Cagliari: la “politica dei giardinetti” non basta per avere un voto di sinistra

31 Maggio 2019
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Andrea Pubusa

Si avvicina il voto comunale anche a Cagliari. L’offerta elettorale si è arricchita con la riammissione alla competizione della lista Verdes di Angelo Cremone. Entrano così nel dibattito temi rimasti fuori per la dissennata decisione del M5S di ritirare il simbolo. I musi gialli non sono nuovi  a questi “colpi di testa”. Già nelle elezioni regionali del 2014 diedero forfait, dopo che alle precedenti politiche avevano incassato ben il 30% del voto dei sardi. Allora fu Grillo in persona a non autorizzare l’utilizzo del simbolo per una ragione, che tutto sommato, fu apprezzata dall’elettorato: all’interno del Movimento si era accesa una lotta per bande, simile a quelle che quotidianamente caratterizzano la vita del centrodestra e del centrosinistra. Questa condotta non era compatibile coi principi dei pentastellati. Un segnale forte della diversità dei gialli. Uno di quei colpi che, apparentemente autolesionisti, in realtà rafforzano la credibilità di un partito per la coerenza che mostrano fra pratica politica e principi.
E’ stato percepito in questo modo il getto della spugna di Di Maio nei giorni scorsi? Pare proprio di no. In realtà, l’errore di Di Maio è stato di scegliere una delle due liste presentate per Cagliari. E già qui c’è una insensatezza: ben si poteva formare la lista scegliendo il meglio dei candidati delle due proposte e poi in quell’ambito scegliere il candidato alla carica di sindaco. E’ parsa ed era arrogante la scelta di Murenu, che non si era mai segnalato per un impegno militante sulla politica cittadina. Per di più era anche portatore di idee non proprio innovative. L’errore è stato poi duplicato quando si è escluso Pino Calledda, che - a detta di tutti - ha svolto diligentemente il suo mandato, seguendo con impegno e stimolando l’azione del consiglio e dell’amministrazione comunale. Calledda poi è sempre stato presente nelle lotte cittadine dell’area democratica, prima fra tutte la difesa della Costituzione. Di Maio è stato superficiale nel non considerare lo sconcerto e la sofferenza che la sua decisione ha determinato in molti cittadini cagliaritani, che non si sentono rappresentanti dal vecchio duopolio, centrosinistra-sentrodestra. Questi elettori non sono messi nella condizione di esercitare serenamente il loro diritto di voto. Questo è grave.
Ora, i Verdes movimentano la situazione, introducendo nel dibattito pubblico cagliaritano temi altrimenti estranei. Per esempio, la necessità per la nuova amministrazione di chiudere le strade cittadine ai mezzi che trasportano, per l’imbarco, le bombe della RWM destinate all’Arabia saudita per fare stragi in Yemen. Non può il PD assecondate la produzione di ordigni bellici attraverso il loro sindaco di Iglesias, che autorizza il raddoppio dello stabilimento, e poi far passare quei micidiali strumenti di morte nel proprio territorio. Per l’elettorato democratico e di sinistra questa è una questione dirimente. Truzzu si sa che è per le armi, ma la Ghirra cosa dice su questo? Vuole fare come a Le Havre e a Genova o vuole non vedere e tacere? Analogamente, esistono temi ambientali non secondari, come la questione del gassificatore, anch’esso problema occultato da Zedda. Esiste la necessità di bonificare i quartieri popolari e altro ancora.
Nell’area della sinistra sostanziale (non quella della chiacchiera o della lotta per bande) c’è poi un quesito: se, com’è probabile, al ballottaggio andranno Ghirra e Truzzu si può accettare il giochino che il PD e i suoi acari fanno alle elezioni da sempre? O voti me o vince la destra. Una sorta di ricatto morale o se si vuole di invito al buon senso. Ora, questo ritornello è particolarmente insistito ed enfatizzato per via di Salvini. Il PD chiede di chiudere gli occhi sulla sua politica impresentabile in nome del dovere di contenere il Ministro dell’Interno. Tuttavia, non mi pare blasfemo obiettare che la Ghirra, se vuole prendere voti da elettori della sinistra sostanziale, deve assumere impegni espliciti e chiari, che per molti aspetti costituiscono una svolta rispetto alla giunta Zedda. I problemi della pace e dell’ambiente di cui si è detto. C’è poi tutta la partita della partecipazione. Non solo l’introduzione di istituti ormai sperimentati della democrazia locale, a partire dal bilancio partecipato e a finire con le forme più moderne anche attraverso il web. Qui s’innesta la destinazione, anch’essa partecipata, di spazi alle associazioni e ai comitato di base. Ci sono beni dell’ex demanio militare, da considerare beni comuni, da destinare all’uso diretto della collettività. Insomma, se la Ghirra vuole il voto dell’elettorato di sinistra deve avanzare una politica di sinistra. L’amministrazione blindata e autoreferenziale dei giardinetti non basta.

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