Andrea Pubusa
Cerco di capirne di più, leggendo su Il Manifesto le analisi di compagni che hanno seguito questa straordinaria esperienza da vicino. Tonino Perna ci racconta i retroscena. La Lega ha messo in campo, fin dall’inverno, tramite il suo delegato nella Locride, una strategia “convincente”. Promesse, e non di sogni, ma di soldi, di moneta sonante, come dicevano i notai d’una volta. In caso di vittoria della Lega sarebbero arrivati i soldi, una parola del ministro e la Prefettura salda gli arretrati, necessari alla gente come l’aria. Non erano pochi quelli che aspettavano con l’acqua alla gola da quasi due anni: ottanta giovani di Riace e dintorni, decine di esercizi commerciali, i pochi migranti rimasti sul posto dopo l’esilio del sindaco. I ritardi c’erano anche prima, ma Lucano aveva inventato un sistema ingegnoso: pagamento immediato in moneta locale (con l’effige di Nelson Mandela, Peppino Impastato, Che Guevara, ecc.), poi, quando il Comune riceveva i soldi dalla Prefettura, la moneta locale veniva convertita in euro. Il sistema funzionava bene, aveva dato un grande impulso all’economia locale, ed è crollato quando lo Stato ha bloccato i pagamenti.
Presi per la gola molti cittadini del luogo, il sindaco ha iniziato il suo lento e progressivo declino. E così, mentre Domenico Lucano diventava sempre più famoso e presente in tutti i mass media, chi aveva bisogno rimaneva solo. Loro sempre più disperati, Mimmo sempre più celebre, grandi onori dal comune di Milano, Parigi, e da tanti altri. Poi l’esilio ha fatto il resto, tagliando ogni rapporto tra la gran parte della popolazione riacese e Lucano.
Ora a me questa spiegazione non sembra convincente o meglio non spiega il fatto che l’oscuro Trifoli abbia doppiato Lucano. Non può essere questa disfatta spiegata solo dall’azione artatamente creata, prima dal ministro Minniti e poi dal suo successore, col concorso di settori delle istituzioni che hanno perseguitato l’ex sindaco di Riace, al di là di ogni ragionevolezza, come fosse stato un pericoloso mafioso. Queste ragioni hanno senz’altro inciso, ma l’esito elettorale denota un sentire prevalente contrario all’idea di accoglienza senza se e senza ma. Si intarvede un fastidio per il modello e per l’apertura di Lucano. La disperazione ha certamente concorso ad aprire le braccia alla Lega da parte della popolazione di Riace, ma non spiega il successo travolgente di trifoli a fronte della caduta rovinosa dell’ex sindaco. Bisogna approfondire l’analisi. C’è ancora da scavare per trarne elementi non solo a fini conoscitivi, ma per calibrare un’efficace azione politica.
Per fortuna non ci sono solo ombre in Calabria. L’altra Riace di Calabria, ovvero Acquaformosa, borgo di coesione interetnica alle pendici del Pollino, conferma la lista Firmoza, con il sindaco uscente Giovanni Cepparelli con il 73,3%.
1 commento
1 Aladin
30 Maggio 2019 - 09:01
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