A.P.
In Sardegna, in vista delle elezioni regionali del prossimo febbraio si ripropone in piccolo il tema che ha agitato la sinistra e le forze democratiche in passaggi cruciali della storia. Basta ricordare che la stessa lotta al fascismo fu caratterizzata nella fase iniziale dalla teoria del socialfascismo, e cioe’ erano sostanzialmente filofascisti quanti non si battevano per uno sbocco rivoluzionario. Quanto sia stata dannosa questa linea e quanto abbia favorito l’avvento di Mussolini ora e’ ben chiaro. Ma non lo fu allora se non a personalita’ superiori come Gramsci. Non a caso il leader comuista nel 1923, nel fondare il giornale del partito, volle chiamarlo L’Unità, perche’ volto a unire le masse popolari.
Quando questa idea nefasta di contrapposizione fu abbandonata la lotta al fascismo ebbe un forte impulso. Si capi’ che era interesse immediato e comune delle forze progressiste battere il fascismo e creare un terreno democratico di lotta politica in cui ognuno avrebbe potuto giocare le proprie carte, ossia far valere i propri obiettivi.
Ora nel caso della Sardegna, su scala minore, si pone oggi lo stesso problema. Occorre anzitutto battere la destra, estrometterla dalla guida della regione. Poi, nel governo comune, ognuno accentuera’ le proprie propensioni, la propria linea programmatica.
Sennonche’ il centosinistra e la sinistra alla necessita’ di battere la destra antepongono gli obiettivi che solo dopo la vittoria elettorale potrebbero sviluppare. Ecco perche’ pare ragionevole un’intesa elettorale convergendo sui punti condivisi, primo fra tutti l’estromissione delle destre dal governo regionale. Poi ci sara’ modo per un confronto e un’azione per gli obiettivi di ciascuno schieramento. Se non si vince, tutto rimane nel mondo dei desideri. Tanto piu’ che la truffaldina legge elettore sarda da’ la vittoria allo schieramento con piu’ voti. Si puo’ dunque perdere per un pugno di voti a causa della mancata unita’. Meditate gente, meditate…
1 commento
1 Aladin
27 Agosto 2023 - 00:30
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