In bocca al lupo Pier Luigi!

26 Ottobre 2009
2 Commenti


Red

Dunque Pier Luigi Bersani ce l’ha fatta. E’ il nuovo segretario del PD.  Sono stati circa tre milioni gli elettori che hanno votato alle primarie del Pd per eleggere il segretario.
Netto il successo di Bersani, che - stando ai primi dati - ha ottenuto il 52%,  contro il 34,1% di Dario Franceschini, mentre Ignazio Marino ha raccolto un buon 13,8%.
“Voglio cominciare con l’orgoglio per quanto successo oggi. Tre milioni di persone sono una grande prova di democrazia”. Sono le prime parole con cui Pier Luigi Bersani ha annunciato la propria vittoria alle primarie. “E’ una vittoria di tutti. E nella vittoria di tutti c’é la mia vittoria”, conclude il nuovo segretario.
“Farò il leader del Pd, ma lo farò a modo mio. Non il partito di un uomo solo ma un collettivo di protagonisti”, soggiunge Bersani, annunciando che “per prima cosa domani incontrerò un gruppo di artigiani a Prato perché bisogna rompere il muro tra politica e lavoratori”.
Il percorso congressuale e le primarie sono state da parte del Pd e dei candidati “una prova di trasparenza e spero che il nostro esempio induca qualcuno a riflettere sulla mancanza di trasparenza in altri soggetti politici a partire dalle forze che stanno al governo - ha aggiunto Bersani - Noi siamo stati un libro aperto, mentre non é ancora chiara la discussione in altri organismi politici a partire dalle forze che stanno al governo”.
“Siamo orgogliosi di essere quelli che stanno facendo un partito, realizzando così la Costituzione repubblicana, che conosce i partiti e non i popoli”. Ha affermato ancora Bersani.”Siamo orgogliosi - ha continuato - di fare un partito che non ha padroni, ma che fa dei congressi per scegliere chi li deve guidare”. “Quella di oggi - ha concluso - è una vittoria di tutti, di iscritti ed elettori che, come ho sempre detto, non sono due razze diverse”.
Poi Bersani ha rivolto il suo pensiero ai rivali nelle primarie.”Voglio rivolgere una parola di amicizia e rispetto per Dario Franceschini e Ignazio Marino. Lavoreremo insieme per il nostro partito”. ”Voglio ringraziare Dario Franceschini che mi ha telefonato riconoscendo il risultato delle primarie”. Pier Luigi Bersani è arrivato nella sede del Partito Democratico, pochi minuti dopo che Dario Franceschini aveva ammesso la sua vittoria alle primarie. Ad aspettarlo, al secondo piano della sede del Pd, Ignazio Marino che gli ha stretto la mano appena Bersani è uscito dall’ascensore. Bersani si è poi diretto verso l’ufficio di Franceschini. Segnali di buone maniere che certo non guastano, dopo tristi spettacoli di divisioni paralizzanti e lacerazioni poco dignitose.
Che dire di questa elezione? Anzitutto va rilevata una partecipazione straordinaria. Quasi 3 milioni di persone che dimostrano la grande vivacità del popolo delle primarie, un popolo che vuole discutere, confrontarsi sulle idee con spirito costruttivo ed unitario. Milioni di persone hanno dimostrato di avere fiducia in questo metodo. E’ un dato da non sottoovalutare. Sono milioni di persone molto esigenti, che non possono essere deluse. Non si è trattato della ratifica di una decisione presa. Questo sembra indubbio ed è impotante, perché rafforza il neosegretario. Una partecipazione significativa, superiore alle aspettative, e che sfiora il successo che nel 2007 scelse Walter Veltroni quale primo leader del Pd. E’ un dato che travalica la vicenda del PD ed ha valore generale. Le code ai gazebo, a Milano come a Palermo dicono che il popolo democratico vuole essere protagonista. E’ un segnale incoraggiante “in difesa della democrazia” e della Costituzione, come tutte le forme di partecipazione.
E nel merito, cosa ci si può attendere da Bersani? Tanta sostanza e ragionevolezza. Dopo anni di annunci, di continue svolte, di proclami vuoti, il nuovo segretario sembra l’uomo giusto per far planare il PD, riportarlo alla concretezza dei problemi, alla necessità di rimettere programmi e organizzazione al centro del rilancio del partito. Dopo la sistematica opera di svalutazione del fattore organizzativo di Veltroni, le sue astratte traduzioni in salsa italiana delle parole di Bob Kennedy, le sue inconcludenze e la sua codarda ritirata di fronte ai  tanti disastri. Dopo la generosa, ma evanescente politica delle dichiarazioni di Franceschini, Bersani sembra voler tornare alla mobilitazione dei soggetti sociali sui temi naturali per la sinistra: lavoro, sviluppo, difesa della Costituzione. Sà di dover sfidare il centrodestra sui temi terribili della crisi economica. E vuole farlo riportando il dibattito e il confronto nel sociale, sottraendolo al gioco delle dichiarazioni e delle comparsate in TV.   
Ce la farà? Chissà. Non è un compito facile dopo anni di corbellerie, vaneggiamenti  e divisioni. Ma l’uomo non ha grilli per la testa. Sà di dover ritessere una tela di relazioni unitarie all’interno e all’esterno del PD, di dover riaprire il dialogo con la sinistra dispersa e sopratutto col popolo democratico, sconcertato e deluso ma sensibile “alla chiamata alle armi”, come ha mostrato anche l’alta affluenza ai gazebo ieri. Ce la farà? Chissa. Certo non gli mancherà la pazienza e la perseveranza. La serietà. E questo è già tanto, dopo anni di follie.  E’ importante per il PD, ma anche per la sinistra dispersa. E’ sopratutto importante per il Paese. In bocca al lupo Pier Luigi!   

2 commenti

  • 1 arrubiu
    26 Ottobre 2009 - 06:56

    condivido, bravo Red

  • 2 Massimo Marini
    26 Ottobre 2009 - 10:14

    A caldo, non sono contento, inutile dire. Sono sicuro che oggi ci sarà un fair play diffuso tutto proteso a creare il clima utile per il lavoro che da domani il Partito Democratico dovrà compiere. Il che è anche giusto. Però io non sono contento. Non sono contento perché ha vinto un’idea di partito vecchia, un’idea politica che sull’altare della vittoria elettorale sacrificherà tuttociò che invece dovrebbe essere alla base di un partito di centrosinistra, di un partito progressista: il rinnovamento, il coraggio del cambiamento, i capisaldi insindacabili nei temi fondanti, gli ideali sociali, ambientalisti e laici, la moralità. Ha vinto un’idea vecchia anche per l’approccio ai temi e per le soluzioni proposte. Ha vinto, comunque. E questo non si può discutere, dati - anche se parziali - alla mano. Al di là delle cifre sfalsate (eufemismo) del meridione, la mozione Bersani ha raggiunto o comunque sfiorato, pare, il 50% un po’ ovunque. Quindi bene ha fatto Franceschini a riconoscere subito la vittoria di Pierluigi Bersani, sfoderando uno stile che a parti invertite probabilmente non avremmo visto. E’ indiscutibile a questo punto che la vittoria di Bersani sia limpida e legittima. Nei prossimi giorni però, con i dati completi, si capirà meglio la mappa dei consensi, che inevitabilmente sarà specchio della mappa delle aspettative e delle opinioni politiche. E non si potrà (non si dovrebbe) trascurarle. Per quanto riguarda “gli altri due”: se Marino tiene sopra il 10 ha raggiunto il suo scopo, straordinario, di infilare il “virus” della sinistra moderna laica e progressista in quello che si appresta a diventare un partito sempre più sottoposto alla forza centripeta; la vera delusione è stata Franceschini. Il suo valore è quello, ovvero intorno al 35%, e di lì non si è mai scostato significativamente, né nei circoli, né sul terreno delle primarie. Qualche franceschiniano prova a far notare che senza Marino la gara sarebbe stata più aperta. Lettura miope: forse qualche punto Franceschini lo avrebbe recuperato, ma l’impressione è che Marino più che togliere voti a Franceschini abbia aggiunto voti al PD. In Sardegna la cosa appare ancora più tragica: la vittoria di Lai aprirà scenari di riequilibratura che dureranno dei mesi prima di arrivare - se mai ci arriveranno - ad un assestamento definitivo. In definitiva, il PD ha fatto un passo indietro questo è chiaro. Prima di poter bene comprenderne i motivi sarà necessario avere tutti i risultati definitivi. Quello che è certo è che i sostenitori di Marino, ma anche di Franceschini, da oggi avranno un bel lavoro da fare per cercare di tenere a galla le istanze di modernità, di apertura del partito, di coerenza tra proposta e pratica politica che da oggi sono più a rischio di ieri.

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