  cioè viene dato per decaduto  ancora prima del tempo.
La lettera,  per quanto intempestiva, denuncerebbe un fenomeno comune  ai parlamentari Pdl, pronti a quanto si apprende a  lasciare l’incarico di rappresentanza  per solidarietà col Sivio Berlusconi, vittima -  così scrive Brunetta -  di un “inaccetabile vulnus del diritto e della vita istituzionale” del nostro Paese.
Non entrerò nel merito delle questioni sollevate sulla non retroattività della legge Severino.
Anche se a ben pensare quella lettera precorre i tempi, ma fa fare anche passi indietro. Mi spiego: quella intenzione di lasciare, che accomunerebbe i parlamentari azzurri, rimanda a sfocati ricordi di indole storica: alla ricca città di Ur, in Mesopotamia.
Come in un sogno immagino un corteo funebre di allora, lo vedo entrare in un cimitero per accompagnare le spoglie mortali di un re. Ci sono soldati, servi, donne e musici e non mancano naturalmente dignitari riconoscibili per l’eleganza e le insegne. C’è tutto il popolo che spinge i carri trainati anche da buoi e asini. A cerimonia finita ciascuno immerge  una coppa  in un recipiente e beve una pozione. Quindi tutti si sdraiano comodamente sulla loro stuoia per aspettare il sonno della morte.
Per dire che non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Cambiano i regimi, passano gli anni, ma certi uomini sembrano predisporsi   a mantenere rituali di fedeltà  nei confronti di un capo, vissuto come un semidio, fino a condividerne il destino della decadenza dello stato di rappresentante eletto.
Una fedeltà eccezionale - e per certi versi ammirevole - in tempi sospetti, dominati dall’intrigo e dalla corruzione, dalla miseria e dalla disoccupazione crescenti.
Davvero tutti pronti  i suoi parlamentari a decadere con Sivio Berlusconi?
Per costruire la tomba del primo imperatore cinese  che si chiamava Quin  - e che aveva molti meriti - furono impiegati centinaia di migliaia di uomini. L’imperatore fu sepolto con un esercito di terracotta.
Ritengo che con molta probabilità la decadenza di B. non comporterà alcuno stravolgimento istituzionale, perché alla fine con questi chiari di luna prevarrà il si salvi chi può al cupio dissolvi. Molta terracotta insomma!
La crisi del governo Letta è comunque già nei fatti. Nelle riforme che queste cosiddette larghe intese non sanno fare.
Al più con Berlusconi cadrà il governo del nipote di Letta. Ma non è detto che dopo il diluvio annunciato delle dimissioni – che sfido a dare davvero e a mantenere -  non è detto che non ci sarà un altro governo, magari di intese meno larghe, ma capace di farci uscire da questo momento così triste della nostra storia.

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