I trasporti, perché in Sardegna attribuirli agli altri?

19 Maggio 2023
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Andrea Pubusa

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Dopo l’interessante intervento di Fernando Codonesu sull’energia, continuiamo la riflessione sulle materie di un possibile autogoverno della Regione sarda: i trasporti. 

Pensate che i nostri antenati si spostassero fra i nuraghi per  lavorare,  commerciare o per cerimonie religiose o altro ancora, chiedendo, per costruire le strade o il mezzo di trasporto, prima il permesso a qualcuno, a qualche autorita’ esterna? O credete che facessero i sentieri da se’, al piu’ mettendosi d’accordo coi capi degli altri villaggi? Oppure li facessero semplicemente seguendo la natura dei luoghi? E quando i fenici fecero qualche strada, vicino al mare, per i loro traffici, come provano i giganti di monte Prama (a proposito erano sardi contro i fenici o fenici contro i sardi?), i nostri avi resistenti non decidevano da se’ le strade e chi farci passare? Ora( invece decidono gli altri.

Planando e venendo all’oggi, vediamo in sintesi la disciplina costituzionale.
La Sardegna ha potesta’ legislativa esclusiva secondo l’art 3, lett. g) su: “trasporti sulle linee automobilistiche e tramviarie”. La lettera p) “il turismo e l’industria albergiera”. Ha potesta’ concorrente o ripartite nelle materie di cui all’art. 4, lett. f): “Linee marittime ed aeree, cabotaggio fra i porti e gli scali della Regione”.
A ben guardare, questa disciplina si limita ai trasporti interni. Le linee automobilistiche e traviarie in un’isola non possono che avere questa dimensione. Lo stesso si puo’ dire per le linee marittime ed aeree  e il cabotaggio perché sono limitate ai porti e agli scali dell’isola. Si badi pero’ che sono esclusi i trasporti ferroviari. Le ferrovie allo Stato e solo allo Stato.
C’e’ poi l’art 53 che recita: “”. Ci  aiuta nell’interpretazione di questa norma una sentenza della Corte costituzionale (n. 230/2013,¥?5 depositata il 23/7/2013, pubblicata in G. U. 31/7/2013  n. 31. Cos’e’ successo? La Regione sarda aveva impugnato una disposizione (l’art. 6, c. 19°, del decreto legge 06/07/2012, n. 95, convertito con modificazioni in legge 07/08/2012, n. 135) perché determinerebbe l’esclusione della Regione medesima dal procedimento avente ad oggetto le convenzioni con i soggetti che gestiscono il servizio di trasporto marittimo fra la Sardegna e il continente. L’esclusione sarebbe totale nella parte in cui si prevede che tali convenzioni si intendano approvate e producano effetti a far data dalla sottoscrizione, senza la partecipazione della Regione al relativo procedimento. L’esclusione sarebbe invece parziale nella parte in cui si prevede che le successive modificazioni o integrazioni siano approvate una volta che le Regioni interessate sono state semplicemente «sentite», senza, dunque, che sia stata acquisita l’intesa con le stesse.
Le modalità di partecipazione della Regione sarda a questo procedimento  - come si e’ visto - sono delineate dall’art. 53 dello Statuto speciale, riportato sopra, secondo il quale la Regione è rappresentata nei procedimenti di elaborazione delle tariffe e della regolazione dei servizi nazionali di comunicazione che la riguardano. Esso richiede - afferma la Corte - una reale e significativa partecipazione della Regione a queste fasi decisionali.
Questo ruolo della nostra regione - soggiunge la Consulta - non è garantita dalla formula «sentite le regioni interessate» della norma censurata, che si limita ad imporre la mera acquisizione del parere, risultando, invece, necessario un procedimento che assicuri un efficace coinvolgimento della Regione e che evoca, quindi, la figura dell’intesa fra i due enti. Di qui la dichiarazione della illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, secondo periodo, del d.l. n. 95 del 2012, nella parte in cui non contiene, dopo le parole «sentite le regioni interessate», le parole «e d’intesa con la Regione Sardegna». Viene violato anche - dice la Corte - il principio di leale collaborazione, che sempre deve essere osservato nei rapporti fra Stato e regioni.
La Regione sarda ha evidenziato come la situazione della Regione autonoma Sardegna in ordine ai collegamenti marittimi sia del tutto peculiare, a causa della sua insularità, che rende la corretta gestione di tali collegamenti essenziale per lo sviluppo (industriale e turistico) dell’isola e per il soddisfacimento dei diritti dei suoi residenti.
La Sardegna ha evidenziato come la situazione della Regione in ordine ai collegamenti marittimi sia del tutto peculiare, a causa della sua insularità, che rende la corretta gestione di tali collegamenti essenziale per lo sviluppo (industriale e turistico) dell’isola e per il soddisfacimento dei diritti dei suoi residenti.
Dall’insieme della disciplina statutaria, anche nella interpretazione favorevole della Consulta, lo schema di decisione rimane sostanzialmente quello dell’art. 13 dello Statuto: decide lo Stato, la Regione concorre o partecipa. Certamente anche il concorso e la partecipazione possono incidere sulle decisione, ma, in caso di contrasto, e’ sempre lo Stato a decidere.
Ora, nella prospettivs della c.d. linea sarda al federalismo desumibile dagli scritti e dall’opera di Angioy, Asproni, Tuveri, Gramsci e Lussu, la disciplina in questo caso  andrebbe esattamente ribaltata: dovrebbe essere la Regione a decidere e la Stato a concorrere, anche per gli aspetti finanziari.
Insomma, dovremmo tornare all’autogoverno integrale del periodo nuragico, piu’ che a quello dei fenici, titolari di strade, come testimoniato dai giganti di Monte Prama, messi lì a dissuadere i fenici dall’andare oltre o i sardi, a seconda delle opinioni sula presenza di quei guerriri di pietra.
Ma, a parte gli scherzi (anche perche’ allora non esistevano i treni), chiedere sui trasporti  (ferrovie comprese) interni ed esterni, poteri decisionali per gli abitanti di un’isola mi sembra ragionevole, necessario e ovvio. O no?

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