Manifesto sardo, compagni della sinistra e vitalizi

20 Maggio 2014
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Andrea Pubusa

Marco Ligas, mosso da finalità di giustizia sociale, ne il Manifestosardo invita i compagni beneficiari di vitalizi per mandato consiliare o parlamentare a rinunciare allo “strano” diritto. Marco pensa alla costituzione di un fondo per i cassintegrate o simili. Ecco la risposta di un ex consigliere regionale, ergo benificiario ex lege di vitalizio, quale io sono.

Caro Marco,

le tue idee sono sempre stimolanti. Ma stavolta, a prender per buona la tua posizione sui vitalizi illustrata nell’ulitmo numero del Manifestosardo, dovresti togliere dall’intestazione  del blog l’immagine di Luigi Pintor o aggiungere “già beneficiario di un privilegio“. Anche lui prendeva il vitalizio e oggi probabilmente la moglie gode della reversibilità. Se Luigi fosse in vita ti saresti sentito di chiedere a lui quanto hai intimato ai compagni della sinistra nel tuo articolo? E glielo avresti chiesto parlandogli di un diritto “stranamente” quesito? Eppure forse anche lui cumulava il vitalizio con la pensione (penso, non alta) da giornalista. Anche Rossanda prende il vitalizio, e pure la Castellina e la Menapace. Anche Milani e Magri ne hanno goduto fino alla morte. Soltanto Valentino Parlato ne è escluso, ma solo perché non è mai stato parlamentare. Son da condannare i primi? Erano e sono moralmente riprovevoli? Lo dovevano restituire? Devono rinunciare quelli ancora in vita? Ho fatto questi richiami non per negare l’esistenza di una questione seria, ma per dire che non può essere affrontata, facendosi dettare la linea da Antony Muroni; per segnalarti che la soluzione del problema richiede altro.
Anzitutto occorre - come anche tu ammetti - una soluzione legislativa. Una legislazione per il futuro non incontra vincoli se non quelli di assicurare la dignità e l’indipendenza economica a chi gli elettori inviano nelle assemblee elettive a rappresentarli. Ti ricordo che la dignità delle istituzioni include il trattamento dignitoso per i suoi esponenti. Ed ecco il primo quesito: se questa dignità ed autonomia non la garantisce lo Stato e la Regione a chi l’onere della rappresentanza istituzionale? Ai gruppi economici privati? Al sacrificio personale dei singoli? Potranno tutti in questa situazione essere eletti? Sarà rispettato il principio di eguaglianza? O torneremo, di fatto, ad elezioni determinate solo dal censo? O a parlamentari al servizio dei gruppi potenti? Obieterai: ci stiamo comunque arrivando, ed è vero. Ma è questo che auspichi? E’ questo che giova alla sinistra e ai ceti popolari? E’ questa la tendenza da assecondare?
Questo non vuol dire che le cose vadano bene come sono. Non vanno bene. Anzi vanno molto male. Così come sono oggi stridono con le difficoltà dei ceti popolari, sempre più in via di una vera e propria pauperizzazione. Dunque la materia necessita di una revisione profonda. Abbassare le indennità drasticamente, ad esempio. Il PCI (e anche Il Manifesto, quando ne ebbe) chiedeva ai suoi parlamentari e consiglieri regionali il 50% delle indennità. Eppure i consiglieri regionali comunisti  non erano indigenti. Dunque tagliare e non solo sforbiciare (come si usa oggi) si può e in modo consistente. Fare per legge quanto il PCI imponeva per regolamento interno si può (oggi fa così il M5S). E si può introdurre equità anche sul trattamento di anzianità, sottolineo di anzianità (60 o 65 anni?). Personalmente, da anni, vado sostenendo una proposta sul modello della legge Bacchelli: abolire i vitalizi e istituire un fondo di solidarietà per ex consiglieri. Questa proposta si può migliorare, affinare, ma sarebbe già un bel risultato in termini di equità e di risparmio di risorse pubbliche. Queste sarebbero ridotte radicalmente perché molti ex consiglieri maturano una loro pensione, spesso dignitosa e quindi non necessitano di integrazione.
Questo per il futuro. E per il passato? Non nego che per il pregresso ci son problemi, giuridici (retroattività) e anche di giustizia sostanziale. Non tutti i beneficiari di vitalizio vivono nell’oro. Spesso questa è la loro principale entrata. Li riduciamo alla fame con norma retroattiva? Li mandiamo alla Caritas?  Mandiamo alla Caritas le loro vedove, anche se prive di altri mezzi?
Da questo punto di vista una proposta come quella da me avanzata non sarebbe  ingiusta sul piano sostanziale, perché garantirebbe comunque una vita dignitosa ai beneficiari privi di altri mezzi adeguati. La ragionevolezza del trattamento potrebbe renderla immune da rilievi di costituzionalità. Le proposte radicali rischiano, invece, di sbattere la testa contro il Palazzo della Consulta, anche perché fanno di tutta l’erba un fascio e falciano tutti anche chi è sfornito di altri mezzi di sostentamento. Tanto rumore per nulla!
Ma tu, Marco, poni anche un altro problema o se vogliamo un auspicio: sarebbe bello - tu dici - se i compagni della sinistra rinunciassero in favore di un fondo per i cassintegrati o simili. Certo che è bello, anzi bellissimo. Ma la rinuncia individuale, senza una legge regionale, crea il fondo? Lo crea il Manifestosardo? Lo creiamo e lo gestiamo insieme voi e Democraziaoggi? Come vedi, una cosa è che un partito presente nelle istituzioni decida collettivamente un’azione di questo genere e coinvolga i suoi parlamentari e consiglieri (come fa oggi il M5S), altra cosa è l’iniziativa individuale. Quel partito può gestire la proposta dall’interno, supportarla sul piano legislativo e amministrativo. I singoli non possono far nulla di tutto questo. E qui sta il nocciolo della questione: tu sembri rimproverare ai compagni della sinistra di prendere “stranamente” il vitalizio. La butti sul piano morale e della coerenza. Ma ci sono compagni - come è intuibile - che ne hanno bisogno per vivere. Non ho difficoltà a credere che tu restringa il tuo invito a chi può vivere senza. Ma anche qui la situazione è varia. Ce ne sono molti che, per esercitare il mandato, hanno rinunciato a più lauti guadagni professionali, con incidenza anche sul trattamento di vecchiaia. Condanni anche questi? Non credo, perché dovresti estendere il biasimo a tutti quelli della sinistra che non se la passano male. E a tutti i compagni defunti che non rinunciarono, pur non avendone stretto bisogno. La lista si restringe, dunque, a quelli che non versano in queste situazioni e tuttavia percepiscono il vitalizio. Ma tu sai come lo spendono? Escludi che, senza clamori, se non tutti alcuni ne utilizzino almeno una parte in “opere di bene”, in attività sociali? Pintor ci beneficiò della sua direzione de Il Manifesto a titolo gratuito (in realtà a spese dello Stato, a mezzo del vitalizio), eppure mai soldi pubblici furono spesi meglio! Magri, Rossanda e gli altri hanno, fruendo di quell’entrata, lavorato per la sinistra con grande impegno e passione. Non credo abbiano avuto o abbiano sensi di colpa. Dirai, questo è un atto privato. E’ vero, ma contraddice la tua posizione. E’ bello che quei compagni abbiano fatto e facciano quello che fanno grazie al vitalizio. Sarebbe brutto il contrario!
Riducendo all’osso, dunque, della tua proposta rimane realisticamente l’idea che si può creare un fondo privato e volontario con destinazione sociale, da gestire in modo trasparente e pubblico. Una fondazione, tipo quella creata da Andrea Raggio, alimentata dai vitalizi o da parte di essi? Questo è fattibile e basta un gruppetto di ex consiglieri ed ex parlamentari per farlo. Per di più possono contribuire anche compagni, senza vitalizio, ma abbienti. Si possono chiedere contributi a istituzioni pubbliche per rendere più efficace l’azione. Io ci sto. Vediamo, mentre ci battiamo per la radicale riforma per legge, se troviamo adesioni.

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