Ebbene sì, siamo noi che abbiamo impoverito i giovani

23 Dicembre 2010
1 Commento


Andrea Pubusa

Cosa vogliono gli studenti? Sono edonisti. come dice qualcuno?  Abbiano noi – intendo la nostra generazione – rubato loro il futuro, come affermano in molti? Abbiamo pensato a supergarantirci in loro danno? Quesiti pesanti, complessi. Quali le impressioni di un “barone” – quale chi scrive dovrebbe essere? Più modestamente, cosa emerge dai contatti con loro nelle aule della Facoltà, nella Scuola di specializzazione per le professioni legali, nei colloqui pre e post-laurea?
Anzitutto la prima impressione è che questi giovani siano generalmente miti e ben educati. Sono ragazzi animati da buoni sentimenti. In fin dei conti, salvo qualcuno, non hanno grandi pretese, cercano una collocazione qualsiasi. Già un lavoro è tanto, qualunque lavoro. Non sono schizzinosi, non guardano lse la porticina d’ingresso all’impiego è stretta. C’è tempo  per far valere le proprie qualità. L’importante, nell’immediato, è rendersi autonomi dalla famiglia, non cadere nella depressione e nella perdita di autostima che segue ai lunghi periodi di disoccupazione postlaurea. Ma, nonostante la buona preparazione (talvolta ottima) e l’impegno, le difficoltà son tante. E, a fronte di chi vince il concorso in magistratura o talvolta nelle amministrazioni, ci sono tanti giovani che, divenuti avvocati, stentano ad avere una collocazione professionale dignitosa. Altri impiegano anni a diventare avvocati o quasi rinunciano ai concorsi, vinti dalla sfiducia nella serietà delle procedure. Tuttavia, pian piano, dopo quattro-cinque anni ciascuno trova la sua strada. Sono pochi, ma esistono anche dei 110/110 che, dopo sei sette anni over 35, sono ancora sbandati. Eppure son sempre miti. Non esiste in loro l’idea di organizzare una protesta a difesa dei loro interessi. E come potrebbero farlo? Non esistono ormai soggetti politici interessati o capaci di farlo. La nostra generazione ha distrutto i partiti della sinistra storicamente costruiti per lottare a difesa dei diritti del lavoro, per combattere il disagio sociale, per costruire una società più giusta. Così i giovani non possono andare oltre una protesta, la cui evidente difficoltà è di avere uno sbocco politico generale. E’ lo stesso limite che incontrano le lotte operaie, ognuna chiusa nel proprio particulare o impegnata ad attrarre, con azioni eclatanti, l’attenzione dei media, non potendo sperare in altro.
E qui viene in risalto un punto rilevante: abbiamo tolto il futuro a questi giovani? Ho sempre pensato di no. Ora credo di sì. Abbiamo tolto loro il bene più prezioso, un partito serio per organizzarsi e combattere insieme agli altri, abbiamo loro dato il peggio della politica, quella in cui naviga il Paese e il mondo. A sinistra ne sono responsabili coloro che hanno disintegrato il PCI e il PSI, ma anche chi - come noi - non è riuscito a costruire alla sinistra del PD null’altro che gruppuscoli rissosi, con dirigenti preoccupati solo di avere visibilità e possibilmente un seggio.
Ma li abbiamo privati anche di altro? Beh sì, abbiamo impedito loro di mantenere le garanzie che noi abbiamo avuto. Non essendoci più soggetti politici che combattono per l’equità, le disparità sono cresciute, la ricchezza si concentra in poche mani e così anche le classi medie scivolano verso il basso. Il precariato è la forma più evidente dell’assenza di garanzie. Si dirà che noi la critichiamo e la combattiamo. Ma la nostra è una lotta di parole, di chiacchiere fra piccoli gruppi rissosi, fra persone che si salvano la coscienza pensando che l’incertezza sia un male e dicendoselo fra loro nell’intermezzo tra un bisticcio e una scissione.
Sì, è la nostra generazione, compresa quella di sinistra, che ha tolto a questi giovani gli strumenti organizzativi e ideali per combattere, e dunque li ha privati anche della possibilità, se non di migliorare, di conservare le condizioni di vita dei genitori, prima fra tutte la democrazia e la Costituzione. Ed il disastro è così devastante, che non si vede una via d’uscita. E dire che molti di noi non si vogliono ancora far da parte!

1 commento

  • 1 Ribichesu Cristian
    23 Dicembre 2010 - 10:22

    Prof. Pubusa, complimenti per l’articolo.

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