Crisi della progressività del sistema fiscale e reddito di cittadinanza

24 Settembre 2013
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Gianfranco Sabattini

Franco Gallo, presidente emerito della Corte costituzionale, profondo conoscitore delle problematiche tributarie riguardanti il dettato costituzionale in fatto di solidarietà e di giustizia sociale, in “Le ragioni del fisco”, mentre espone in termini condivisibili perché allo stato attuale le “ragioni” stiano subendo un processo di deriva rispetto al dettato costituzionale, non è convincente per le perplessità che egli mostra di nutrire nei confronti di una riforma strutturale del di sicurezza sociale vigente, in linea con le problematiche sociali ed economiche attuali.
Per Gallo, l’imposizione progressiva è, secondo la nostra Costituzione, principio posto a fondamento per la realizzazione di un’uguaglianza sostanziale; ma la volatilità delle materie imponibili e l’internazionalizzazione dell’economia hanno notevolmente affievolito il principio della progressività. Da ciò sono derivate, sia la tendenza a negare al sistema tributario funzioni ridistributive, sia a “rinverdire” la presunta validità del principio del beneficio fiscale. Questo principio, condiviso dai liberisti del passato e dai neoliberisti attuali, ha perso la sua validità per la natura complessa e plurilivello del sistema tributario, ma anche per la sua inadeguatezza, sul piano economico e sociale, ad attenuare le differenze economiche esistenti tra i diversi gruppi sociali.
Ciò significa che, all’interno di un sistema, come quello italiano, improntato ai principi di uguaglianza e solidarietà, la possibilità di ipotizzare la sussistenza di una relazione causale tra il tributo che ogni cittadino è chiamato a pagare allo Stato e l’utilità dei servizi pubblici goduti è priva di significato. Per tale motivo, il principio di progressività, pur depotenziato, anziché essere abbandonato e sostituito, dovrebbe essere ricuperato e rinvigorito con “maggiore sofisticatezza e attenzione tecnica”, per realizzare “un variegato mix costituito da differenziazioni di aliquote, detrazioni, deduzioni e crediti fiscali, da un lato, e da trasferimenti monetari, provvidenze e contributi, dall’altro”. Il tutto – sottolinea Gallo – senza rinunciare a perseguire “nel medio termine…gli obiettivi classici di tutte le riforme fiscali…e cioè la semplificazione del sistema impositivo e l’allargamento delle basi imponibili a fronte della riduzione delle aliquote”.
A fronte di questo disegno, complesso e non privo di costi, non solo economici, per l’intero sistema sociale, Gallo considera non praticabile, come alternativa al principio di progressività, l’introduzione di un “dividendo sociale” universalistico nella forma di un “reddito di cittadinanza” incondizionato, da corrispondere ad ogni cittadino dal momento della nascita, sufficiente a garantirgli un’adeguata “rete di sicurezza” per la sua libertà politica durante l’arco dell’intera sua vita.
Secondo Gallo, per quanto questa proposta possa essere attraente e si possa riconoscere che potrebbe essere utilizzata per ovviare alla crisi del principio di progressività, essa però muoverebbe nell’indicata direzione “troppo rapidamente”, in quanto implicherebbe l’abolizione ex abrupto dell’attuale forma organizzativa dello Stato sociale. La caratteristica ed il difetto di simili proposte sarebbero, in primo luogo, il loro carattere universalistico, in quanto prevedono che il reddito di cittadinanza sia erogato tanto ai disoccupati che agli occupati; in secondo luogo, nella volontà dei proponenti di rinunciare nell’immediato all’attuazione di politiche intermedie di riforma del welfare e di politiche attive del lavoro per la lotta alla disoccupazione; in terzo luogo, nell’onerosità della costruzione di un nuovo sistema di sicurezza sociale, deresponsabilizzante della forza lavoro, che, pur di “incassare il dividendo sociale”, potrebbe essere motivata a non lavorare o a non ricercare un posto di lavoro se disoccupata e, in generale, a permanere in una situazione di disoccupazione. Sono queste, per Gallo, tutte buone ragioni per rimandare a tempi migliori la realizzazione di un sistema di protezione sociale universalistico e puntare, nel breve e medio termine, su riforme utili a razionalizzare la spesa pubblica per il consolidamento ed il mantenimento del sistema attuale di protezione sociale.
Quelle di Gallo sono tutte preoccupazioni prive di un reale fondamento e per lo più coincidenti con le critiche di chi ha convenienza ad eliminare definitivamente il principio della progressività del sistema tributario. Ciò di cui Gallo non tiene nel dovuto conto è che, nei moderni sistemi industriali capitalistici, il problema delle disuguaglianze economiche non origina più, come nel passato, da una temporanea disoccupazione, ma da una disoccupazione o da una sottoccupazione strutturale ed irreversibile. In tal modo, le disuguaglianze sociali nascono, non solo a seguito della perdita della stabilità occupazionale, ma anche dall’impossibilità di potersi inserire o reinserire nel mercato del lavoro e dall’impossibilità di disporre di livelli pensionistici sufficienti a garantire uno standard minimo di vita dopo l’uscita della forza lavoro dalle classi di età della popolazione attiva. Si impone perciò la necessità di istituzionalizzare la solidarietà, non più attraverso politiche ridistributive, ma attraverso una radicale riforma dell’attuale struttura del welfare state centralizzato e burocratizzato, con l’istituzionalizzazione di un reddito di cittadinanza universale ed incondizionato, finanziato attraverso la “riallocazione” delle risorse destinate oggi al finanziamento di tutte le forme di previdenza e di assistenza pubbliche.
Certo, una simile riforma non sarà possibile realizzarla ex abrupto e senza sacrifici; con essa però si ha motivo di credere possibile il potenziamento dell’iniziativa individuale, con un impegno dello Stato non più verso una politica ridistributiva, spesso all’origine di ineguaglianze e di ingiustizie, ma verso la predisposizione di quanto è necessario perché i cittadini, una volta dotati di un reddito minimo sicuro, possano con una partecipazione dal basso contribuire alla rivitalizzazione dei sistemi economici moderni; sottraendo, in tal modo, la realizzazione di una reale solidarietà al “bailamme” di una classe politica che, di fronte alle difficoltà del mondo moderno, anziché riforme proiettate verso il futuro, sa solo proporre riforme conservatrici, quando non reazionarie.

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