Cara Michela, anche tu con la squadra, anche tu capitano

29 Dicembre 2013
1 Commento


Amsicora

Cara Michela,

anche tu sei scesa in campo, anche tu hai la squadra, anche tu ti sei messa la fascia di capitano.  L’homo civicus, pardon la domina civica, lascia i negozi e gli affari-affanni quotidiani per dedicarsi alla polis, alla res pubblica. In questo caso, però più che lo stadio sceglieva il foro, l’agorà, la piazza, dove tutti discutono e decidono. Tu, invece, hai scelto l’arena dove il popolo è spettatore, o fans o ultras.
Cara Michela, devi ammettere che la scesa in campo e la squadra evocano i cori dei tifosi, più che le riflessioni e gli approfondimenti, che sono propri del dialogo. Certo, non siamo così ingenui da escludere che anche nel dialogo, nei movimenti politici, ci sia sempre un primus inter pares, ma lo è per la bontà delle sue riflessioni, per una comprovata superiorità nelle proposte, non perché si è autoprocalamato capitano. Capisci, cara Michela, è l’autoinvestitura che non va bene. Lo so che ti colpisco, ma perché ti stimo, voglio essere franco. Siamo sempre nel solco tracciato da B. Non è lui che ha parlato di discesa in campo? Non è lui che si è autoproclamato capitano? E non è sempre lui che si è dato una maglietta, quella azzurra, e un nome calcistico, Forza Italia?
Ecco, cara Michela, già in questo tu avresti dovuto prendere le distanze. Avresti dovuto avere uno scatto identitario! Un sussulto di indipendentismo culturale! Anzitutto non parlando di squadra, ma “de su tallu”, del gregge, del gruppo. Poi non proclamandoti capitano, ma semmai, per stare in sintonia col mondo agro-pastorale sardo, messaia, contadina, e “pastora”. “Messaia”, raccoglitrice di idee, “pastori“, allevatrice di uomini e di donne di buona volontà. E in quest’opera avresti dovuto mettere te all’ultimo posto per lasciare agli uomini di buona volontà la scelta del capitano, ma che dico!, de “su pastori“, da mettere alla guida de “su tallu“, del gregge, del gruppo.
Cara Michela, se tu non avessi anteposto il tuo ego, non avresti polemizzato con il buon don Ettore, quasi fosse un imbroglioncello qualunque. Certo, don Ettore come Gesù, frequenta le brutte compagnie, i peccatori e le peccatrici, ma lo fa per redimerli, per riportarli nel gregge del Signore. E questo tu, da teologa, ben lo sai. Cara Michela, ne sono certo, non avresti avuto difficoltà a convincere il buon Ettore che le pecorelle smarrite s’inseguono e si riconducono nel gregge, ma poi lì stanno, in su tallu mannu, non nelle liste e ancor meno nelle istituzioni. E allora? Allora, non appena conosciuta la sua voglia d’impegno, ti saresti dovuta piantare a Serdiana, a La Collina per dirgli: “Caro Ettore, siamo in due. Vediamo ora di lavorare insieme per diventare tre, cento, mille!“. E con lui avresti inziato la ricerca dei tanti uomini di buona volontà che ci sono nell’isola, nel popolo errante, perché senza riferimenti. Invece il buon don Ettore tu lo hai trattato con ruvidezza. E sai perché? Perché ti sembrava che il tuo ego potesse risultare sminuito dal la sua presenza. Neanche per un attimo hai pensato che tu e don Ettore avreste già reso più credibile l’impresa. Che poi, unendo un terzo ed un quarto personaggio di livello, avreste iniziato a trascinare anche persone come me, acide e diffidenti, ma - ti assicuro - al di là dell’apparenza, dal cuore buono, disponibile a movimenti veri, a imprese collettive, a confronti in cui prevale il noi e non l’io. E con me tanti altri, più disponibili e generosi di me. Per di più noi non vogliamo essere capitani né pastori, ma in su tallu mannu della riserva democratica vogliamo rimanere. Come pensi si possano risolvere i terribili problemi dell’isola se non con un grande movimento  di massa?
Cara Michela, ieri tu, da capitano, hai presento la tua squadra, sei nomi (certi Onnis da Nuoro, Corveddu da Pattada, Cannas da Quartu, Scalas da Oristano, Sulis da Ovodda e ancora Scalas, ma da Nurachi) e io non dico “chi son costoro?” e ancor meno “cosa mi rappresentano? O semplicemente cosa e chi rappresentano?“. Potrei dirlo. Ma non lo faccio. Potrei dire che è una squadretta di paese. Ma non lo dico. No, non mi permetto. Dico semplicemente che tu, da sola, hai scelto la squadra, non hai, insieme ad altri, consultato “su tallu nostu“, intendo il popolo democratico, che sceglie in sé i migliori, i suoi pastori. E i problemi che avrai saranno quelli di un capitano vero coi problemi di formazione da mettere in campo: chi farà il portiere? A chi l’ingrato compito di difesa? E chi il duro lavoro di mediano (ricordi la canzone di Ligabue?)? E chi, se non tu, avrà la sicura gloria del gol? Cara Michela, credi a me, sarai nei casini e non avrai nessuno alle spalle ad aiutarti. Se ti andrà bene entrerai in consiglio regionale, forse ci entrerà anche qualcuno della tua squadra, Onnis o Scalas. E poi? Cosa sarà di noi sardi e della Serdegna? Beninteso, non c’è niente di male che tu vada in Consiglio, anzi! Meglio te di qualche malandrino con l’avviso di garanzia! Certo, si obietterà, tu hai potuto lavorare in pace e scrivere libri, non hai dovuto correre oggi qui, domani là, da una pompa di benzina all’altra. Michela non è Francesca, certo. Ma, a me che ho sempre sognato un mondo diverso e l’ho cercato in tutta la vita. A me che finora ho rimediato solo un pugno di mosche, ma non ho rinunciato a sperare che sull’umanità alfine splenda “il sol dell’avvenire“. A me che non sono sardista o indipendentista ma un sardo testardo e gramsciano, apolide e internazionalista. A me cosa vuoi che m’interessi della tua fascia di capitano, della tua squadra, dei tuoi difensori e dei tuoi centrocampisti, dei tuoi attaccanti e dei tuoi gol! No, cara Michela, in tutta franchezza, preferisco i gol di Sau e Pinilla o, se ti fa più piacere, i tuoi libri. Comunque, bona fortuna! Buona fortuna! Good luck!

1 commento

  • 1 Aldo Lobina
    30 Dicembre 2013 - 09:57

    Presto, molto presto, anche Michela Murgia si accorgerà che partecipare ad elezioni non è come scrivere un buon libro. Che si scrive da soli, nella ricchezza della memoria e della fantasia, della capacità di analisi e di sintesi.
    Scegliere i personaggi di una nuova storia e presentarli al pubblico, riservandosi in pectore gli altri assessori da distillare, bontà sua, uno ad uno, nel breve tempo che ci separa da queste elezioni, è velleitario. La suspense è strumento narrativo tipico dei gialli, dei thriller e, senza offesa, del genere horror. Utile se vorrà scrivere un nuovo romanzo del genere.
    Anche io, come Amsicora, le faccio i migliori auguri, ma sono convinto che le responsabilità di governo, in quanto delegate, non possano essere “scritte” a due mani, ma impegnino un grande coinvolgimento di popolo, che è mancato, anche forse per l’esiguità del tempo a disposizione. Il leaderismo corrompe la democrazia.
    Il fatto che queste elezioni regionali siano surreali non ci esime dal farci tenere i piedi per terra e la testa sulle spalle.

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