Il mistero de sa donna

18 Dicembre 2024
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Nuxis: sulle tracce delle misteriosa “donna” che vi aveva casa

Andrea Pubusa

25 Giugno 2017
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 Giudicessa di cagliari - 2013.jpg

 Lassù alla falde del Monte, dove nasce il fiume, a Nuxis ci sono le rovine di un palazzo, “s’omu de sa donna” o “su palatiu de sa donna”. Dice la voce popolare che tanto tanto tempo una donna molto importante si era nascosta lì fra i monti. Voleva sfuggire ai suoi tanti nemici, che la ricercavano dappertutto. E lei usava ogni artifizio per non farsi intercettare. Quello che ha colpito di più la fantasia popolare era la ferratura dei cavalli al rovescio. Un moodo ingegnoso per confondere gli inseguitori: quelli andavano sempre  nella direzione opposta alla sua, e così anziché avvicinarsi a lei e raggiungerla, se ne allontanavano.

La nostra fantasia di bambini era colpita dalla presenza di questa domina in quel luogo sperduto. Il mistero non è stato ancora risolto. Ma c’è qualche indizio e - si sa - più indizi sono una prova.
Il primo indizio ci viene dal nome del luogo “Sa Turri”, la torre che evoca senz’altro una casa forte per chi deve nascondersi e difendersi.  Questa denominazione trova un riscontro nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna di Casalis -Angius. Nella sezione “Acque sorgive” in proposito così si legge: “I sulcitani dicono Scioppadroxius le grandi fessure delle roccie, donde erompono abbondantissime acque”…”Quindi indicherò presso Nugis a piè del monte ghiandifero la grossa vena (su scjoppadroxiu) di Cosina, che versa le acque gorgoglianti dalle fauci di una roccia calcarea, dove chi entri, abbassandosi sopra il laghetto, trova due spelonche successive. Presso a questa fonte sono le rovine di un’antica costruzione, che dicono ’su palaziu de sa marchesa’, ed alcuni nominarono ‘de donna Binita’: il che indicherebbe la Benedetta marchesana di Massa, e giudicessa di Cagliari essersi qui ricoverata in quel tempo infelice quando Lamberto ed Ubaldo le avevano occupata la massima parte del regno…”.
Effettivamente c’è stato un tempo, collocabile intorno al 1215 nel quale Benedetta era fuggita da Cagliari ed  era riparata all’interno. In quell’anno, infatti, approfittando della debolezza di Benedetta, Lamberto Visconti, giudice di Gallura, riunì una grande flotta e sbarcò un esercito a Cagliari, dove occupò la collina di Santa Gilla, che dominava la città e la fortificò. Quindi lasciò al fratello Ubaldo I il compito di conquistare il resto del territorio. La giudicessa fu quindi costretta a fuggire dalla sua “capitale” e rifugiarsi nell’interno del giudicato.
Così dicono le cronache e, a ben vedere, l’interno del giudicato non poteva essere iil Campidano, ma i monti del Sulcis, facilmente raggiungibili da Cagliari e ben conosciuti dalla Giudicessa e dal suo entourage.  Infatti, era in stretti rapporti  con l’arcivescovo Ricco, il vescovo sulcitano di Tratalias, cui, insieme al marito, Barisone, fece numerose donazioni  per le chiese del Sulcis.
A proposito di Barisone, poi, c’è un curioso riferimento nella toponomastica montana di Nuxis: S’arcu de Barisoni, il vallico che separa Monte Nieddu e Monte Tamara. Può essere una casuale coincidenza ma Barisone Torchitorio IV, fu il primo marito di Benedetta  e con lei fuggi da Cagliari nel 1215, verosimilmente in quel di Nugis. Era nato come Barisone II d’Arborea, ma sposata Benedetta  è stato giudice di Cagliari dal 1214 al 1217. Figlio di Pietro I d’Arborea, fu allevato da Guglielmo I Salusio IV giudice di Cagliari, che aveva deposto nel 1195 il padre dal trono del giudicato di Arborea, diventando anche giudice di Arborea. Alla fine del 1213 (o inizio 1214) Guglielmo muore senza eredi maschi lasciando il giudicato di Cagliari nella sua massima espansione. Il regno passa alla figlia Benedetta, con la quale Barisone si sposa diventando giudice di Cagliari con il nome di Barisone Torchitorio IV. Che il vallico col suo nome fosse un sicuro passaggio da e per Cagliari? Chi si nascondeva certo doveva muoversi fra i boschi. Queĺli erano dunque i luoghi di Barisone e Benedetta.

Roberto Porrà, valente archivista, non ha risolto il mistero, ma ha dato un prezioso suggerimento: estendere la ricerca ai documenti notarili conservati all’Archivio di Stato, molto numerosi. ⁶E’ in queste antiche carte la soluzione del8  mistero? Sta in queste ulteriori testimonianze il nome della padrona di casa de “S’omu de sa donna”? Ci vorrebbe un ricercatore disposto a intraprendere la fatica. Un laureando di Nuxis, pieno di 9curiosità e sopratutto di buona volontà? Vedremo.

Ecco le notazioni dell’ottobre 1917 scritte da Roberto Porrà.

Ho cercato di dare una risposta al quesito posto, cioè se esistano fonti storiche, oltre ovviamene all’Angius, che supportino la tradizione che dietro questo nome ci sia quello della giudicessa Benedetta di Massa. Dico subito che finora non ci sono riuscito.
Comunque ritengo opportuno renderti edotto di quanto finora ho trovato in merito alla questione.
Mi sono indirizzato su due filoni di ricerca paralleli, sia sul personaggio storico della giudicessa, che, sia pure sporadicamente, avevo già incontrato nelle ricerche in occasione della pubblicazione nel 2011 di un mio libro sulla storia medioevale e moderna di Soleminis, sia sul luogo, cioè Nuxis, che invece sinora non avevo mai occasione di studiare.
Su Benedetta, che nei documenti da lei prodotti, si definisce quasi sempre “domina” e giudicessa di Cagliari, sono stati recentemente stampati almeno tre saggi molto importanti tali da dissipare molti punti oscuri sulle vicende che l’hanno vista protagonista, saggi, almeno i primi due basati su documenti inediti e assolutamente veritieri.
Il primo di Bianca Fadda, docente universitaria di paleografia a Cagliari, (“Un nuovo documento su Benedetta, marchesa di Massa e «domina» del giudicato di Cagliari” in Annali della Facoltà di Lettere 2005), ripercorre la biografia di Benedetta e pubblica un documento inedito del 1227, conservato all’Archivio di Stato di Pisa, in cui la giudicessa, ormai esule a Massa, nella dimora avita, concede una sorta di licentia invadendi nei suoi (ex) territori cagliaritani, in mano da anni ai pisani, a un certo Ranieri Bocci, suo creditore.
Il secondo, forse ancora più importante, di Carla Piras, allieva della D’Arienzo (“Benedetta di Massa e le pergamene malaspiniane relative alla Sardegna negli Archivi di Stato di Firenze e di Massa” in Archivio Storico Sardo, 2013) in particolare cita due documenti, dai quali si deduce che Benedetta nel luglio del 1218 si era rifugiata nel castello di Quirra e che sempre nel luglio ma del 1230 era sicuramente già morta, probabilmente a Massa.
Dunque il giudicato di Benedetta è durato dal 1214 al 1230; durante questi anni la donna ebbe tre mariti (Barisone di Arborea alias Torchitorio IV come giudice di Cagliari, Lamberto Visconti e Enrico di Ceole), due figli, una femmina e un maschio, Guglielmo, quindi un erede, dal primo consorte, e, cosa per lei più dolorosa, perse definitivamente i suoi domini sardi a favore di Pisa.
Da questi nuovi documenti peraltro non emerge una permanenza della “domina” nel territorio sulcitano.
Un terzo saggio di Corrado Zedda nell’ambito del suo libro appena pubblicato “Il giudicato di Cagliari. Storia, società…” vuole dare una nuova interpretazione della personalità di Benedetta, come quella di una donna spregiudicata e calcolatrice, avida di potere, anche sulla scorta di quanto riferito da un giurista toscano a lei contemporaneo, Boncompagno da Signa, che accusò in uno scritto la giudicessa di aver fatto uccidere dai suoi amanti il primo marito Barisone. A parte questo aspetto, certo non secondario, e un inquadramento ampio negli equilibri politici nel Mediterraneo del Duecento, il testo non offre spunti per la questione che ci preme.
Quanto a sa domu, partiamo dal dato pacifico della pagina 331 del volume VIII dell’edizione del Dizionario geografico storico – statistico – commerciale, stampata a Torino nel 1841, dove Vittorio Angius afferma che le rovine della costruzione presenti presso la fonte a Nuxis venivano dette in quel periodo, cioè la prima metà dell’Ottocento, “su palaziu de sa marchesa” o “de donna Binita”.
Purtroppo non risultano finora altri riferimenti né documentari né letterari precedenti mentre la tradizione é rimasta viva sino a noi.
Comunque si possono fare alcune considerazioni che perlomeno rendono la tradizione ragionevole.
In primis il contesto geografico - antropico, cioè la presenza di una chiesa bizantina del valore di S. Elia e quella del toponimo S’arcu e’ Barisoni, entrambi indicativi di importanza del luogo nell’epoca giudicale.
A proposito di questo toponimo va detto che, a mio parere, è da riferirsi molto probabilmente al primo consorte di Benedetta, in quanto è l’unico giudice di Cagliari che ebbe questo nome. Inoltre, sempre nei territori del giudicato di Cagliari, il toponimo Barisoni è presente nel Sulcis e in Ogliastra e proprio relazionati a queste ultime due zone sono conservati all’Archivio storico diocesano di questa città i documenti in originale e in copia (le cosiddetta carte volgari) emanati da questo giudice e da sua moglie Benedetta a favore della Chiesa di San Giorgio di Suelli e del vescovado di Sulcis, che in quegli anni trasferiva la sua sede da S. Antioco a Tratalias.
Tra questi documenti io segnalo uno del 1216, studiato solo da Solmi nel lontano 1905 e non più ripreso successivamente, almeno a quanto mi risulta. Si tratta del documento XV, per precisione del 21 giugno di quell’anno: in esso a un certo come riferimento di un confine si cita “sa billa de Pardu”, nome che ricorda assolutamente quello che secondo il Vidal, come riferito da Bullegas, aveva anticamente Nuxis, “oppidum Pardi”.
Termino queste note che sintetizzano le mie ricerche, compiute insieme a Nicola Settembre, facendo presente che ho trovato un unico libro su Nuxis, pubblicato nel 2010 ad opera di Maria Paola Pinna su incarico del comune. Il testo, abbastanza gradevole sul piano tipografico, ha però dei limiti evidenti soprattutto sul piano archivistico in quanto si basa per il periodo moderno solo su alcuni documenti seicenteschi di proprietà di un privato di Nuxis, peraltro non trascritti sempre bene (si inventa la presenza di una donna di cognome Porrà mentre si tratta di Porcu) e neppure integralmente, ma per fortuna ben riprodotti in fotografia.
La ricerca va estesa ai documenti notarili conservati all’Archivio di Stato, molto numerosi, e non è escluso  che nell’ambito di queste antiche carte si possano ritrovare ulteriori testimonianze su “S’omu de sa donna”. Si tratta però di un lavoro lungo che va inquadrato in una ricerca che abbia come obbiettivo proprio una nuova opera sulla storia di questo paese

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