Legge elettorale: respinto il ricorso dei Comitati, ma la battaglia contro la legge truffa continua

27 Giugno 2019
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Andrea Pubusa

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Le battaglie in difesa della democrazia è anzitutto importante darle. Meglio vincerle, ovviamente, ma anche quando si perde c’è il dato positivo di non aver lasciato che un vulnus passasse sotto silenzio. C’è sempre un accumulo di energie per continuare la lotta. Questo è lo stato d’animo nostro di oggi, dopo aver appreso che il Tar ha negato l’accesso alla Consulta della legge elettorale regionale. Non si conosce ancora la motivazione, che verrà depositata nei prossimi giorni. Che dire a caldo? Rispettiamo la sentenza, non la condividiamo e continuiamo nel nostro impegno per cambiarla.
Il dissenso di fondo col Tar riguarda i suoi poteri nelle questioni di legittimità costituzionale, che non si estendono al giudizio di costituzionalità della legge, ma devono investire solo il dubbio, poiché il sindacato di legittimità spetta solo e unicamente alla Corte costituzionale.
Ad esempio, sul premio di maggioranza, dopo le elezioni regionali del 2014 – com’è noto – è stata resa dalla Corte costituzionale la sentenza n. 35/2017 (Italicum), dalla quale si traggono elementi per sostenere la sproporzione del premio rispetto all’esigenza di garantire la stabilità dell’esecutivo. In essa il Giudice delle leggi ha ritenuto la soglia del 40% per l’attribuzione del premio di maggioranza “alla luce della […] discrezionalità legislativa in materia” “in sé non manifestamente irragionevole, poiché volta a bilanciare i principi costituzionali della necessaria rappresentatività” “con gli obbiettivi, pure di rilievo costituzionale, della stabilità del governo del Paese e della rapidità del processo decisionale”. Ma ha ritenuto non irragionevole tale bilanciamento in relazione ad un premio pari al 54% (poco più della metà) dei seggi, mentre sorge quantomeno il dubbio che sia sproporzionato un premio – come quello sardo - largamente superiore alla maggioranza, ossia pari al 60%. Sul punto siamo convinti che il giudizio sull’adeguatezza costituzionale del premio al di sopra del 54% non spetta al Tar, ma alla Consulta.
Altra questione. L’Ufficio elettorale centrale presso la Corte d’Appello di Cagliari ha proclamato eletto Presidente della Regione il dr.  Christian Solinas ed eletto consigliere regionale il sig. Massimo Zedda, candidato presidente, che ha ottenuto un numero di voti validi immediatamente inferiore al primo. Ha invece escluso dall’elezione il candidato alla presidenza del M5S dr. Francesco Desogus, terzo classificato, ancorché abbia riportato 85.540 voti validi con la percentuale del 11,20%. E’ manifestamente irragionevole la mancata elezione al Consiglio regionale del candidato alla carica di governatore terzo classificato in quanto, al pari del candidato della seconda lista, si tratta del leader della lista medesima, su cui si è incentrata la scelta degli elettori. Egli, più che qualunque altro candidato della sua lista, esprime l’indirizzo politico del M5S a livello regionale. L’esclusione, fra l’altro, non favorisce in alcun modo la governabilità né limita la proliferazione delle liste, posto che il M5S ha avuto l’attribuzione di ben sei seggi. L’unica ragione dell’esclusione è da ricercarsi nella finalità di dare rilievo solo ai leader delle due liste maggiori. Finalità questa non contemplata o tutelata da norme di rango costituzionale, anzi contrastante col dettato costituzionale che, nel predicare l’uguaglianza del voto, lo vuole uguale in entrata e in uscita, ossia nell’attribuzione dei seggi. Si tenga conto fra l’altro che il dr. Desogus ha riportato ben 85.540 preferenze, di gran lunga superiori a ciascuno degli eletti della propria lista. Balza agli occhi la irragionevolezza della esclusione di questo candidato dal Consiglio regionale e la proclamazione dell’elezione di candidati della propria o di altre liste, che hanno riportato un numero di voti molto inferiore (talora un migliaio o anche meno: ad. es. Laura Caddeo 620; Diego Loi 789; Valerio De Giorgi 972; Alessandro Solinas 865; Roberto Caredda 694, Michele Erdas 877. L’irragionevolezza della soluzione adottata dalla legge elettorale sarda è manifesta ove si tenga conto del fatto che nel voto al candidato alla Presidenza c’è una valutazione dell’elettore complessa in cui si intrecciano componenti di apprezzamento strettamente politico ed elementi di giudizio relativi alla personalità del candidato.
Terza questione, la duplice soglia di sbarramento. La soglia del 10 per cento a chi associa altre liste e del 5% a chi si presenza da solo ha la funzione di spingere le forze minori a presentarsi da sole. Si crea così una disparità di trattamento all’origine, che è ben attestata dal fatto che Solinas e Zedda avevano al seguito circa 600 candidati ciascuno, Maninchedda, Pili e Murgia solo 60. Un esercito contro un piccolo manipolo. Un secondo sbarramento per impedire alle forze minori di superare anche quello del 5%. A quale esigenza costituzionale risponde questo meccanismo infernale e vessatorio? A nessuna. Anzi mira a togliere il diritto di tribuna alle liste minori, che spesso costituiscono uno stimolo e un pungolo a quelle maggiori. Si dice che con l’adesione tecnica si vuol favorire la partecipazione delle liste, ma solo quelle maggiori, per le minori porte chiuse.
Ci pare che queste incongruenze e distorsioni del voto e della rappresentanza meritassero un vaglio della Consulta. Per il Tar Sardegna tutto va bene, queste criticità, avvertite da tutti, non esistono. Vedremo la motivazione. Ma noi non molliamo. Continuiamo la battaglia. Alla fine vinceremo.

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