Istituzioni: quali priorità per la nuova legislatura?

21 Febbraio 2013
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Gian Mario Marteddu

A pochi giorni dal voto si moltiplicano le trasmissioni televisive in cui esponenti politici e giornalisti discutono sulle cause della crisi italiana e sul modo in cui risolverla. Un vero e proprio bombardamento mediatico dal quale emerge un elemento interessante: se molto diverse sono le ricette indicate per superare il difficile momento dell’economia, punti in comune possono, invece, cogliersi tra tutte (o quasi) le forze politiche in campo per quanto riguarda la riforma del sistema istituzionale.
Innanzitutto, gli stessi partiti che hanno dato vita all’attuale legge elettorale (poiché gli elettori hanno la memoria corta ricordiamo che si tratta di PDL e Lega) concordano sulla necessità di modificare il cosiddetto Porcellum, in quanto presenta due grandi difetti: rende il Parlamento un luogo di nominati e non consente di ottenere una stabile maggioranza. Occorre quindi individuare un sistema elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e che garantisca la governabilità per l’intera legislatura.
Altro aspetto sul quale intervenire per ripristinare la fiducia nei partiti e, soprattutto, nelle istituzioni concerne lo status dei membri del Parlamento. La riduzione del numero dei parlamentari e delle indennità da loro percepite è un punto ineludibile che va risolto quanto prima se non si vuole che il populismo e l’antipolitica alla Grillo travolgano il sistema rappresentativo, aprendo scenari inquietanti. Con riferimento all’indennità potrebbe prevedersi, ad esempio, che essa sia corrisposta soltanto ai parlamentari che non superino una determinata fascia di reddito annuo. La finalità della previsione di un’indennità in favore dei parlamentari è quella di consentire anche a coloro che non hanno possibilità economiche di svolgere tali funzioni; pertanto, sembra legittimo escludere dal trattamento economico coloro che possono comunque svolgerle, senza gravare sulle casse dello Stato.
Sarebbe opportuno, inoltre, dettare una regolamentazione delle immunità parlamentari finalizzata ad evitare abusi delle prerogative costituzionalmente riconosciute. Se è vero, infatti, che sul piano del principio le immunità parlamentari hanno un ineccepibile fondamento nell’esigenza di presidiare il libero svolgimento della funzione rappresentativa, è anche vero che di tali garanzie si è fatto e si fa, in alcuni casi, un uso assai vasto, fino a configurarle come una sorta di privilegio personale che tende a coprire tutte le attività dei deputati e dei senatori.
I principali leaders politici affermano, altresì, l’esigenza di superare il bicameralismo perfetto che caratterizza il nostro Parlamento, nonché la necessità di predisporre strumenti diretti ad evitare nuovi fenomeni Scilipoti che mortificano gli elettori.
Ultima questione, ma non in ordine di importanza, sulla quale si può ottenere una convergenza tra i diversi schieramenti in campo, concerne i limiti di età previsti dalla Costituzione per l’elettorato attivo e passivo con riferimento al Senato. Riconoscere il diritto di voto solo a coloro che hanno compiuto il venticinquesimo anno d’età e prevedere la soglia dei quarant’anni per potersi candidare è una scelta anacronistica che oggi non ha più ragion d’essere.
Poiché la legge vieta di effettuare sondaggi, ormai si parla soprattutto di ipotetici accordi post-elettorali e delle prime iniziative che dovrebbero essere assunte dal nuovo Governo. Qualora, in seguito alla consultazione elettorale, non si formasse una stabile maggioranza, è auspicabile che i partiti più responsabili non sprechino i prossimi mesi per fare sterili polemiche e adottino misure concrete, superando l’eventuale opposizione di quelle forze politiche che, in nome del garantismo e della guerra alle toghe rosse, non hanno interesse ad ottenere dei risultati positivi su questi temi che possono essere definiti di etica pubblica.
A maggior ragione questo discorso vale se il voto degli italiani consentisse la formazione di uno stabile Governo di Centrosinistra.
Un intervento del legislatore sui partiti politici e gli eletti può favorire l’intero assetto istituzionale e costituire la condizione per rilanciare i principi della democrazia partecipativa.

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