Andrea Pubusa
Ho riflettuto molto sulla questione della separazione delle carriere, su cui oggi insiste la maggioranza governativa ed è in discussione una proposta di revisione costituzionale. Ho ripensato alla mia attività ultracinquantennale di avvocato, in cui specie da giovane mi sono spesso cimentato col processo penale. Devo confessare che non ho mai colto distorsioni dello svolgimento e dell’esito dei processi per una compiacenza dei giudici verso le procure. Potrei invece citare esempi anche rilevanti di palese dissenso o addirittura di scontro fra collegi giudicnti e P.M. Del resto se così non fosse sarebbero ben rare le assoluzioni, posto che le procure sono quasi sempre per la condanna. Oppure non assisteremmo a casi in cui il giudice è ben più clemente del P.M., di cui accoglie solo parzialmente le richieste.
A ben vedere i costituenti hanno ritenuto che mantenere i P.M. nell’alveo della giurisdizione fosse una garanzia forte di indipendenza delle procure dall’esecutivo. Sì perché il pericolo più grande per i cittadini è che anche le procure siano soggette all’esecutivo. Ad onor del vero la proposta Nordio esclude questa ipotesi, ma in questa materia occorre fare attenzione ai possibili sviluppi degerativi, e la separazione delle carriere potrebbe essere il primo passo per uno scivolamento verso un sistema in cui i P.M. perdono la loro indipendenza.
L’esperienza mostra che i mali del processo penale non dipendono dall’unicità delle carriere, del resto anche fra difensori e giudici talora esistono rapporti di conoscenza e di amicizia (si pensi ai colleghi di corso che poi hanno seguito le diverse carriere della magistratura e dell’avvocatura), ma quel rapporto non conduce a “pastette”, poiché i professionisti esaminano gli atti e applicano il diritto nel rispetto della deontologia professionale e con correttezza. Se manca questa, del resto, a nulla vale la diversità di funzioni o di carriere.
Banalmente si dice che il giudici e i P.M. prendono spesso il caffé insieme, ma questo per fortuna, accade pubblicamente anche fra avvocati, P.M. e giudici. A me è accaduto anche di avere decisioni non gradite da miei ex allievi di Università, e, a parte il naturale disappunto per l’esito della caus9a, ho sempre apprezzato la condotta del magistrato-ex allievo, anche come prova di un alto spirito di terzietà.
Tirate le somme, sono convinto che il sistema va bene com’è e che la modifica proposta sia meno tranquillizante.
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