Dove va la sanità in Italia?

28 Dicembre 2008
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Antonello Murgia

L’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (Parte II)

Le caratteristiche principali del SSN promosso dalla L. 833/1978 sono:
- universalità (prestazioni garantite a tutti gli individui);
- uguaglianza (tutti i cittadini hanno diritto a tutte le prestazioni, in ragione dei loro bisogni);
- globalità (prevenzione, cura e riabilitazione);
- solidarietà (finanziamento proporzionalmente al reddito; solidarietà dalle regioni più ricche a quelle più povere per ridurre le differenze).
Credo sia stato Giovanni Berlinguer il primo a sintetizzare le caratteristiche del nostro Servizio Sanitario come un sistema al quale ciascun cittadino contribuisce proporzionalmente al proprio reddito e dal quale riceve proporzionalmente ai propri bisogni. In questa definizione sono racchiuse le caratteristiche principali: l’universalità e l’uguaglianza (la caratteristica richiesta per accedere alle prestazioni è il fatto di averne bisogno) e la solidarietà (il finanziamento attraverso la fiscalità generale, i fondi di perequazione per avvicinare le Regioni più svantaggiate a quelle più ricche).
Altra caratteristica importante sancita dalla legge di riforma sanitaria è quella della globalità dell’intervento e cioè la promozione anche della prevenzione che, dimenticati i nobili precedenti che ho sommariamente descritto nella prima parte, svolgeva un po’ il ruolo della Cenerentola. Questa scelta fu avversata da chi paventava (i liberali in particolare) costi eccessivi che si sarebbero scaricati sulle imprese riducendone margini di guadagno e competitività. Così non è stato; occorre però dire che l’attenzione posta e le risorse destinate alla prevenzione sono state inferiori rispetto alle necessità. Penso ad esempio all’ecatombe delle morti sul lavoro, stigmatizzata da tutti e combattuta da pochi. L’ultima prova di ciò l’ha data il ministro Scajola che a metà novembre ha rilasciato una dichiarazione nella quale criticava l’accusa di omicidio volontario formulata dal giudice all’amministratore delegato per i morti della Thyssen Krupp. Di fronte alla necessità urgentissima di frenare un fenomeno da bollettino di guerra e alle gravissime carenze alla sicurezza denunciate dai lavoratori e trascurate dalla direzione aziendale per scelta precisa, il ministro per lo sviluppo non sa fare di meglio che delegittimare il giudice a processo in corso.
Gli intoppi ad un pieno dispiegamento delle potenzialità della Legge 833/1978, a mio avviso, non sono dipesi tanto da limiti della legge, quanto dalle contingenze politiche (come quella attuale). La legge 833 conteneva norme avanzate (si veda l’art. 20: Attività di prevenzione) che sono state disattese o recepite in ritardo, ma indicava un cammino da compiere che obiettivamente non poteva essere realizzato tutto nel brevissimo periodo. Di quel cammino fa parte il D.Lgs. 626/1994 (dal 15 maggio 2008 sostituito dal D.Lgs. 81/2008). Il D.Lgs. 626 si è sforzato di rendere organica la normativa precedente ma, soprattutto, ha introdotto un approccio diverso al tema della prevenzione. Mentre prima essa spettava alle USL (Unità Sanitarie Locali), con il D.Lgs. 626 diventa di competenza del datore di lavoro sia come analisi dei rischi che come gestione delle misure per minimizzarli, ivi compresa una completa informazione e formazione dei lavoratori; alle USL rimane il ruolo di controllore ed eventualmente di consulenza. La L. 626, insomma, dà fiducia al datore di lavoro, ma lo responsabilizza e gli chiede conto di quanto ha fatto per la prevenzione; inoltre riconosce un ruolo più importante all’esperienza dei lavoratori. Tra le sue novità interessanti vi sono:
- l’obbligo per il datore di lavoro della compilazione del “documento di valutazione dei rischi”;
- il Servizio di Prevenzione e Protezione di cui può essere responsabile anche il datore di lavoro, previo superamento di un corso apposito;
- l’elezione, da parte dei dipendenti, di un “Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza” la cui consultazione è obbligatoria nell’attività di valutazione dei rischi;
- la nomina di un “medico competente” in ogni azienda.

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