Docenti promossi o forse no!

24 Novembre 2010
7 Commenti


Rosamaria Maggio . Presidente CIDI Cagliari

Qualche giorno fa i giornali riportavano questa notizia: finalmente i docenti saranno valutati ed ai più bravi e meritevoli andrà un incremento stipendiale pari ad una mensilità . Anche le scuole più virtuose avranno un premio in denaro, fino a 70 mila euro l’anno.
Naturalmente ci sarà un processo di verifica dei meriti, inizialmente misurato su 20 scuole, (di Torino e Napoli), in via sperimentale e la valutazione avverrà attraverso un organismo composto dal Dirigente scolastico, da due docenti, tenendo conto anche del parere degli studenti e dei genitori.
Questa sperimentazione è stata concepita all’interno di un Comitato Tecnico Scientifico (CTS) insediato nel febbraio 2010 con l’obiettivo, scrive il Ministero,” di proporre l’istituzione di un sistema nazionale di valutazione e di miglioramento della didattica”.
Diverse sono state le opinioni delle varie parti politiche, di plauso o di critica.
Finalmente i più meritevoli saranno premiati,dicono gli uni, ma con quali risorse?, dicono gli altri.
Tutto graverebbe sul 30% di risparmi del comparto, realizzato con i tagli alla spesa pubblica per istruzione.
In questi ultimi vent’anni, il carico di lavoro degli insegnanti si è notevolmente ampliato, anche in seguito alla diffusione, anche in Europa, dell’autonomia scolastica.
Inoltre i cambiamenti sociali intervenuti, hanno fatto sì che i docenti abbiano dovuto svolgere compiti diversi da quelli del mero insegnamento e si siano dovuti occupare di problemi e compiti che sarebbero dovuti essere svolti da altri operatori sociali.
Tale ampliamento di compiti non è stato accompagnato da un riconoscimento professionale ed economico.
Le risposte che i vari paesi dell’unione hanno dato, sono state di diverso tipo e mentre inizialmente si è sviluppato un tentativo di valutare i processi di insegnamento -apprendimento, negli ultimi anni si sta diffondendo l’idea di una valutazione esterna che indaghi i risultati.
Anche l’Italia sta optando per questa tipo di valutazione.
Senonchè il diritto di tutti all’istruzione#, è il diritto di tutti e non di alcuni ad essere istruito da docenti capaci, competenti, professionisti dell’istruzione, ad avere docenti meritevoli e preparati e scuole di buona qualità.
A quali studenti dovrebbero essere destinati i docenti e le scuole non premiate?
L’ipotesi riformatrice, applicata ad altri settori sociali, porterebbe a ritenere efficace un sistema sanitario in cui i migliori medici, chirughi, anestesisti, oncologi e specialisti in genere, venissero divisi in due categorie, una di serie A, da pagare di più, ed una di serie B, da pagare di meno.
O ancora, ad avere un sistema giustizia basato su magistrati più bravi e ben pagati ed altri, meno preparati, da pagare di meno.
Chi andrebbe a farsi curare dai medici di serie B?
Quali processi potrebbero essere assegnati a magistrati di serie B?
E poi ancora, tornando alla scuola, sulla base di quali parametri può misurarsi la bravura di un insegnante?
E’ più bravo quello che promuove di più o quello che promuove di meno?
Come è possibile misurare il merito partendo dai risultati, se gli studenti partono da posizioni diverse?
Se si può misurare il cambiamento, quale cambiamento può essere considerato efficace?
Agli stessi dubbi giungeremmo se applicassimo questo ragionamento alla sanità ed alla giustizia.
E’ vero che occorre valutare la situazione di partenza ed i risultati ottenuti, ma non per pagare di più gli operatori, siano essi insegnanti o medici o giudici, bensì’ per valutare l’efficacia di una azione ed eventualmente, di fronte a risultati non adeguati, per modificare l’azione di programmazione e di azione futura, sia che si tratti di una valutazione centrale o locale, delle scuole o degli ospedali.
Naturalmente gli insegnanti dovrebbero essere pagati di più, perchè insegnare è una professione complessa e faticosa e dovrebbe essere adeguatamente remunerata# “ con una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”!

7 commenti

  • 1 Bomboi Adriano - SANATZIONE.EU
    24 Novembre 2010 - 10:16

    Negli USA nella sanità va avanti chi compie esami periodici e dimostra la sua affidabilità e l’aggiornamento su specifiche nozioni ed applicazioni del suo campo di competenza: chi non si aggiorna è fuori.
    Non nel senso che diventa di “serie b”, ma che passa a ruoli minori e di minor responsabilità (burocrazia, infermieristica, supporto al medico di ruolo, ecc).
    Ma può anche venir messo alla porta del tutto se si dimostra inaffidabile o non più idoneo a mettere le mani su un paziente: non esiste la casta degli ordini professionali allo stesso modo di quella italiana.
    E’ un vero sistema meritocratico.

    Quì invece non si premia la qualità, ma l’anzianità, la categoria. Perché secondo una vecchia mentalità troglodita, l’esperienza “si conquista col tempo”.
    In verità, specie in sanità, l’esperienza si conquista non col tempo ma con la trattazione sul campo di casi diversi e con la piena operatività del proprio titolo (non demandando a qualche sottoposto di fare alcuni lavori in propria vece per tutta la vita).
    Inoltre in Italia non ci si aggiorna. Abbiamo laureati che vengono messi a mettere divaricatori…il resto lo fanno i soliti vecchi soloni.
    Paragonate questo discorso a quello che fate in difesa del giovane che ha criticato il vecchiume editoriale del Manifesto….

    Negli USA si lavora in breve tempo al Pronto Soccorso e ad osservare casi diversi per capirne l’approccio, di fianco agli esperti.
    In meno di due anni si fa ciò che in Italia si fa in 15.
    Non esiste il discorso “oncologi di serie a e di serie b”, o “cardiochirurghi di serie a o di serie b” che vi suggerisce Rosamaria Maggio.
    O si sa fare e lo si dimostra attraverso un serio metodo d’analisi (pratico-teorica), oppure si va a fare altro, non più nello stesso ruolo.
    L’istruzione è un’altro discorso ma valevole comunque di attenzione per quanto riguarda la responsabilità di avere docenti preparati, aggiornati (paura di ripetere gli esami?), e soprattutto capaci di insegnare e trattare con gli studenti.

    E francamente in Italia è ridicolo il modello di scuola sostenuto dal centrodestra tanto quanto quello portato avanti e consolidato dal centrosinistra.
    E questo non vale solo per l’istruzione.
    Con questa mentalità l’Italia non va avanti.

  • 2 Antonello Murgia
    24 Novembre 2010 - 14:14

    credo che Adriano Bomboi abbia ragione rispetto al confronto fra la meritocrazia in USA e quella in Italia. Il problema principale, però, non è quale sistema sia più meritocratico, ma quale sia più efficace rispetto al compito affidatogli, che è (dovrebbe essere) per l’istruzione quello di formare cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri (e solo successivamente di insegnare loro un mestiere) e per il Servizio sanitario è dare risposte ai bisogni di salute della popolazione. Per l’Italia possiamo dire, con altre parole, che il compito è quello di garantire l’applicazione (e l’esigibilità da parte di tutti) degli articoli 33-34 e, rispettivamente, 32 della Costituzione.
    In quest’ottica, i più meritocratici ed efficienti USA, raggiungono un grado di efficacia molto inferiore (37° posto nell’indagine OMS 2000 contro il 2° dell’Italia), pur spendendo somme per cittadino molto superiori (quasi il doppio). Allora, la battaglia per la meritocrazia e contro le clientele è importante, ma per contrastare lo sfascio realizzato dal ministro Gelmini serve soprattutto un reindirizzamento che renda la scuola italiana funzionale nuovamente al diritto costituzionalmente garantito (e non agli interessi della gerarchia cattolica o di altri gruppi di potere). Così come agli USA servirebbe che la sanità fosse funzionale ai bisogni di salute e non agli interessi economici delle assicurazioni e degli operatori sanitari.
    Alla luce di ciò, trovo convincente il discorso di Rosamaria che tiene presente l’interesse primario e demistifica gli specchietti per le allodole, come la meritocrazia cui il ministro vorrebbe farci credere di essersi ispirata.

  • 3 Paulu Leone Biancu
    24 Novembre 2010 - 14:45

    Deretus e deveres, meritus e traballu in s’ Universidade e in s’iscola. Su problema est : ” Chie traballat seriamente e faghet sos deveres suos, tenit su deretu d’essere recumpensadu ? De custa pregunta n’de derivat un’atera: ” Comente si faghet a avaliare si unu at traballau de modu seriu e intendere si at cumpridu totus sos deveres suos ? Creo chi no’ bi sunu metodos impartziales ma totu podet essere fatu. Cando deo traballava in Brasile su Professore fit avaliadu donzi semestre (duas bortas in cada annu) cun d’una serie de preguntas fatas in forma iscrita a sos istudentes frequentantes cussu cursu determinadu cum cussu professore. Sa serie de preguntas teniant una serie de ateras preguntas de controllu pro bidere si donziunu naraiat sa veridade o no. Quatro ‘ortas de avaliatzione negativa su professore perdiat su postu de traballu.
    Avaliatziones positivas fini importantes pro faghere avantzos in sa carriera universitaria.

  • 4 Bomboi Adriano
    24 Novembre 2010 - 16:11

    Naturalmente nella sanità il sistema USA è stato penalizzato per anni a causa del sistema di assistenza legato ai criteri assicurativi (che in parte permangono), ma nel complesso gli USA sono uno dei paesi che hanno investito di più al mondo in ricerca e formazione. Cosa tutt’altro che immaginabile in Italia.

    Perché se si stilasse una classifica solo sulla meritocrazia, l’Italia sarebbe uno degli ultimi paesi occidentali…

    Basti guardare poi nel campo della Giustizia la durata di un processo…

  • 5 Bomboi Adriano
    24 Novembre 2010 - 16:13

    Sulla “consapevolezza” degli studenti che escono dalla scuola italiana, ho seri dubbi che, ben prima della Gelmini, siano stati educati al bene pubblico o consapevoli dei propri diritti e doveri…

  • 6 Ivana Pisola
    24 Novembre 2010 - 21:33

    Condivido pienamente i dubbi sollevati nell’articolo. Ragionando da insegnante, le prime domande che mi pongo sono: quali sono i criteri di valutazione di un insegnante? e prima di tutto qual è l’oggetto di valutazione. L’aggiornamento può essere un criterio fondamentale? qual è l’insegnante migliore, colui che sa o colui che sa insegnare? o colui che insegna sulla base dei test Invalsi? E comunque, la valutazione dell’insegnante può prescindere dal contesto in cui egli opera? Utilizzando sempre il paragone con la sanità, può un bravo chirurgo operare bene con le sole mani senza gli adeguati strumenti? o quando in poche ore deve visitare un numero esagerato di pazienti? o quando arrivano numerosi pazienti in condizioni disperate perché non hanno una famiglia che li hanno adeguatamente assistiti?
    Certo l’azione didattica deve essere valutata, ma non, come si dice nell’articolo, per ottenere una prebenda in più, ma per verificarne l’efficacia ed eventualmente riconsiderarla in modo da conseguire gli obiettivi che ci si è proposti.
    Spostare l’attenzione sulla preparazione dei docenti è un modo per gettare fumo sui veri problemi della scuola; la maggior parte di noi ha vinto dei concorsi pubblici e ogni giorno manifesta le proprie abilità, non c’è giudice più crudele dell’adolescente! Il nostro lavoro è pubblico e soggetto continuamente a valutazione impietosa e non possiamo neanche trincerarci dietro incomprensibili termini scientifici o affidarci al caso avverso.
    Spostare l’attenzione sui c.d. “fannulloni” e allettare le scuole con premi una tantum è un modo per continuare a non finanziare l’ordinaria, ma essenziale attività di insegnamento, e ricevere il plauso dai più a cui, non si capisce il perché, piace tanto il tiro al piccione, ops insegnante!

  • 7 Cristian Ribichesu
    25 Novembre 2010 - 09:09

    La veritá é che é stato bloccato il turnover, abbiamo la classe docente piú anziana del mondo, si abusa del lavoro precario e ogni anno si assumono circa 117.000 docenti a settembre e si licenziano il 30 giugno o il 31 agosto, dimostrando che di questi si ha bisogno e non vi sono motivi perché non debbano essere assunti. E parlo di docenti vincitori di concorso e/o formati con altri tre anni di studio post universitario e con tirocinio nelle scuole, con anni di precariato, vincitori di selezione a numero programmato che dovevano essere immessi in ruolo per legge del bando entro tre anni dal conseguimento dell’abilitazione. Tutti questi docenti, poi, hanno le retribuzioni di base piú basse d’Europa, e per l’abuso del precariato, benché siano plurititolati e abbiano anni di lavoro ale spalle, non conseguono gli scatti stipendiali. Ora, considerando questo, che aspettono assumono le premialitá per i docenti? E faccio un’altra considerazione, dicendo che i docenti precari ogni anno perdono la continuitá didattica, loro e il loro alunni, perché a settembre devono riscegliere su nuove disponibilitá mischiate, e allora, pensate, ma quanto puó essere indicativa rispetto alla bravura di un insegnante la rilevazione di un test Invalsi su due terze, una che ha avuto lo stesso docente, di ruolo alle medie, per tre anni e che ha potuto instaurare un lavoro e un rapporto umano con gli alunni in un arco di tre anni, e un’altra in cui il docente é cambiato per tre anni di seguito per l’abuso del precariato del lavoro dei docenti? Se gli alunni della terza con il, docente precario avranno risultati inferiori all’esame di terza o per il test nazionale, si potrá valutare questo come demerito del docente precario? Se si ragiona bene, queste premialitá distraggono dai veri problemi del sistema, a me stanno bene, ma devono essere poste su uno stipendio di base piú elevato, almeno in linea con quello degli altri colleghi europei (in Spagna e in Francia andiamo da stipendi base di 2000 euro, e in Germania a stipendi che dopo 16 anni di lavoro oscillano fra i 3000 e i 4000 euro, ecc…), e occorre, per la qualitá dell’insegnamento, stabilizzare i docenti precari giá formati, vincitori di concorso e scuole di specializzazione. Questi sono i veri problemi. Aggiungo che l’aumento degli alunni per classe fino a 30 é stato imp[osto per rallentare il turnover, a discapito degli alunni e dei docenti precari.

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