“Gesù, insegnaci a lottare per il lavoro”

23 Settembre 2013
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Andrea Pubusa

“Gesù, insegnaci a lottare per il lavoro”, “senza il lavoro si perde la dignità”, “la causa di questa crisi è l’idolatria del denaro”; “le sofferenze che riguardano milioni e miloni di uomini e donne nel mondo sono causate da un sistema economico globalizzato, fondato sulla ricerca del denaro”, “sulla mancanza di solidarietà” “al centro di tutto ci dev’essere l’uomo e la donna”. E alla folla che gridava “lavoro, lavoro”, “questo vostro grido è una preghiera”. Questi alcuni passaggi del discorso di Francesco ai lavoratori e ai disoccuppati della Sardegna, i primi che ha voluto incontrare poco dopo l’atterraggio ad Elmas. Parole che ormai nessun leader nazionale e mondiale può dire. Forse in Italia l’ultimo è stato Enrico Berlinguer. Sono parole di verità, di unità e di lotta che, per essere pronunciate, richiedono uno spirito vero di solidarietà e una grande credibilità, un’autorevolezza anzitutto morale. E queste qualità ormai in Italia e nel mondo politico nessuno ha più. Francesco non è uno che soltanto parla ai lavoratori, a chi soffre; no, è piuttosto uno di loro. Parla come uomo che si sente parte del movimento del lavoro. Il ricordo della sua vita familiare non è stata un’inutile rievocazione egocentrica, è stata la testimonianza di un uomo che ha vissuto sulla pelle propria e su quella della sua famiglia quella stessa sofferenza, che a Cagliari ha toccato con mano e ha visto nei volti della massa di lavoratori che lo ha accolto nel Largo Carlo Felice.
Se si pensa che Napolitano ha interpretato il grido “lavoro, lavoro”, pronunciato in quello stesso luogo, dagli stessi lavoratori, come un’offesa, una contestazione a lui e alle istituzioni, si vede la lontananza di milioni anni luce tra l’attuale dirigenza del Paese e Francesco. Ciò che per Napolitano è una provocazione per Francesco è una preghiera. Il Presidente della Repubblica scappava dalla folla per rifuggiarsi nella mura del Municipio a ricevere l’ossequio delle autorità. Francesco si è fatto montare un palco per incontrare direttamente i lavoratori e i disoccupati, per parlare con loro direttamente, senza autorità e senza intermediari.
Certo, la visita di Francesco è stata una grande iniezione di fiducia, una spinta alla lotta, alla solidarietà. Ma chi raccoglierà questo messaggio? Chi lo organizzerà? Chi lo traformerà in programma di lotta? Chi in progetto politico? Chi in leggi e provvedimenti? E’ proprio il caso di dire che ci vorrebbe un miracolo.

1 commento

  • 1 giacomo meloni
    23 Settembre 2013 - 21:33

    Ho seguito con le lacrime agli occhi l’intervento a braccio di Papa Francesco nell’incontro speciale con il mondo del lavoro.
    Vorrei che pubblicaste il testo dell’intervento scritto
    che il papa ha affidato all’Arcivescovo di Cagliari mons. Arrigo Miglio dove c’è una risposta al problema posto nella lettera aperta scritta dalla Confederazione Sindacale Sarda sul rapporto lavoro-ambiente. Scrive Papa Francesco:
    «Ho detto lavoro “dignitoso”, e lo sottolineo, perché purtroppo, specialmente quando c’è crisi e il bisogno è forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro-schiavo, il lavoro senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza rispetto del riposo, della festa e della famiglia, il lavorare di domenica quando non è necessario. Il lavoro dev’essere coniugato con la custodia del creato, perché questo venga preservato con responsabilità per le generazioni future. Il creato non è merce da sfruttare, ma dono da custodire. L’impegno ecologico stesso è occasione di nuova occupazione nei settori ad esso collegati, come l’energia, la prevenzione e l’abbattimento delle diverse forme di inquinamento, la vigilanza sugli incendi del patrimonio boschivo, e così via. Custodire il creato, custodire l’uomo con un lavoro dignitoso sia impegno di tutti! Ecologia… e anche ’ecologia umanà!».

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