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Zingaretti, quo vadis senza discontinuità?

17 Ottobre 2018
1 Commento


Andrea Pubusa

02/06/2013 Roma, chiusura della campagna elettorale del centrosinistra nel X municipio, per le amministrative 2013. Nella foto Nicola Zingaretti presidente della regione Lazio

Verso Nicola Zingaretti ho un’istintiva simpatia, forse per via del Commissario Montalbano. Tuttavia la due giorni di lancio della sua candidatura alle primarie Pd alla ex Dogana di San Lorenzo, a Roma non mi ha convinto, non mi sembra adeguata a delineare una svolta della politica nazionale. Quanti si aspettano una politica del PD capace di rompere l’asse Lega-5Stelle e di prospettare una nuovo equilibrio di governo, facendo fuori la Lega, rimangono delusi.
Molte frasi ad effetto, scontate, quasi banali. “Basta con l’egocrazia, dobbiamo mettere al centro le persone e le idee prima dei leader”; il video in cui un migliaio di musicisti suona “Learn to fly” dei Foo Fighters, una metafora per dire che “vogliamo ritrovare una squadra, uno spirito di comunità che abbiamo perso, l’abbrezza del noi”. Non molto meglio, anche se giusta, la premessa di non voler rifilare agli avversari interni (leggi Renzi) “una macedonia di invettive per strappare applausi da tifosi”. Astratta e meramente assertivo l’“Io propongo un pensiero e una azione per uscire dal pantano e ricostruire una speranza per il Paese”.
Si avvicina di più alla questione vera Paolo Gentiloni quando avverte: “Il Pd non può autoassolversi, perché abbiamo perso troppe partite“, ma si contraddice quando soggiunge “dobbiamo cambiare ma senza abiure, senza vergognarci di quello che abbiamo fatto”. Boh! Se non ribalti l’opzione neoliberista e ti rimangi tutte le scelte antipopolari degli ultimi anni come si fa a pensare di lanciare un nuovo centrosinistra dopo gli anni del partito della Nazione?
Dice ancora Zingaretti: “Il Pd deve essere il motore di una grande alleanza per l’alternativa”. D’accordo, ma un ampio fronte di alternativa richiede una discontinuità politica netta e visibile rispetto al passato. Purtroppo Zingaretti è sulla stessa lunghezza d’onda di Gentiloni (che - si badi - difende se stesso): “Non vogliamo rinnegare il passato, ma discutere della nostra storia, guardare in faccia il mostro, e cioè chiederci perché tante persone hanno scelto Lega e M5S”. Il mostro, tuttavia, non è fuori, è il PD stesso, in ragione della sua conversione neoliberista. Non è questa la causa della riduzione di tutte le socialdemocrazie europee? Il presidente della Regione Lazio si chiede perché “nel momento del bisogno troppe persone non ci hanno sentiti vicini”. Beh, siete diventati i massacratori dei diritti dei lavoratori, i sostenitori dell’austerità e di tutte le politiche apertamente neoliberiste, avete attentato alla Costituzione e non riuscite a capire cosa dovete cambiare? Troppo deboli, secondo il governatore, le ricette Pd “per ridurre le diseguaglianze e difendere i cittadini dalla globalizzazione”. No, caro Zingaretti, è vero il contrario, le diseguaglianze le avete accresciute. Più saggia una  considerazione successiva? Questa: “Se noi saremo in grado di ridurre le distanze tra chi ha e chi non ha il populismo si sgonfierà”. Sì ma questo richiede non il continuismo che invoca Gentiloni, richiede l’esatto contrario, un ribaltamento di linea. In mancanza non solo “sarà lunga la strada per la riscossa”, sarà impossibile. Più realistica l’estinzione, ormai in atto.
E la strategia generale? Zingaretti ci tiene a scrollarsi di dosso le etichette che gli hanno messo addosso i renziani, a partire dall’idea di una possibile alleanza con il M5S: “Non voglio un accordo con loro, ma parlare al popolo che ci ha voltato le spalle. Dobbiamo incalzare e dividere i nostri avversari, fare politica, se ci fermiamo alla propaganda invece li compattiamo”. Parole, caro Zingaretti, solo parole e, per di più, sbagliate. Nel panorama politico dei prossimi dieci anni (salvo terremoti imprevedibili) un’alternativa al governo con la Lega non può essere ragionevolmente pensato se non col M5S. Occorre fare un’analisi rigorosa di questa forza e si può dire ciò che si vuole, ma non è di destra. Non è un caso che ha prosciugato l’elettorato del PD e dei piccoli gruppi di sinistra. Non crederà Zingaretti che i “sinistri” che hanno votato 5 Stelle sono degli imbecilli che hanno fatto il salto di classe. No. Hanno più semplicemente abbandonato una deriva neoliberista per un programma più rispondente alle esigenze popolari.
Sulla politica nazionale, o Zingaretti delinea un possibile nuovo equilibrio di governo, correggendo l’errore costituito dalla chiusura di Renzi ai pentastellati oppure la sua proposta non appare credibile. Difficile ipotizzare uno sfondamento del PD ai danni del 5 Stelle col ritorno alla proporizioni precedenti al 4 marzo.
E sull’Europa? “Un fronte da Macron a Tsipras? Bene una larga alleanza, ma ognuno con la propria identità. O i nostri contenuti sono chiari e nuovi oppure saremo destinati al fallimento“. D’accordo, ma quali sono i contenuti? Quelli neoliberisti in auge? O quelli di chi vuole un’Europa del lavoro e della democrazia? Soggiunge Zingaretti: “noi dobbiamo rifondare l’Europa contro quelli che vogliono distruggerla, non certo conservare quella che c’è”. Ma chi la vuole distruggere? I 5 Stelle? O la vogliono cambiare?
Di marca puramente renziana anche il suo discorso sul governo attuale “che aizza l’odio e cerca capri espiatori per nascondere il fatto che non riesce a realizzare le folli promesse elettorali”. Ma è proprio sicuro che le promesse elettorali sono folli? Il reddito di cittadinanza ce l’hanno quasi tutti in Europa. Che senso ha dire: “Mi fa inorridire l’idea che il governo controlli come i poveri spendono i loro soldi, così si toglie loro la dignità”. D’accordo niente controlli, ma intanto non è ancora deciso come sarà. I poveri però penso apprezzino di avere qualcosa da mangiare e attendono con ansia l’erogazione. E la legge Fornero è la Bibbia? Poi Zingaretti  quando si scaglia contro gli sgomberi a Riace ha ragione ma si riferisce ad “un atto immondo e vergognoso” targato Minniti; sono suoi gli atti amministrativi preparatori che “colpiscono un modello di integrazione che funziona”. Insomma, gira, gira, senza una forte discontinuità, Zingaretti non cambia nulla. Forse diventa segretario. Ma per far cosa? Per chiudere bottega?

1 commento

  • 1 Aladin
    17 Ottobre 2018 - 08:28

    Anche su AladiNews: http://www.aladinpensiero.it/?p=88600

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