Sardegna fra il 25 aprile della Liberazione e il 28 aprile della Sarda Rivoluzione

28 Aprile 2020
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Tonino Dessì

Mi pare che quest’anno il 25 aprile sardo abbia avuto, sotto il profilo politico-istituzionale, caratteristiche analoghe a quelle dell’anno scorso.
Le istituzioni governate dal centrodestra a matrice leghista, Fratelli d’Italia e sardista hanno schivato la ricorrenza della Liberazione.
In ordine di tempo seguirà Sa Die de sa Sardigna, al cui significato ho negli anni scorsi già dedicato qualche riflessione anche su Democrazia Oggi (Democrazia Oggi - Sa Die de sa Sardigna: una ricorrenza irrisolta).
Non so quest’anno cos’abbiano in programma istituzioni regionali e locali per celebrare la ricorrenza della Sarda Rivoluzione.
A un mondo di centrosinistra totalmente addormentato (sull’uno come sull’altro fronte, per tacere della sua assenza come opposizione politica e istituzionale) e a un mondo indipendentista tentato come sempre dal contrapporre le due date, vorrei far presente che rinunciare a trovarvi tratti di comunanza costituisce un grave errore storico, politico e culturale.
Il 25 aprile, la Repubblica, la Costituzione hanno ridato voce alle soggettività storiche e politiche della ricca articolazione territoriale di quella complessa realtà che giocoforza si è trovata raggruppata nell’unità italiana, in forma certo non soddisfacente per le aspirazioni federaliste (del resto sempre minoritarie, fin dal Risorgimento), ma anche riaprendo spazi alla rinascita di soggettività le cui potenzialità tanto lo Stato liberale, quanto il regime fascista avevano duramente e radicalmente represso.
Senza il 25 aprile non avremmo avuto nè la Regione nè lo Statuto speciale.
E senza Regione e Statuto speciale non avremmo avuto la legge istitutiva de Sa Die de sa Sardigna.
Della quale ricorrenza tutto si è fatto in questi anni per oscurare il fatto che fu il primo tentativo nella nostra storia sarda di innestare sulla rivendicazione “nazionale” i principi democratici di matrice illuministica cui si ispirava il moto rivoluzionario francese.
E per mettere in secondo piano il fatto -divenuto dominante nella storia più recente- che la Sarda Rivoluzione fu sconfitta a causa del tradimento di quanti mai avrebbero voluto che la soggettività istituzionale rivendicata e ritrovata fosse uno strumento di liberazione democratica e di progresso nella giustizia sociale.
Se questi due filoni non troveranno composizione, la progressiva assimilazione di entrambi in quella che resta una deriva antidemocratica sempre in campo, come hanno del resto dimostrato le ultime elezioni regionali sarde, non troverà più ostacoli.
Ci approssimiamo, per scendere sulla concretezza, a un’uscita dall’emergenza pandemica che costituirà l’occasione per una resa dei conti improntata a una stretta in chiave centralista e antidemocratica.
Riduzione dei poteri regionali a partire da quelli in materia di gestione della sanità e riduzione della rappresentanza parlamentare anche territoriale saranno i due terreni più immediati dei quella resa dei conti e di quella stretta.
Arrivarci nelle condizioni -anche relative alla coscienza storica e simbolica- in cui versa la Sardegna ci metterà ancora una volta fuorigioco, spettatori passivi di una partita della quale altri saranno i protagonisti.

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